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Politica

Pd: gli odi di marzo

Giuseppe Vatinno

Le continue tensioni nel Pd

La continua diatriba che vede protagonista il Pd di Renzi e l’ala scissionista è indicativa della progressiva caduta del saggio di considerazione che hanno i partiti politici per lo Stato.

Beghe di bottega, affari personali, antipatie ad personam stanno dominando la scena da anni e sono il frutto avvelenato di un bipolarismo leaderistico che ha condotto all’attuale situazione di estremo degrado.

Non passa infatti giorno che ci sia una polemica all’interno di quello che è ancora il maggiore partito di maggioranza relativa che regge l’attuale governo e cioè il Partito Democratico.

In queste dinamiche ci sono poi chi cerca di sfruttare la crisi in senso maoista (“Molta confusione sotto il cielo situazione propizia”) per lucrare vantaggi esclusivamente personali.

Da qui le mozioni e le mozioncine generate e create solo per avere qualche peso nel partito pur sapendo che mai riusciranno a raggiungere la vittoria.

Questa è la dinamica democratica e occorre accettarla anche se almeno bisogna criticarla.

Ogni fatto esterno è strumentalizzato a fini interni (e qui ci si potrebbe forse anche stare) ma non solo. Come detto è strumentalizzato a fini personalistici e cioè di gestione del potere per il potere senza più alcun nesso logico e politico con la situazione contingente.

È il caso ad esempio dei candidati di “minoranza” Emiliano e Orlando. Il primo ha “cianghettato” brutalmente gli ex amici Speranza e Rossi fingendo una fuoriuscita che poi non c’è stata al solo scopo di avere il campo d’azione libero dentro il partito mentre il secondo, da ministro della Giustizia, vuole condurre una strumentale opposizione a Renzi dopo che lo stesso Renzi lo ha confermato in un importante ruolo ministeriale e dopo la prima nomina di Letta Nipote all’ambiente.

Tra l’altro, Orlando era quello del “se serve la mia candidatura per evitare la scissione mi candido”. La scissione c’è stata e la candidatura pure.

(cfr.: http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2017/02/20/orlando-fossi-sicuro-che-mia-candidatura-evitasse-scissione-sarei-gia-candidato_fFF8FrcE1eEksqsXM5x6TI.html)

Ingratitudine e idi di marzo?

Forse.

Ma il Pd non può permettersi questi rituali carsici che erano usuali nei deprecati nella tanto vituperata Prima Repubblica dalla Democrazia Cristiana.

Nel frattempo i cosiddetti “scissionisti” in piena verve da Rivoluzione Francese, attaccano gli ex amici come Lotti a soli fini strumentali per “farla pagare”.

A questo si è dunque ridotto il partito che fu il Pci e la Dc (seppur nella componente minoritaria della sua sinistra)?

È ammissibile abdicare agli ideali di una “buona politica” di una politica “diversa” ai fini della sola gestione della crazia?

Ed allora, populismo per populismo, perché non votare l’originale e cioè Beppe Grillo che tra l’altro dà maggiori garanzie di veridicità schietta e campagnola rispetto ai finti intellettuali alla moda che abitano comunque gli attici dei centri storici e festeggiano a champagne e caviale?

Se non si comprendono queste dinamiche che tra l’altro sono mondiali e non solo italiane non si capirà mai perché la massa degli elettori sia divenuta “populista” ed abbia votato Trump come Presidente degli Usa.