Palazzi & potere
IAI - Immigrazione, l’Ue sotto Opa populista cerca soluzioni

La crisi dei rifugiati è un cubo di Rubik di cui nessuno ha ancora trovato la soluzione: accoglienza, asilo, redistribuzione, rimpatri, controllo delle frontiere esterne, accordi con i Paesi Terzi costituiscono le sei facce che le Istituzioni e i Paesi dell’Ue non riescono ancora ad armonizzare.
Negli ultimi mesi, ricerche e progetti dell’Istituto Affari Internazionali hanno analizzato cause e prospettive del fenomeno migratorio e i possibili collegamenti fra i suoi diversi aspetti: dai dissensi tra chi vuole erigere muri e chi pratica l’accoglienza alla riforma del diritto d'asilo (che dovrebbe concretizzarsi entro giugno 2017), dal conferimento all’Ue del controllo delle frontiere agli accordi già conclusi con la Turchia – con i suoi impatti politici e umanitari e le conseguenze per Grecia e Italia – o in fase di negoziato con Paesi di provenienza, come il Niger, o di transito, come la Libia.
Di tutto il lavoro fatto dallo IAI, si trova traccia sul sito dell’Istituto, www.iai.it. Molto materiale si trova pure sullo speciale del webzine AffarInternazionali.it MOvER – Migration in Europe - http://www.
Il tema dell’immigrazione s’annuncia cruciale, in un anno che si apre con una sorta di Opa pupulista sull’Unione europea, con l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump il 20 gennaio e la serie di voti politici in molti grandi Paesi europei, forse Italia compresa. L’avanzata dell’anti-politica dall’Ue agli Usa ravviva gli interrogativi su una ‘crisi strutturale’ della democrazia rappresentativa in tutto l’Occidente.
Il sì alla Brexit nel referendum britannico del 23 giugno e l’affermazione di Trump l’8 novembre, due risultati appena attenuati dalla vittoria in Austria - nelle presidenziali del 4 dicembre -dell’europeista verde Alexander van der Bellen, lasciano temere successi dei movimenti populisti e nazionalisti, xenofobi e anti-Islam, euro-scettici ed anti-euro, nella raffica di elezioni nell’Unione dei prossimi nove mesi.
Va pure ricordato che le crisi del Mondo, di cui Papa Francesco ha fatto un’agghiacciante sintesi, benedicendo l’umanità a Natale, restano aperte, senza una data di scadenza: Siria e Iraq, Yemen e Afghanistan, le ricorrenti tensioni mediorientali tra israeliani e palestinesi, la Libia e l’arco dell’integralismo a sud del Sahara, la Corea del Nord; e, ovunque e sempre, l’Idra dalle cento teste della minaccia terroristica. Tutte ombre con cui dovremo convivere ancora nel Nuovo Anno.
La carrellata d’appuntamenti elettorali è eccezionale: il 2017 dell’Ue appare un percorso a ostacoli. A gennaio, il 22 e 29, ci sono le primarie della sinistra francese in vista delle elezioni presidenziali; il 15 marzo, si vota in Olanda; il 26 marzo nella Saar in Germania; il 23 aprile, c’è il primo turno delle presidenziali francesi; il 7 maggio, il ballottaggio francese e si vota nello Schleswig-Holstein ancora in Germania; il 14 maggio, si vota nella Renania del Nord – Westfalia, sempre in Germania; e, infine, il 24 settembre ci sono le politiche tedesche.
A questi appuntamenti, potrebbero ancora aggiungersi le politiche italiane. E restano da definire tempi d’avvio e ritmi del negoziato sulla Brexit, che, a oltre sei mesi dal referendum britannico, rimane un’incognita: una spada di Damocle sul capo dell’Unione e della Gran Bretagna.
Dal dibattito fra europeisti, emerge che chi ancora ci crede deve unire le energie per salvare e rilanciare il progetto d’integrazione, che, nato oltre settant’anni or sono nelle tenebre più profonde della Seconda Guerra Mondiale, celebrerà a Roma il 25 marzo 2017 il 60° anniversario della firma dei Trattati istitutivi delle tre iniziali Comunità europee.
C’è poco da sperare che i leader dei Grandi dell’Unione abbiano colpi d’ala europei in un contesto di sfide nazionali incerte e aperte com’è quello del 2017. Tanto più che le presidenze di turno del Consiglio dell’Ue sono sulla carta deboli: Malta nel primo semestre e l’Estonia nel secondo, due piccoli Paesi, entrambi esordienti nel ruolo.
Eppure, sarebbe l’ora d’aprire viottoli di speranza e ambizione tra le rovine di un’Unione sbriciolata nei suoi valori fondamentali - lo Stato di diritto e la solidarietà - e marginale nelle crisi mondiali, anche sull’uscio di casa, come la vicenda siriana dimostra.
Bisogna ridare ai cittadini il senso d’utilità di un progetto e l’orgoglio di appartenervi. E bisogna rispondere alle domande dei cittadini con azioni federali: gestire il flusso dei migranti e la riforma del diritto d’asilo che diventi europeo; concedere ai migranti che ne hanno diritto la cittadinanza europea piuttosto che quelle nazionali; e, ancora, affidare il controllo delle frontiere esterne all’Unione, neutralizzando le reciproche diffidenze; accelerare la promozione e la creazione d’una difesa europea, sfruttando come opportunità le sfide lanciate da Trump ancor prima d’insediarsi.
Infine, dare all’Europa una voce unica e forte nei consessi internazionali, dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu al Fondo monetario internazionale, dal G8 al G20. E migliorare la conoscenza di quanto esiste, estendendo la pratica dell’Erasmus a licei e realtà professionali – un ‘Erasmus dei giornalisti’ contribuirebbe, ad esempio, a un’informazione senza frontiere e senza pregiudizi -.
Giampiero Gramaglia