Politica
Meloni gelida con Macron. Salvini "esagerato" (nella forma) ma nessuna censura al vicepremier leghista da FdI
Nuovo attacco del Carroccio contro l'Eliseo. Inside

Le distanze Meloni-Macron ci sono eccome e anche se in FdI considerano "esagerati" gli affondi salviniani contro l'Eliseo, la linea del partito della premier è quella di restare fuori dalla disputa
Forza Italia si è affrettata a dichiarare che la politica estera la decidono il titolare della Farnesina, Antonio Tajani (che ha proprio dichiarato "Non decide lui"), e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Mostrando così tutto il disappunto degli azzurri, spinti anche dai figli di Silvio Berlusconi, per gli attacchi (confermati) dal vicepremier Matteo Salvini al presidente francese Emmanuel Macron, che dovrebbe andare "in Ucraina con elmetto e fucile". E, successivamente, ha parlato di Macron definendolo "permaloso" e "sgradito in patria".
Nella giornata di ieri, domenica, Tajani è di nuovo intervenuto con parole esplicite: "La politica estera la fanno il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri e se si devono far valere delle ragioni, come ho detto, si vince con la forza delle idee, non con la violenza delle parole. Io uso sempre toni calmi: bisogna sempre ricordare che la forza delle idee in politica conta più della violenza delle parole. Quindi se si vuole vincere bisogna usare la forza delle idee. Quello che io ho sempre cercato di fare per prevalere", ha aggiunto il titolare della Farnesina. La risposta della Lega è arrivata a stretto giro con una lapidaria e fredda nota: “Con assoluta fermezza, pacatezza, gentilezza e buonsenso ribadiamo: mai soldati italiani a combattere in Ucraina o in Russia. No a eserciti europei o debiti europei per comprare armi”.
A far capire che Salvini non ha affatto intenzione di abbassare i toni sono arrivate lunedì poco dopo pranzo, con una nota ufficiale del partito, le parole di Paolo Formentini, responsabile del dipartimento Esteri della Lega: “Prima la reazione eccessiva alle semplici e rispettose opinioni di Matteo Salvini contro l’invio di soldati europei in Ucraina, ora l’attacco contro gli Stati Uniti a proposito di antisemitismo e la convocazione dell’ambasciatore. La situazione internazionale è molto delicata e richiede buonsenso e sangue freddo: confidiamo che tutti ritrovino la necessaria serenità, e che a Parigi evitino di investire altro tempo per convocare gli ambasciatori di mezzo mondo”.
Naturalmente le opposizioni sono insorte contro il segretario del Carroccio chiedendo alla presidente del Consiglio di smentire il suo vice leghista (perché farebbe un "danno all'Italia", secondo le minoranze), anche a seguito della convocazione ufficiale dell'ambasciatrice italiana a Parigi. Ma da Palazzo Chigi non filtra quasi nulla e non ci saranno prese di posizioni ufficiali.
Fonti di Fratelli d'Italia ai massimi livelli non avallano i toni di Salvini, anche se non è certo nuovo ad uscite come "guerrafondaio" nei confronti dell'inquilino dell'Eliseo. Ma a Palazzo Chigi nemmeno dimenticano le improvvide dichiarazioni di qualche ministro macroniano, che subito dopo l'insediamento del governo di Centrodestra guidato da Giorgia Meloni, si spinsero a dire che andava "tenuto sotto controllo e monitorato".
Poi la premier sa perfettamente lo stretto legame che c'è tra il leader leghista e Marine Le Pen, nemica numero uno di Macron in Francia e queste uscite non la stupiscono più di tanto. D'altronde, la presidente del Consiglio non dimentica che nei vertici sull'Ucraina (e non solo) Macron cerca sempre di mettere i bastoni tra le ruote alle proposte di Roma, come a quella che invece ha trovato grandi consensi, dell'estensione dell'articolo 5 della Nato, in futuro, come garanzia della sicurezza dell'Ucraina dopo un eventuale accordo di pace (lontano).
E l'Italia è sempre stata, anche Tajani, contro l'ipotesi di inviare soldati come forza di interposizione parlando al massimo di una improbabile missione sotto le bandiere dell'ONU. Per non parlare della guerra commerciale scongiurata con gli Stati Uniti. Proprio quando la leader di Fratelli d'Italia stava faticosamente tessendo la tela per arrivare al miglior compromesso possibile, i dazi al 15% come da accordo sottoscritto, da Parigi continuavano le bordate "controproducenti" verso Donald Trump.
Quindi le distanze Meloni-Macron ci sono eccome e anche se in FdI considerano "esagerati" nella forma più che nella sostanza gli affondi salviniani contro l'Eliseo, la linea del partito della premier è quella di restare fuori dalla disputa lasciando che la tempesta di fine agosto, non nuova, si spenga da sola.
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