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Politica
Governo, Giorgetti delude Meloni (e Salvini). Mef troppo "soft" in Europa

Governo, per FdI serve un ministero dell'Economia più deciso in Europa


Tensione Palazzo Chigi - ministero dell'Economia. La premier Giorgia Meloni, impegnata alla Cop 27 di Sharm al-Sheik, e i massimi vertici di Fratelli d'Italia, partito di maggioranza relativa, non hanno gradito le dichiarazioni del responsabile del Mef, il leghista Giancarlo Giorgetti, rilasciate a Bruxelles durante la prima uscita ufficiale per l'Eurogruppo.

Il titolare del dicastero di Via XX Settembre ha affermato che il governo italiano manterrà un approccio "prudente" e "realista" nella gestione dei conti pubblici. Non è esattamente l'approccio gradito dalla presidente del Consiglio e, a dire il vero, neanche dal leader del partito di Giorgetti, Matteo Salvini, segretario della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture.

Non solo, Giorgetti ha anche confermato senza batter ciglio la ratifica della riforma del Mes in piena sintonia con la linea dell'ex presidente del Consiglio Mario Draghi. Fonti qualificate di FdI spiegano ad Affaritaliani.it che avrebbero preferito una "linea di maggiore difesa degli interessi nazionali" anche e soprattutto in vista del difficile e complesso dibattito che si aprirà sull'asse Roma-Bruxelles sia sulla Legge di Bilancio per il 2023 sia sulla riforma del Patto di Stabilità (che, come ha scritto Affaritaliani.it, rischia di avere conseguenze molto pesanti per il nostro Paese). Tanto Meloni, quanto lo stato maggiore di Fratelli d'Italia e il vicepremier Salvini sono quantomeno "delusi" per la posizione di Giorgetti, considerata "debole" nei confronti della Commissione europea e dei falchi, Germania e Olanda in testa.

L'Italia - è il ragionamento che fanno in FdI - ha bisogno di poter agire con tempestività anche sui conti pubblici per intervenire sia contro il caro-bollette, oltre all'intervento deciso nell'ultmo Cdm, sia per la riduzione della pressione fiscale (taglio del cuneo e non solo) sia per altri provvedimenti che facevano parte del programma del Centrodestra. L'approccio "draghiano" di Giorgetti in Europa non è piaciuto e il timore è che il Mef faccia da schiuma frenante nelle prossime settimane sulle battaglie che il governo dovrà condurre con l'Ue.

La flessibilità sui conti pubblici serve sia per la riforma delle pensioni ed evitare il ritorno della Legge Fornero dal primo gennaio 2023 sia per un'incidisa riduzione della pressione fiscale. Ma, ragionano fonti FdI, se la linea del Mef è quella "soft" di ieri a Bruxelles...

"Il ministro Giorgetti a margine dell’Eurogruppo ha dichiarato che l’Italia è pronta a ratificare la riforma del Mes (il fondo salva stati) se la Corte costituzionale tedesca darà il via libera all’adesione della Germania. Mi auguro che questa sia solo un’uscita estemporanea per prendere tempo, perché sarebbe veramente un disastro se il governo Meloni si intestasse questa ratifica che dal 2019 i governi Conte e Draghi hanno comunque evitato". Sono le parole di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, portavoce del Comitato e voce storica della destra nazionale.

"Ratificare la riforma del Mes per l’Italia significa condannarsi ad andare in default - aggiunge -. Il Meccanismo europeo di stabilità prevede una serie di condizionalità che a un paese indebitato come l’Italia consentono solo di accedere a una 'linea di credito a condizioni rafforzate' che prevede una preliminare ristrutturazione del debito e quindi il fallimento delle finanze pubbliche".

"Quindi qualcosa da evitare ad ogni costo, rendendo inutili le ingenti risorse con cui l’Italia dovrebbe finanziare questo nuovo Mes, oppure da subire solo per condannare l’Italia ad una ristrutturazione economica 'lacrime e sangue' peggiore di quella inflitta a suo tempo da Mario Monti. Tutto questo proprio in un momento in cui la guerra in Ucraina sta portando la nostra nazione in recessione", conclude Alemanno.

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