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Palazzi & potere
Gossip, Dagospia: "Sesso, scandali e scoop"

Per Roberto D’Agostino, le prossime elezioni politiche somiglieranno al sesso.

 

 

“I preliminari, ovvero la campagna elettorale, sono molto più eccitanti del climax, ovvero i risultati del voto,” ha detto il proprietario e direttore del sito Dagospia – il giornale web più accattivante e controverso d’Italia.

 

Sembra una disgressione irriverente, ma coglie – in gergo colloquiale – un sentore che aleggia nell’opinione comune delle élites politiche riguardo alle prossime elezioni parlamentari del 4 marzo: con tutte le promesse e le linee programmatiche della campagna elettorale, il risultato difficilmente offrirà al paese un governo stabile, ancor meno ne risolverà i problemi.

 

 

Dal suo sito not safe for work (occhio ad aprirlo in ufficio) e grazie alla sua presenza regolare nei dibattiti televisivi, il 69enne romano è abile a catturare lo zeitgeist politico italiano.

 

Col suo codino e la barba da ZZ-Top, D’Agostino non ha l’apparenza degli altri pesi massimi della politica. I lineamenti del suo corpo asciutto sono cosparsi da tatuaggi, con una grossa croce che gli ricopre la schiena. La maggior parte delle sue dita sono appesantite da grossi anelli d’argento, alcuni a forma di teschi.

 

Ma il cocktail di contenuti messi insieme da Dagospia – un mix inebriante di scandali politici, gossip di celebrità e pornografia softcore – è diventato una lettura obbligata per l’élite italiana.

 

 

“Dagospia è uno strumento insostituibile per la classe dirigente, senza il quale non potrebbero vivere,” ha scritto Filippo Ceccarelli, storico cronista politico del quotidiano La Repubblica. “Sono un giornalista e lo consulto almeno due volte al giorno. Se fossi un banchiere o un politico probabilmente lo consulterei ancora più spesso.”

 

D’Agostino conduce le sue operazioni dal terzo piano di casa sua, che condivide con la seconda moglie Anna Federici, figlia di un magnate delle costruzioni e sostenitrice finanziaria dell’impresa, e con i loro due Labrador.

 

Chi entra nell’appartamento viene accolto da un crocifisso gigante di Damien Hirst – un’opera intitolata “Le ferite di Cristo”, composta da frammenti di un’autopsia di un uomo con le mani e i piedi bucati.

 

L’unione tra sesso, religione e politica è uno dei temi ricorrenti nella vita personale e professionale di D’Agostino. La sua eccentricità – e quella di Dagospia – viene pienamente incarnata dall’abitazione della coppia.

 

Su uno dei balconi, con vista sul Tevere, imperano due statue a misura d’uomo: una di Mao Tse Tung e un’altra, dorata, di Silvio Berlusconi. Nei tre piani della loro abitazione sono esposte reliquie religiose, sculture falliche di varie dimensioni, e diversi ritratti del vecchio Leader cinese.

 

 

Il sito Dagospia – il nome è una sincrasi tra il suo nome e la parola “spia” – è stato lanciato a maggio del 2000. Lo fece quando la sua rubrica settimanale sull’Espresso fu cancellata per un articolo in cui sosteneva che l’allora AD di Prada, Patrizio Bertelli, aveva detto che Gianni Agnelli portava “sfiga”. Cosa che in Italia è considerata un insulto.

 

Il successo iniziale del sito nasce anche grazie alle notizie che riceveva da Francesco Cossiga, l’ex primo ministro e presidente della Repubblica. Fino alla sua morte, avvenuta nel 2010, Cossiga fu una fonte importante di esclusive succose sull’establishment politico e finanziario.

 

Ceccarelli attribuisce il successo di Dagospia a due fattori principali: è stata una delle prime testate in Italia a saper cogliere il potenziale della rete e è stato anche il primo a comprendere che il web avrebbe rappresentato uno spazio ‘visivo’ post-ideologico.

 

 

“Dagospia è un media da osservare più che da leggere,” ha detto sempre Ceccarelli, che ha scritto la prefazione di uno dei libri di D’Agostino.

 

Negli anni, Roberto D’Agostino è riuscito a creare un brand e a costruirsi intorno un impero mediatico personale. Ha uno suo programma sulla tv satellitare Sky, è stato co-autore di due libri fotografici sulla classe dirigente italiana, ritraendola al loro peggio in matrimoni, ristoranti, riunioni politiche e feste. Di recente ha anche tenuto una lectio magistralis all’Università di Roma La Sapienza.

 

Fino al 2012, D’Agostino ha lavorato in stretta collaborazione con Umberto Pizzi, uno dei più noti paparazzi e coautore dei suoi libri fotografici. Le loro strade si sono separate quando Mario Monti è diventato primo ministro, lasciando Pizzi nella disperazione, convinto che l’età dell’oro della dissolutezza politica fosse giunta al termine.

 

 

“Solo a guardarlo Monti, ci si annoia, non è rimasto più nulla da ritrarre, è finita un’era” disse Pizzi al settimanale Panorama.

 

 

I lettori, specialmente quelli romani, vanno diverse volte al giorno sulla homepage del sito per leggere quello che gli altri giornali non vogliono scrivere (o non possono permettersi di farlo). Sono spesso gli stessi politici a fare da fonti, nella speranza di venire risparmiati in futuro dall’essere al centro di rivelazioni sul sito.

  

Le storie che vengono pubblicate vanno da racconti da fonti anonime su come il presidente francese Emmanuel Macron volesse che il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan fosse il prossimo presidente dell’Eurogruppo a rumor su come il Papa si sia organizzato una propria agenzia di servizi segreti all’interno del Vaticano.

 

 

Dal punto di vista di D’Agostino, l’Italia è governata da “potenti burocrati” che manovrano  ministri e politici eletti da dietro le quinte. E il risultato finale è che l’Italia resta, come poi è sempre stata, un paese feudale.

 

 

“In un paese serio Dagospia non esisterebbe, ma in Italia le notizie vengono sepolte” ha detto una volta D’Agostino.

 

“Siamo l’unico mezzo d’informazione libero, la maggior parte degli organi di stampa del paese sono posseduti dalla classe dirigente, con l’unico scopo di prevenire strategicamente la pubblicazione di notizie su di loro.”  

 

 

I politici temono i titoli di Dagospia così come i soprannomi che gli vengono appioppati dal suo direttore – utilizzandoli ripetutamente finché non attecchiscono nella memoria collettiva. Berlusconi è il “cainano”, l’altro ex primo ministro Matteo Renzi è divenuto il “ducetto di Rignano.”

 

 

“Queste prossime elezioni vedranno il ritorno di Berlusconi, che, a differenza di Renzi, non si è mai comportato in maniera arrogante. Ha distrutto il paese per curare i suoi interessi personali, ma l’Italia non ha mai avuto una vera identità nazionale e perciò nessuno se ne ricorda”.

 

“Matteo Renzi ha perso il posto perché non voleva scendere a compromessi con i ‘poteri forti’ e a causa della sua arroganza. Il suo peccato mortale è stato quello di credere di poter sbarcare nella capitale, mettere i suoi uomini nei posti di comando, e governare.”

 

“Quando i romani conquistarono la Palestina, misero Erode a governare, ed era un palestinese. Renzi invece ha voluto piazzare i suoi nei punti chiave del Paese, e ha perso.”

 

 

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