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Politica
L'umanesimo nuovo di Conte e integrale di Maritain contro il letargo cattolico

Cosimo Scarcella è stato mio professore di filosofia al liceo Calasanzio dei padri Scolopi di Campi Salentina. Devo a lui la scoperta della filosofia, che ha indirizzato fortemente la mia vita e i miei studi. E devo a lui la scoperta dell’importanza filosofica di San Tommaso d’Aquino, del neo tomismo e del neo aristotelismo e del grande continuatore contemporaneo di quella tradizione, il francese Jacques Maritain. Al professor Scarcella ho chiesto un commento sull’intervento di Giuseppe Conte ad Avellino in occasione della commemorazione del democristiano Fiorentino Sullo. Eccolo, buona lettura. (Angelo Maria Perrino)

Il nuovo umanesimo di Conte e quello integrale di Maritain contro il letargo dei cattolici

di Cosimo Scarcella, filosofo

Fondato su testimonianze certe del passato, sostanziato di valida esperienza del presente e animato da onesto ottimismo per il futuro, il discorso del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ad Avellino, in occasione della commemorazione per il centenario della morte dell’ex ministro Fiorentino Sullo, porge l’opportunità di alcune riflessioni.

E’ ora che i cattolici si risveglino dal letargo e condividano le responsabilità, che la vita politica richiede a tutti, in quanto cittadini soggetti di diritti e di doveri. Anche perché i cattolici sono eredi del ricco patrimonio di valori ricevuto dai loro progenitori. Nel discorso non ci sono accenti di rimprovero, ma di esortazione venata, però, di nostalgia e di speranza nello stesso tempo. Nostalgia per l’apporto costruttivo, per esempio, di Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro e speranza fortemente fiduciosa, riposta più che nella generazione che opera nel presente, nelle generazioni dei giovani che opereranno nel futuro. E ciò è del tutto comprensibile, se si pensa alla diversità dei tempi.

I padri costituenti cattolici del 1946 – ricorda lo stesso Presidente – lavoravano fortemente nutriti dal pensiero di alcuni filosofi cattolici francesi, come Emmanuel Mounier e Jacques Maritain. Ma il personalismo comunitario del primo e quello integrale del secondo erano l’interpretazione dello spirito libero e genuino del popolo e non la manipolazione subdola e costante dell’animo popolare. Dalle macerie della grande guerra si levava semplice e forte il grido d’aiuto di esseri umani umiliati e offesi, che anelavano alla libertà e alla giustizia, per poter riscattare almeno la propria dignità.

Lo stesso Maritain, del resto, che proponeva il suo progetto di umanesimo integrale nel 1936, trent’anni dopo nel “Contadino della Garonna” confesserà tutta la sua amarezza per la corruzione della vita politica del tempo. Oggi siamo in una situazione più degradata. Domina, infatti,l’uomo “democratico”, cioè disponibile a qualunque mutazione e adesione, purché intraveda la possibilità di un proprio tornaconto, ovviamente economico e di potere.

Cultura cattolica, liberale e socialista in quei tempi dialogavano e si confrontavano in reciproca apertura: tutti, ciascuno secondo la propria visione, miravano al perseguimento del bene comune. Oggi il dialogo è sostituito dall litigio, il confronto dallo scontro, il bene comune dall’interesse di parte. E siccome si vuole stare in visibilità perenne, si organizzano gruppi più o meno esigui, ma proclamano di interpretare e difendere il bene generale di tutto il popolo. A questo riguardo sovviene alla memoria il libro “Quinto Evangelio” di Mario Pomilio: i giovani, che vogliano impegnarsi in politica, si guardino dai politici “esperti”; rischiano di diventare utile strumento per il loro scopi.

Il cattolico è e resta uomo laico, cioè libero. Il Maritain, a questo proposito innalza un sentito ringraziamento al Concilio Ecumenico II per aver riconosciuto all’uomo il diritto di credere o di non credere secondo la propria coscienza. L’atto di fede, infatti, non è adesione acritica a un articolo di fede, ma libero e sentito consenso a una verità anche sovrarazionale. Il cattolico postconciliare non segue passivamente il dettame delle gerarchie ecclesiastiche, ma al contrario sono queste che debbono accompagnare la sua vita, come è esplicitamente scritto nel documento conciliare “Gaudium et spes”: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

“Dobbiamo però chiederci – conclude il Presidente Conte - : cosa resta oggi di questo patrimonio straordinario di cultura politica?”. Non è facile rispondere. Ma egli stesso sorvola sul quesito e afferma: “Una rinnovata presenza dei cattolici nella politica italiana può costituire una preziosa risorsa etico-politica utile a declinare, tra le altre cose, i termini e i contenuti di un nuovo umanesimo che muova dal primato della persona, colta nella concretezza della sua dimensione esistenziale e sociale, per fornire risposte alle molteplici sfide a cui la nostra epoca espone l’essere umano: che vanno dal potere della tecnica che tende a sopraffarlo, dalla globalizzazione che tende a emarginarlo, dalla imperante visione economicistica che tende a esiliarlo ai margini del consorzio sociale, da una rivoluzione info-telematica che rischia di anonimizzarlo”.

A patto, però, che non si riduca a un ritorno degli utili idioti. Ed affiora alla memoria la figura del compianto professor Tullio De Mauro, che scoppia in lacrime nella sala della riunione del Consiglio dei Ministri.

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