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Il ritorno di Rosy Bindi, da rossa pasionaria a "umarella" contro il Governo
Rosi Bindi Matteo Salvini

Il ritorno di Rosy Bindi, da rossa pasionaria a "Umarella" contro il Governo

Rosy la furba, Rosy la scaltra, Rosy che non c’era più, ma anche, purtroppo, Rosy per sempre. “La signora Bindi più bella che intelligente”, come la definì perfidamente Silvio Berlusconi, torna a corrente alternata.

Speravamo di essercene liberati definitivamente con la XVII legislatura ed invece eccola lì rispuntare ad ogni occasione buona per lucrare qualche vantaggio. Simpatica come una locusta liofilizzata, sembrava essere andata in pensione -che poi a 72 anni sarebbe pure ora- ed invece eccotela lì ricicciare, eccitata come un maritozzo alla panna per la ghiotta occasione di rificcarsi dentro la politica, dopo essere stata per ben anni sei una semplice “umarella” donna che dava consigli agli operai nei cantieri edili toscani.

“Stiamo parlando di un governo che insulta i lavoratori e lo fa in maniera volgare e che dimostra che non conosce la nostra carta costituzionale. L’occupazione della Rai, i decreti sicurezza, il decreto rave, l’atteggiamento nei confronti della povera gente e la debolezza nei confronti dei poteri forti. Credo che siamo di fronte ad un governo che ignora i contenuti del costituzionalismo liberale e solidale e che sta sostituendo quello che Dossetti chiamava il patriottismo costituzionale ad una forma di sovranismo, autoritarismo, populismo. Loro vogliono rompere questo vincolo di solidarietà tra i lavoratori perché gli fa paura chiaramente. Fa sempre paura al sovrano, questa volta neppure tanto illuminato che vuole addomesticare il suo popolo. Illudono di rendere sovrano il popolo facendogli eleggere il Presidente del Consiglio, ma in realtà quello che a loro interessa è forgiare il popolo del sovrano in modo che il sovrano, cioè la Meloni, non sia disturbata e che è a sua volta aiutata da semisovrani, in particolare da un semisovrano con cui naturalmente non va molto d’accordo, cioè Salvini, e devono sommare le loro pulsioni, da una parte e dall’altra perché questo è l’unico modo per poter convivere”.

Ci siamo presi la briga di “sbobinare” passo passo la perla regalata da Rosy Bindi a Tagadà (La 7) perché è significativo del livello di faziosità a cui è pervenuta la pasionaria nel tempo. Nonostante l’età Rosy la Rossa non molla la presa e continua a far danni alle istituzioni e alla politica. Come non dimenticare che fu proprio lei a devastare la sanità pubblica nel governo D’Alema, introducendo l’”intramoenia” e cioè una corsia preferenziale per ricchi che è stato il motivo per cui ora si sono prodotte file chilometriche nelle liste di attesa?

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Chissà dov’era quando un altro toscano segretario del Pd, Matteo Renzi, riusciva ad abolire un baluardo dei lavoratori e cioè l’articolo 18 che tutelava proprio quella “povera gente” di cui ora blatera. Rosy la cattocomunista è un prodotto della fertile toscana rossa e il riferimento a Dossetti nel suo predicozzo non è casuale. Un’altra sua perla è la legge Basaglia sui “matti” che sotto di lei trovò piena attuazione e rigoglioso sviluppo ed ora è motivo di disperazione per milioni di famiglie lasciate a loro stesse dallo Stato. Intanto i “matti”, come li chiamava il simpatico Basaglia, uccidono e sono mine vaganti per se stessi e gli altri.

Conoscendo un po’ come gira il fumo, la prima domanda da porsi è la stessa che si poneva l’imprenditore romano Gaetano Caltagirone quando chiamava al telefono Franco Evangelisti, plenipotenziario di Giulio Andreotti: “A Fra’, che te serve?”; ecco noi potremmo chiedere alla Bindi: “A Ro’, che te serve?” e cioè, traducendo dal politichese romano, “Rosy cosa vuoi?”. Ti serve uno strapuntino/strapuntone nel Pd della Schlein? Ti serve una candidatura per Strasburgo? Non ti bastano i soldi che hai preso ed ancora prendi di pensione alla faccia della “povera gente” che hai l’ardire di citare nel tuo discorso demagogico?

Un attacco così acido e sgangherato al governo non si sentiva da tempo. La Bindi, da scaltra sociologa, sfrutta gli archetipi rudimentali dell’inconscio collettivo di sinistra e cioè la paura dell’autoritarismo, anzi, diciamola tutta, del fascismo. Poi da un popolo che ha adorato Stalin è un po’ bizzarro. Ma tant’è.

Lo fa da consumata pifferaia magica ed incantatrice di serpenti rivolgendosi al popolo chiamandolo “suddito”, un giochetto che i populisti come Rosy conoscono bene. Parla di Giorgia Prima, la “sovrana” d’Italia, e addirittura di “sottosovrani”, come Matteo da Milano che governerebbero il popolo oppresso con ferocia e stivali neri. Che il dipinto fatto dalla attempata pasionaria sia falso è del tutto evidente ma lo è proprio alla luce del fatto che in un anno di governo di centro - destra Giorgia Meloni è considerata la partner più affidabile dagli atlantisti in politica Estera e anche in economia, visto i giudizi di Moody che tanto hanno fatto infuriare la sinistra che si aspettava il dono di una bocciatura che non è affatto arrivata.

E poi l’astio contro Salvini reo di avere –per la prima volta nella storia repubblicana- tenuto testa ai sindacati sullo sciopero flop di venerdì scorso, imponendo il dominio della legge che Landini cercava –come al solito- di aggirare. Un ben triste declino per una politica mai amata dagli italiani, neppure dai suoi, che non capisce che il suo tempo è passato e che ormai le sue invettive sono più patetiche che velenose. Torni dunque ai suoi monti toscani e aiuti l’Italia dando consigli nei cantieri del Mugello: i muratori non vedono l’ora di rivederla nella veste di umarella.

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