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Politica
Governo Meloni, prime nomine: altro che machete, il Pd prende tutto
Giorgia Meloni

Prime nomine del governo Meloni. Altro che machete, il Pd prende tutto

A due mesi e mezzo dalla nascita del governo di Giorgia Meloni, l’esecutivo è stato chiamato in diversi casi ad esercitare lo spoil system previsto dalla legge.

Poche settimane fa, su tutte le pagine dei quotidiani italiani rimbalzavano le parole del ministro della difesa Guido Crosetto, in merito all’esigenza di cambiare i vertici amministrativi dei ministeri, accusati - a suo dire - di slealtà nei confronti del governo durante i lavori di approvazione della legge di bilancio: “più potere ai decisori, no all’occupazione dei posti da parte del Pd”.

Il titolare della difesa aveva anche evocato «il machete» contro coloro che non si sarebbero adeguati alle esigenze del governo. A pochi giorni di distanza però, il machete sembra più un tagliaunghie.

In queste prime battute emerge chiaramente l’andazzo dei prossimi mesi, soprattutto in vista del piatto grosso di marzo: le nomine delle grandi partecipate di stato (Eni, Enel, Terna, Poste, Leonardo) e la riconferma o meno dei vice nelle agenzie dei servizi segreti. Gli uscenti possono dormire quasi tutti sonni tranquilli.

Per coloro - seguaci del “truce” Crosetto - che pensavano di cambiare tutti i vertici dello Stato non allineati al nuovo governo, è in arrivo una doccia fredda. E ne è in arrivo una altrettanto gelata per chi - come il Pd - in campagna elettorale accusava Giorgia Meloni di voler destabilizzare il Paese.

Ma andiamo con ordine.

Le decisioni che hanno investito il governo riguardavano cinque ruoli cardine delle strutture dello Stato, che non a caso albergano tutte al Ministero dell’Economia e Finanze: i direttori delle agenzie di entrate, demanio e dogane, e i capi della ragioneria generale dello stato e del dipartimento del tesoro. È da qui che ogni giorno passano le decisioni più rilevanti di un governo e non è un caso che siano sempre state al centro delle battaglie politiche più efferate. Infatti l’ultima volta che si è adottato un pesante spoil system è stato fatto per mano dell’allora ministro dell’economia e finanze Roberto Gualtieri, terminale e eccellente mediatore di tutte le correnti Pd, i desiderata di Conte e i 5 Stelle, infine qualche richiesta di D’Alema.

Ruffini (direttore delle entrate) è noto per la sua fedeltà a Renzi e al Pd; Dal Verme (del demanio) è una super-funzionaria del Mef ed è anche la cognata di Paolo Gentiloni; Minenna alle dogane era stato voluto dai 5 Stelle con la benedizione di D’Alema.

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