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Politica
Fanfani: meriti, sconfitta nel referendum sul divorzio e le vacche in Calabria

Amintore Fanfani fu un gigante, rispetto ai politici di oggi. E, sul “Corriere della Sera”, Aldo Cazzullo ha sottolineato il contributo del “cavallo di razza” della DC (l’altro fu Aldo Moro) alla realizzazione dell’Autostrada del Sole, del “piano case”, alla  nazionalizzazione dell’energia elettrica e alla riforma della scuola media inferiore. 

Ma il “rieccolo” di Arezzo (così lo definì Indro Montanelli, per sottolinearne le ricomparse al centro del teatrino politico, dopo lunghi periodi di eclisse) sbagliò ad attestare la DC, nel 1974, su una posizione troppo conservatrice. Don Amintore-che amava dipingere- si alleò con Giorgio Almirante, leader del MSI, ma perse la battaglia referendaria contro la legge Fortuna-Baslini sul divorzio.

Nell’aprile del 1961, Fanfani, per sei volte premier, visitò la arretrata Calabria e fu protagonista, involontario, di una vicenda curiosa. La visita durò tre giorni, il Presidente del Consiglio fu portato, in lungo e largo, per la regione, toccando tutte e tre le province e molti importanti centri. Fu una visita storica: era la prima volta, dall’unità d’Italia, che un capo del governo visitava la Provincia di Cosenza. Tuttavia, l’unica cosa, che è rimasta di quella visita, nella memoria dei calabresi e di molti italiani, fu la vicenda delle “vacche di Fanfani”.

Alcuni zelanti dirigenti dell’Opera Valorizzazione Sila, anch’essi democristiani, provvidero a spostare un cospicuo numero di bovini, sempre gli stessi, lungo l’itinerario della visita del capo dell’esecutivo, precedendolo, in ogni tappa, al fine di dimostrare lo  sviluppo agricolo, avviato nella regione, e il successo delle politiche del governo.

Si era in pieno centenario dell’Unità d’Italia, gran parte del Mezzogiorno era ancora senza i servizi minimi essenziali  (fogne, acquedotti, scuole…). Lo “spettacolo“ fu messo in scena per i giornali e per l’opinione  pubblica, nazionale e locale. “Fate come con le vacche di Fanfani !” : divenne, da allora, un modo di dire per denunciare che, dietro la scenografia allestita, rimane, spesso, il nulla...

Un episodio insolito, che nulla toglie all’attività del leader Dc, che si prodigò, fino al tragico 9 maggio del 1978, per salvare la vita del secondo “cavallo di razza” dello scudo crociato, Aldo Moro, ucciso dalle BR (spietate, non sedicenti...come le definì Giorgio Bocca).

 

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