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Politica
"Il Mes? Mai. Esiste perché la struttura europea non è quella americana"

La riforma del Mes e la patrimoniale sono due temi caldi di questo periodo, che continuano a destare interrrogativi e ipotesi disparate, ma soprattutto polemiche e scissioni tra i diversi partiti italiani. Affaritaliani.it ne ha parlato con Pietro Paganini, professore aggiunto alla Fox School of Business della Temple University of Philadelphia e professore aggiunto in Business Administration alla John Cabot University di Roma, un riformista e un liberale per eccellenza.

Professore, che cosa rappresenta per l’Italia la riforma del Mes?

"A Milano si dice 'piuttosto che niente è meglio piuttosto'. L’Italia non dovrebbe mai fare ricorso al MES che è l’espressione di una serie di limiti naturali ma anche di contraddizioni o meglio di distorsioni dell’Europa allo stato attuale. In questo contesto la riforma avrebbe potuto migliorare le condizioni di funzionamento di questo strumento che, appunto, dovremmo evitare di impiegare. Il MES esiste perché la struttura Europea non è quella americana. La BCE non può intervenire come invece può fare la FED negli USA o una qualsiasi Banca Centrale prima dell’euro. Di cui, la Commissione europea ricorre ad uno strumento, il MES, che di fatto, e questa è la mia principale critica, è una banca del Lussemburgo. Non risponde al Diritto europeo, non risponde al Parlamento europeo, e quindi a noi cittadini. È una banca che interviene a salvarci e che in alcuni casi ricorre alla Troika. Da qui una serie di aspetti tecnici molto complessi, che la riforma ha, in parte, rivisto, ma che non sono di grande aiuto. La conclusione è che o si è forti politicamente da evitare le dinamiche del MES, che sono punitive, ma non è il caso dell’Italia, o è meglio non ricorrervi. Naturalmente, è meglio non farvi ricorso perché non ve ne è bisogno, cioè siamo solidi economicamente. Resta che dobbiamo riformare i meccanismi di stabilità europei e il ruolo della BCE. Ma è un processo piuttosto lungo e al momento, in pandemia, inimmaginabile."

Quali sono i maggiori timori su questa riforma, causa di profonde scissioni politiche, come quella del M5S, e di forti opposizioni come quella della Lega… e quali, secondo lei, sono gli aspetti di cui in effetti l’Italia dovrebbe preoccuparsi?

"La riforma del MES ha cambiato poco, i rischi che c’erano sono rimasti. Il MES continua a essere una Banca del Lussemburgo, di diritto internazionale e non europeo, che non risponde al Parlamento europeo. Ma finché si evita di ricorrere al MES il problema è marginale. Ci dovrebbe preoccupare la volontà di ricorrere al MES da parte di alcuni rappresentanti delle istituzioni e di partiti politici. La loro è un’ossessione che trova, come accade spesso, eco nei media, e in un certo establishment. Se poi consideriamo che i 39 miliardi che dovrebbero o potrebbero arrivare con il MES andrebbero alla Sanità, viene il sospetto che questa ossessione abbia valide radici. Come cittadini vorremmo evitare di indebitarci con un organismo di fatto ostile, per incassare dei soldi che non beneficiano noi cittadini ma solo gruppi di interesse e naturalmente, la politica. Vogliono i soldi del MES, ma nessuno spiega come saranno spesi, e perché. Per ora, con il Recovery Fund, possiamo fare a meno di questo rischio. I partiti come il PD, partiti di potere e poltrone, si mettano il cuore in pace."

Un altro tema caldo di quest’ultimo periodo è la patrimoniale, qual è la sua opinione al riguardo?

