Renzi si aspetta 40-50 "no" dem. Ok alI'Italicum e al voto nel 2016
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Alla fine l'Italicum verrà approvato. Nessuno in Parlamento - né tra i renziani, né tra le fila dell'opposizione, né nella minoranza dem - crede all'ipotesi di una bocciatura della legge elettorale. Cosa che provocherebbe le immediate dimissioni del presidente del Consiglio. Ma il testo finale della riforma vedrà il via libera dell'aula di Montecitorio e i numeri - stando ai calcoli che si fanno a Palazzo Chigi - non saranno molto diversi rispetto a quelli delle fiducie: i sì dovrebbero essere 340-345 mentre i no del Partito Democratico potrebbero essere 40 massimo 50. Renzi, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, avrebbe già sondato il Quirinale e, seppur il Capo dello Stato non avrebbe gradito moltissime alcune uscite del capo del governo, la firma sull'Italicum non è in discussione.
Incassata la legge elettorale, il premier tirerà dritto sulle riforme istituzionali al Senato, con poca voglia di modificare il testo. Si preannuncia quindi una nuova sfida con la sinistra dem, ancora più delicata visti i numeri di Palazzo Madama. Il percorso non è affatto in discesa e tutto gli scenari sono aperti. Ufficialmente Renzi dice di voler andare avanti fino al 2018, ma sono molti i segnali che fanno pensare al ritorno alle urne già nella primavera del prossimo anno. Il segretario del Pd vuole prendere in contropiede il Centrodestra, lacerato, e anche la minoranza interna, sempre sulle barricate ma priva di un progetto che possa contrapporsi a quello del presidente del Consiglio. Non solo. Renzi potrebbe anche tentare di andare al voto per "liberarsi" della convivenza dei centristi ex montiani e di Area Popolare (Udc-Ncd). Insomma, a questo punto, una volta approvato l'Italicum, tutto è possibile. Se dall'economia non arrivassero quei segnali positivi che l'esecutivo si aspetta, il premier potrebbe anche cercare l'"incidente" - magari al Senato sulle riforme costituzionali - che possano portarlo dirtto al voto. Trasformando le elezioni politiche in un referendum su se stesso.