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Politica
De Benedetti torna ad agitare lo spettro del fascismo senza motivo

De Benedetti torna ad agitare lo spettro del fascismo

Era inevitabile. Come si alternano le stagioni e alla calda estate segue il fresco autunno e come l’ape impollina il fiore, e la libellula si libra nel cielo azzurro, Carlo De Benedetti è ricicciato di botto allo scoperto, come quei pupazzi a molla che escono improvvisamente dalla loro scatola nei film dell’orrore. La sua intervista ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera è stata improvvida, scorretta, partigiana (non solo in senso aggettivale), asincrona, maldestra e pasticciata. Intanto rivela una profonda paura che, paradossalmente, non fa certo bene al centro – sinistra. La sua è l’intervista di un uomo (inutilmente) spaventato che però comunica al lettore, anzi all’elettore, che i giochi sono già fatti e che il centro – destra ha già vinto. Infatti, se si analizza l’intervista criticamente, l’idea che uno si fa è che il suo sia stato un atto impulsivo, poco meditato, tipico di un certo affaticamento intellettuale, di una scarsa chiarezza, di un appesantimento di membra e volontà, dell’età che avanza.

Già il suo titolo di apertura rivela tutta la sua debolezza: “Anche l’America teme la vittoria della destra”; un titolo ingenuo che fa pensare più un adolescente in difficoltà che chiama il fratello maggiore per farsi proteggere dalle probabili botte che gli arriveranno. A rincarare la dose cita fantomatiche “mie fonti al dipartimento di Stato” che gettano, questo sì, un alone di sospetto e mistero che meriterebbe un immediato chiarimento internazionale visto che c’è un ricchissimo imprenditore di una nazione straniera che fa politica e dice di avere sue fonti al Dipartimento più importante degli Usa.

Ma crediamo -e speriamo- che l’Ingegnere abbia voluto fare –gli capita spesso- come quei bulli da bar che si vantano di conoscenze altolocate che non hanno o almeno le hanno solo superficiali. La chiamata alle armi di De Benedetti che ha auspicato addirittura un Cln, un Comitato di liberazione nazionale con tanto di partigiani, contro la destra di Giorgia Meloni mette paura proprio per il suo profondo attacco alla democrazia italiana andando a delegittimare, a meno di due mesi dal voto l’antagonista, visto come il Grande Satana, il Nemico. Che De Benedetti abbia un concetto di democrazia vago ed ondivago è del tutto evidente.

Il giornale di cui è stato l’editore, Repubblica, è considerato il peggior foglio radical chic del mondo e, oltretutto, il suo attuale direttore Maurizio Molinari, mette paura solo a vederlo nella sua tristezza esistenziale, nella sua moscezza ideologica, nel suo eloquio vivido come l’acqua stagnante della palude Stigia, con quelle palpebre perennemente abbassata e il vocione da Polifemo. Ma il peggio di sé il foglio foraggiato da De Benedetti lo diede quando era un partito ben strutturato, con i suoi fanti e fantini che attaccavano e corrodevano sistematicamente ed inesorabilmente la democrazia italiana guidati da Barbapapà Eugenio Scalfari.

Ora l’Ingegnere –editore di Domani- ha il coraggio di attaccare anche la “sua” Repubblica passata in mano alla dinastia Agnelli Elkann dicendo che demonizzando la Meloni si fa il suo gioco, chiaro il riferimento alla fotografia sbattuta in prima pagina due giorni fa. Ma in realtà si tratta di una strategia concordata, di un metodo Boffo allargato, di una macchina del fango sapientemente oliata e che ha la sua ovvia scaturigine nei salotti buoni della finanza italiana, dei poteri forti, di quel mondo che da decenni governa l’informazione ai danni dei cittadini e proprio di quel popolo che a parole De Benedetti dice di voler difendere.

Afferma che il Pd, di cui si vantava di avere la tessera numero uno, non si occupa più dei poveri, ma è stata proprio Repubblica e la sua ideologia a scavare un solco insuperabile tra la finta intellighenzia di sinistra e la gente comune, quella che lavora e non arriva a fine mese. Il fatto è che c’è uno strato parassitario che proprio l’ideologia dell’Ingegnere ha alimentato: quello dei vip, quello delle tartine al salmone affogato nella maionese che viene servito a ritmo continuo negli attici dei centri storici del potere romano e milanese. Quello dei sindacalisti “amici” che vanno assai d’accordo con l’imprenditore, come avveniva in Olivetti, grandissimo patrimonio tecnologico, umano e culturale, svenduto da De Benedetti e dall’allora ministro Bersani prima ai cinesi della Wang e poi agli olandesi di Getronics, dopo averne fatto il famoso “spezzatino” per piazzarla meglio sul mercato, alla faccia dei dipendenti e dell’Italia e con l’aiuto della Fiom - Cgil.

In questa intervista, ripetiamo estremamente pericolosa per la democrazia, l’Ingegner Carlo tira fuori dall’armadio lo spettro dell’antisemitismo che lui ebreo brandisce a corrente alternata. Lui che sarebbe capace di vendere lampade da sole anche nel Sinai per tirare su qualche soldo. Paragonare la Meloni a Mussolini e il suo programma alle leggi razziali del 1938 significa fare del puro terrorismo ideologico. A dire la verità questa è una strana intervista. Sembrerebbe quasi che si sia messo d’accordo con il centro-destra per portargli ulteriore consenso. Un vero auto – goal. Esilarante poi quando parla di badanti per Berlusconi (85) che ha due anni meno di lui (87). Patetico sul Cavaliere che gli ha sfilato Mondadori e che ha suo dire avrebbe avvelenato l’etica italiana perché ha fatto passare l’idea che non si devono pagare le tasse. Proprio lui che passò una notte in gattabuia ai tempi di Mani Pulite per una vicenda legata alle Poste e all’Olivetti, di cui era il proprietario.
 

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