Politica
Macron e Merz sempre più lontani, Meloni può inserirsi a pieno titolo nella crisi dell’asse franco-tedesco
L’asse franco tedesco è entrato in crisi, sia per motivazioni interne ai due paesi e sia per questioni internazionali. Una crisi che ha avuto ripercussioni su tutta l’Unione

il presidente Emmanuel Macron riceve il neoeletto cancelliere tedesco Friedrich Merz
Il gelo tra Macron e Merz spacca l’Ue. Meloni si avvicina a Berlino e rompe gli equilibri storici
Mercoledì scorso durante l’ultimo vertice tra il cancelliere Friedrich Merz ed Emmanuel Macron a Berlino, al di là delle dichiarazioni di facciata, è sembrato evidente che tra i due paesi, che per decenni hanno guidato le politiche dell'Unione, le divisioni siano ancora maggiori dei punti di contatto. Sembrano davvero lontani i tempi dell’accordo di Aquisgrana, malgrado siano passati solo sei anni. Il Trattato di Aquisgrana rifletteva ancora una volta un duplice obiettivo. Rafforzare la cooperazione franco-tedesca e porre le basi per la riunificazione della Unione europea.
Certo erano altri tempi, sotto tutti i punti di vista. Alla guida della Germania c’era Angela Merkel, mentre in Francia Emmanuel Macron aveva ben altra presa sui francesi e a livello internazionale, rispetto alla copia sbiadita di adesso. Fin dal lancio dell'euro nel 1999, l'asse privilegiato franco-tedesco ha garantito alla Francia una sorta di impunità rispetto alle regole europee e alle pressioni del mercato. L'affermazione "perché è la Francia", formulata dall'allora presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel 2016 per giustificare la mancata applicazione delle norme UE sul debito, ha provocatoriamente evidenziato come la protezione tedesca abbia a lungo fornito alla Francia uno scudo sufficiente per aggirare le regole UE e disinnescare l'instabilità del mercato.
Nel nuovo quadro internazionale, profondamente mutato, la crisi della Germania e i suoi problemi interni non possono più proteggere la Francia da una potenziale instabilità del mercato. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Grazie alla politica prudente del governo Meloni, l’Italia ha lasciato lo scomodo ruolo di osservato speciale in Europa sul fronte dei conti pubblici proprio alla Francia di Macron. Con Olaf Scholz come cancelliere i rapporti tra i due paesi erano forse arrivati al loro minimo storico. L’asse franco tedesco è entrato in crisi, sia per motivazioni interne ai due paesi e sia per questioni internazionali. Una crisi che ha avuto ripercussioni su tutta l’Unione e che è stata amplificata dall’avanzata dei partiti di centro destra in mezza Europa.
Una ascesa dei partiti di centro destra che è stata rafforzata dalla dirompente ascesa di Giorgia Meloni sul palcoscenico internazionale, che ha contribuito a rompere i vecchi equilibri su cui si reggeva l’Unione Europea. Quando Merz è stato eletto, si è recato a Parigi e ha promesso "un nuovo inizio franco-tedesco per l'Europa". Ma nonostante le buone vibrazioni e la crescente collaborazione in ambiti politici che riguardano la deregolamentazione e l'immigrazione, i leader trovano sempre più difficile nascondere una scomoda realtà: il promesso riavvio del motore franco-tedesco che ha a lungo alimentato l'Unione Europea sta già arrancando, mentre Merz e Macron si confrontano con una serie di divisioni insanabili su tutto, dalla difesa al commercio.
Sulla difesa comune europea comune, per esempio, i due paesi avevano puntato su due importanti progetti industriali: il Main Ground Combat System (Mgcs), il carro armato del futuro che avrebbe dovuto sostituire il Leopard 2 tedesco e il Leclerc francese, e il Future Combat Air System (Fcas), un jet da combattimento di sesta generazione progettato per garantire la superiorità aerea europea nei decenni a venire. Ma entrambi i progetti sembrano finiti su un binario morto. Ma anche sul conflitto in Ucraina e soprattutto su quello a Gaza (proprio ieri Macron ha annunciato che la Francia a settembre riconoscerà ufficialmente lo Stato di Palestina). Ma anche sui dazi Usa i dissidi tra i due sono emersi chiaramente, nella posizione sicuramente più attendista del tedesco (certamente più allineata a quella di Giorgia Meloni) di fronte a quella sicuramente più oltranzista del francese.
Ma anche su accordi commerciali come quello sull’accordo del Mercosur, le posizioni dei due paesi sono divergenti. Ed è proprio su queste tante divergenze tra i due paesi, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, che Giorgia Meloni sta costruendo, o almeno sta cercando, un nuovo rapporto con la Germania in Europa, con la quale invece i punti di contatto sembrano molto più di quelli che invece dividono i due paesi. I colloqui tra i due, il primo a Palazzo Chigi a maggio, e il secondo un mese dopo, a margine del vertice G7 in Canada, sono serviti a consolidare la visione comune su temi come l’immigrazione, la competitività europea, i dazi americani, e la gestione delle guerre in Ucraina e a Gaza.
Sulla difesa comune poi la cooperazione tra i due paesi, al contrario di quella franco-tedesca, si sta fortemente consolidando, attraverso i progetti comuni dei due colossi della difesa Leonardo e Rheinmetall, che riguardano la difesa antiaerea e la logistica militare. Ma è sul fronte migranti e su quello industriale che Giorgia Meloni potrebbe costruire una nuova era nei rapporti, sempre piuttosto controversi, tra Italia e Germania, Merz è un businessman, e quindi orientato ad una visione molto più pragmatica rispetto ai suoi predecessori. Il rapporto privilegiato di Giorgia Meloni con la presidente Ursula Von der Leyen, tedesca anche lei, potrebbe poi certamente agevolare sotto questo punto di vista una nuova fase nei rapporti di collaborazione tra i due paesi. Per la Germania si apre una fase nuova ed inesplorata, rispetto al passato, ed è plausibile che si cerchi di creare una solida alleanza con chi condivide la stessa visione su molti punti.
In questo particolare momento l’Italia offre forse maggiori garanzie, sia per la sua stabilità interna e sia per i conti pubblici tornati sotto controllo, sotto la prudente regia del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, rispetto ad una Francia assai indebolita, sia sul fronte interno che su quello internazionale. Questo non vuol dire che ci si trovi di fronte al preludio della formazione di un nuovo inverosimile asse italo-tedesco, che possa sostituire quello storico franco-tedesco, ma quello che appare chiaro che mai come adesso, forse, il nostro paese ha tutte le carte in regola, per tornare a giocare quel ruolo da protagonista in Europa, che le si addice per storia, tradizione, peso economico e rilevanza internazionale. E per realizzare ciò, Giorgia Meloni, sa benissimo che non può prescindere da una nuova fase di rapporti con l’alleato tedesco.