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Politica
Draghi resta o non ne può più? Che cosa può accadere mercoledì

E se davvero Draghi non ne volesse sapere più nulla? Ecco cosa potrebbe accadere mercoledì

 

Mercoledì sapremo, o forse cominceremo a sapere, cosa ne sarà del governo e della legislatura. Draghi tace e fa come Giolitti ("il potere non lo si cerca, lo si aspetta"), mentre Conte vorrebbe uscire dall'esecutivo, ma teme un'altra scissione che lo indebolirebbe ulteriormente a Montecitorio. L'ex Presidente del Consiglio valuta anche l'appoggio esterno, ma è solo un espediente per evitare che alcuni dei suoi lo mollino. Sul fronte del centrodestra Salvini e Berlusconi, in una nota congiunta, hanno escluso ogni ipotesi di un nuovo governo col M5S, dichiarandosi disponibili ad andare al voto qualora non vi fossero formule alternative, Meloni ha chiesto il voto subito senza se e senza ma. In casa centrosinistra Letta sta tentando il tutto per tutto per far rientrare Conte e andare avanti con Draghi fino a fine legislatura, mentre Renzi e Calenda chiedono che Draghi vada avanti senza il M5S. Una bella matassa.

Nei giorni scorsi abbiamo scritto su questo giornale che è probabile che tutto rientri e che Draghi vada avanti ancora per altri nove mesi, ma allo stesso tempo sappiamo che una crisi di governo, soprattutto quando la maggioranza parlamentare è eterogenea come quella attuale, porta sempre a situazioni di avvitamento dalle conseguenze imponderabili. Se parte la centrifuga, tutto può cambiare.

Proviamo a fare un altro tipo di ragionamento. Mettiamo il caso che mercoledì Draghi si presenti alle Camere e dica che, essendo venuto meno il rapporto fiduciario con una delle forze politiche che un anno e mezzo fa diedero vita al suo governo, non intende tirare a campare tra continue prese di posizione del M5S, anche perché ciò comporterebbe ulteriori prese di posizione del tutto legittime anche da parte di altri gruppi parlamentari della maggioranza. Insomma, il ragionamento di Draghi potrebbe essere: se accontento Conte su termovalorizzatore, reddito di cittadinanza e super bonus, devo ovviamente accontentare Salvini su quota 100 e Letta su Ius soli e cannabis. I restanti nove mesi di legislatura si trasformerebbero in un totale caos.

A questo punto non è da escludere che Draghi si presenti mercoledì alle Camere e nelle sue comunicazioni dica semplicemente che le sue dimissioni sono irrevocabili, oppure, per addossare le colpe della crisi al Parlamento, presenti un discorso programmatico sul quale ponga la questione di fiducia, ma senza accogliere le proposte di Conte. Se volete che la legislatura vada avanti fino alla fine, si fa come dico io o me ne vado. Un'umiliazione non solo per il M5S, ma anche per tutto il Parlamento.

Cosa bolle nella pentola stellata? In queste ore Conte è stretto in una morsa: una cinquantina di suoi deputati, terrorizzati di perdere all'incirca centomila euro se la legislatura finisse adesso, starebbero minacciando di passare nel gruppo Misto o con il gruppo di Di Maio; quindi, l'ex avvocato del popolo prova a mettere le toppe ventilando l'appoggio esterno o eventualmente di votare la fiducia restando nel governo, come se nulla fosse successo. Ma Conte sa benissimo che restare nel governo e votare la fiducia lo porterebbe ad una totale perdita di credibilità dopo quello che ha fatto. E allora, fregandosene di eventuali altre scissioni (che sarebbero comunque manovre di palazzo estranee al volere della base), l'ex Presidente del Consiglio potrebbe passare all'opposizione, svuotare i suoi gruppi parlamentari di poltronisti e dimaiani e recuperare voti attaccando Draghi e la maggioranza che sostiene il governo "del banchiere". Insomma, a prevalere potrebbe essere l’idea di rompere, a costo di pagare nell’immediato nuove perdite ma poi recuperare in termini di consenso.

Con la mossa di rendere irrevocabili le dimissioni Draghi aprirebbe formalmente la crisi, dimostrando di essere al di sopra di tutti questi giochi dei partiti ed in particolare di un M5s che a questo punto diventerebbe il vero responsabile della caduta del governo. Insomma, la crisi non è stata determinata dalla Lega, come ha scritto qualche giornalista, ma dal “campo largo” di Letta.

Se Draghi rendesse le sue dimissioni irrevocabili, Mattarella non potrebbe fare altro che prenderne atto chiedendogli di restare in carica per gli affari correnti, avviando subito le consultazioni dei gruppi parlamentari al Colle. E qui si aprirebbe una partita completamente nuova: 1) Renzi e Calenda stanno già brigando per un Draghi bis senza il M5S (maggioranza centrosinistra-centrodestra, senza Conte e senza Meloni); 2) Letta chiede un Draghi bis con la stessa maggioranza attuale, facendo rientrare il M5S e salvando il "campo largo"; 3) Meloni chiede elezioni anticipate; 4) Salvini e Berlusconi non accettano un ritorno al governo con i 5Stelle e non escludono elezioni anticipate.

A quel punto il Presidente della Repubblica potrebbe optare per due soluzioni: 1) un governo "a termine", fino alla fine di dicembre, con dentro chiunque ci voglia stare, col compito di approvare la legge di bilancio e risolvere i dossier più caldi di questi mesi, quindi scioglimento delle Camere pochi giorni prima della fine dell'anno con elezioni a fine febbraio/inizi di marzo 2023. Tra i nomi più in voga per una operazione di questo tipo ci sarebbe Giuliano Amato. Una soluzione politicamente fattibile solo se il M5S entrasse nel governo, altrimenti a Salvini e Letta non converrebbe affatto farsi logorare da Conte dai banchi dell'opposizione;  2) scioglimento anticipato delle Camere ed elezioni politiche il 25 settembre o il 2 ottobre, le uniche due finestre possibili per approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre ed evitare l'esercizio provvisorio, con Draghi a Palazzo Chigi fino alla quarta settimana di ottobre/prima settimana di novembre (cioè prima dell'insediamento del nuovo governo), in modo tale che la bozza della legge di bilancio sia presentata a Bruxelles dall'attuale governo, senza scaldare inutilmente mercati, spread e pretestuosi spauracchi.

Una ultima osservazione. La minaccia di Letta della fine del "campo largo" qualora il M5S non rientrasse nei ranghi dell'attuale maggioranza è una mera finzione. Il segretario Dem sa benissimo che senza l'alleanza PD-M5S, con l'attuale legge elettorale il centrodestra farebbe cappotto nei collegi uninominali, anche al Sud, conquistando una maggioranza bulgara sia alla Camera che al Senato. Dunque, qualunque cosa faccia Conte, Letta non può fare a meno di Conte, quantomeno in termini di alleanza elettorale. E questo indebolisce Letta.

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