"La patrimoniale per redistribuire risorse, quella marxista che vorrebbero alcuni, compreso Grillo, è errata. Non porterebbe risorse né risultati. Non dobbiamo redistribuìre nulla. Semmai dobbiamo creare ricchezza e fare sì che ci possano arrivare un numero più ampio di cittadini. Per farlo serve ridurre il debito che scoppia. Questo è il vero problema che tutti nascondono. Ora con i tassi bassi il problema resta sopito. Appena risaliranno rischiamo di fallire, solo l’appartenenza a un’economia solida come quella UE ci tiene a galla e al largo da speculazioni. Ecco che si potrebbe, invece, proporre una patrimoniale per ridurre il debito. Questa deve essere eccezionale, cioè rispondere alla vera emergenza del debito. Deve essere temporale, cioè una tantum, durare per un anno, massimo due. E deve essere proporzionale, riguardare tutti i cittadini, in misura proporzionale al proprio patrimonio. Mettere le mani nelle tasche dei cittadini è orrendo. Ma il debito va affrontato, o ricade solo sui nostri figli. Cresce il debito, diminuisce il numero dei giovani. Che faranno? Chi ripagherà?"

Qualcuno ha suggerito che piuttosto di “tassare la ricchezza” sarebbe meglio adottare il cosiddetto “voto col portafoglio” proposto dall’economista Becchetti, che permetterebbe ai singoli cittadini di utilizzare il reddito come capitale da investire su aziende di propria scelta, in base ai criteri di sostenibilità e impegno etico. Secondo lei, può essere un’alternativa?

"Queste idee sono brillanti e utili, ma non possono e non devono riguardare la norma. Noi dobbiamo mettere i cittadini nelle condizioni di lavorare e produrre. Non dobbiamo imporre modelli chiusi che crediamo possano funzionare in teoria, poi nella pratica falliscono o sono una violenza per la libertà individuale. Termini come sostenibilità ed etica sono soggetti a formule ideologiche e religiose. Chi stabilisce i criteri? E su quali parametri si fondano? Abbiamo scoperto che molti criteri di sostenibilità impiegati in Europa sono privi di basi scientifiche e nel lungo periodo generano conseguenze devastanti. Prendete il tema olio di palma che ho studiato da vicino. Si sono fatte scelte di sostenibilità escludendolo dai prodotti alimentari e illudendo i consumatori che i prodotti senza olio di palma sono più sostenibili. La scienza ha dimostrato il contrario, che l’olio di palma certificato come sostenibile è più sostenibile dei suoi sostituti. Quale potrebbe essere la conseguenza della riduzione della domanda dell’olio di palma che per fortuna non c’è stata? Che i milioni che lavorano nell’industria, si dedicano ad altro. Visto che la palma da olio ha la produttività per ettaro più altra, consuma meno terreno. Se si favoriscono altre colture significa più deforestazione. Un’azione che in Europa viene venduta come sostenibile diventa devastante in giro per il globo. Capito? Più poveri e meno sostenibili. La sostenibilità e l’etica si devono fare con una prospettiva globale e inclusiva oggi, questa è la multilaterarità. Quella europea sa ancora di colonialismo. Decidiamo noi cosa siano etica e sostenibilità. Ma non funziona più. In Europa siamo 400 milioni, un terzo della sola Cina. Fuori da qui ci sono 7.2 miliardi di persone."

 

Pietro Paganini

Professore Aggiunto alla Fox School of Business della Temple University of Philadelphia, è Professore Aggiunto in Business Administration alla John Cabot University di Roma. Ha un dottorato in Comunicazione e Organizzazioni Complesse. È fondatore e Curiosity Officer del pensatoio che promuove le politiche per l'innovazione e il libero mercato, Competere - Policies for Sustainable Development; il Segretario Generale dell'Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati (IIP). È stato Direttore Generale della Fondazione Luigi Einaudi di Roma, Vice Presidente dei Giovani Liberali Europei dell'ALDE, Segretario della Gioventù Liberale Italiana, membro della direzione nazionale della Federazione dei Liberali, e di Liberali Italiani. E’ analista e commentatore per media internazionali e nazionali, e autore di diversi saggi.


 

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