Politica
"Il Governo Draghi, è un'opportunità ma anche un rischio. Ecco perché"

Intervista a Giuseppe De Mita, avvocato, già vicepresidente della Regione Campania, esponente di Popolari in rete
"Quando i problemi diventano seri sono i tecnici e non la politica a doverli affrontare..."
Che significato ha, nella politica italiana di oggi, l’espressione “popolare”?
Credo che il significato più immediatamente attribuito all’espressione “popolare” sia di carattere generico, di qualcosa che ha a che fare con il popolo.
Purtroppo e per fortuna, un significato di natura più strettamente identitaria sotto il profilo culturale è, per varie ragioni, meno presente.
Purtroppo: perché invece i Popolari avrebbero qualcosa da dire in questo tempo ad un pezzo della nostra società.
Per fortuna: perché siccome tra gli addetti ai lavori se ne fa un uso ancora troppo ambiguo e strumentale, forse è un bene che per il momento prevalga un significato generico per questa parola.
Per chiudere: la linea di discrimine sul significato della parola potrebbe essere nel suo utilizzo, come sostantivo o come aggettivo.
Come sostantivo è un pensiero che si fa azione. Come aggettivo rischia di essere un orpello che si fa arredo.
Qual è, oggi, l’identità dei Popolari?
L’identità è un incrocio tra l’anagrafe e i comportamenti.
Non basta somigliare a mio padre se tuttavia mi comporto fuori dai suoi insegnamenti.
La radice storica ha una sua ragione nella misura in cui ci propone una cassetta degli attrezzi per risolvere i problemi del presente e indicarci una via di speranza per il futuro.
In questo tempo di domande appese, l’identità sta più nella qualità delle soluzioni che nella celebrazione del passato.
Potrei esprimere l’identità dei Popolari con una frase insieme oscura e illuminante: il centro delle questioni è la persona umana.
Se può apparire un’evocazione generica e vaga, nella pratica quotidiana è una opzione eversiva.
Pandemia e guerra ci stanno rimettendo davanti agli occhi alcune cose che, nella rapidità degli eventi e delle illusioni, erano scomparse. Il punto di partenza dell’azione politica non sono le politiche di bilancio, il sistema dei consumi, le spinte imperialiste, che subordinano l’istanza delle persone all’affermazione di un modello o di uno schema. Così come non è punto di partenza l’accettazione acritica e avalutativa di tutte le istanze della società senza una scala di valori morali.
La pratica quotidiana ci ha messo davanti a scelte che avrebbero implicato un’analisi e una spiegazione: in una crisi pandemica mondiale, prevale il diritto alla salute, quello allo studio, quello al lavoro, quello alla mobilità? In una condizione di guerra, la risposta è il rilancio degli imperialismi?
Sono questioni che hanno bisogno di essere organizzate in un ordine possibile, ma in un ordine che sia di sapore morale; non nel senso di verità rivelata o confessionale, al contrario, in un ordine che consideri la vita, la sua dignità e la sua qualità per tutti, il centro della discussione.
Non teme che, dati i tempi molto condizionati dai social, i Popolari possano essere confusi con gli eredi della Dc?
È un rischio che non vedo.
La Dc e i Popolari sono abbastanza lontani nel tempo per essere rievocati.
Peraltro, storicamente la Dc aveva al proprio interno una pluralità di identità, tra le quali i Popolari sono stati per certi versi minoritari, pur essendo stati ispirati dal popolarismo alcuni dei suoi leaders principali.
Il popolarismo è stato un presupposto teorico della Dc, ma non una espressione organizzata.