E’ vero che è stato il leader della Lega Matteo Salvini a gettare il sasso nello stagno e a parlare di governo ponte, in una sorta di inaspettata inversione dei ruoli con Forza Italia, da sempre più dialogante. Così come è vero che Giorgia Meloni, da madrina del patto anti-inciucio, è condannata comunque a fare da cane da guardia e a bacchettare i suoi alleati, a volte inclini ad uscire dal perimetro del centrodestra. Ma detto questo, “da qui a ipotizzare abboccamenti, fuori dalla normale dialettica politica, tra Matteo Salvini e Matteo Renzi - racconta ad Affari un insider del Carroccio - ce ne passa”. Sempre in ambienti Lega, c'è poi chi evidenzia come, in realtà, ogni ipotesi di maggioranze alternative costituite dal centrodestra con l’innesto dei renziani sia “una sorta di diversivo, uno dei rumors messi in giro ad arte per creare confusione”. Come a dire, insomma, che se Matteo Renzi stesse anche solo accarezzando un’idea del genere, troverebbe le porte sbarrate. E, in effetti, uno scenario del genere è inimmaginabile. Fratelli d’Italia, d’altronde, è stata sempre chiara su questo.
“La via maestra - ripetono in ambienti leghisti - è il voto”. Seppure ad una exit strategy, a un piano alternativo ci pensano: “I numeri - è questo il ragionamento - dicono che un’altra possibilità sarebbe un governo a guida centrodestra sostenuto da persone di buona volontà ma senza inciuci, senza Pd e senza Renzi”. Parole che non contraddicono la linea emersa oggi dalla segreteria politica riunita da Salvini e che si traduce in “nessuno sconto al governo e massimo impegno per proporre ricette costruttive per salvare l’Italia”. “Prima tolgono il disturbo Renzi, Conte e il Pd - avrebbe rimarcato il segretario - e meglio è. Il centrodestra è compatto ed è un’alternativa pronta a governare e aiutare l’Italia”.
Il problema, però, restano i numeri, soprattutto alla Camera dove i partiti di opposizione contano rispettivamente 91 deputati Forza Italia, 33 FdI e 130 la Lega, oltre ai 12 deputati di Noi con l’Italia-Usei- Cambiamo-Alleanza di centro. Ben lontani dal raggiungere almeno la soglia minima di 316 parlamentari. Ma allora, se la Lega non guarda a Iv e né tantomeno al Pd, a cosa punterebbe? Beh, intanto il vertice di centrodestra che si è svolto giovedì scorso già insegna qualcosa: a quella riunione, infatti, hanno preso parte pure Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi e Giovanni Toti. E’ stato un vertice all’insegna di un maggiore coordinamento. Funzionale, è vero, a garantire un’opposizione più coesa. Ma chissà se non a cementare anche tassello dopo tassello, una futura maggioranza. Pure perché, è questo dalle parti della Lega lo sanno bene, ci sono sempre gli scontenti del Movimento cinque stelle. Basta guardare a votazioni d’Aula importanti quali il decreto Sicurezza della scorsa settimana o la risoluzione sulla riforma del Mes per scorgerne il malcontento. Alla Camera, dove i numeri a favore dell’attuale governo sono più solidi, intanto sul decreto Sicurezza si sono registrate, solo tra le fila M5s, tre astensioni e tre voti contrari. A cui vanno sommati, poi, i 15 no e 6 astenuti del gruppo Misto. E che dire del tanto odiato Mes? In questo caso, in effetti, la fronda pentastellata si allarga: a votare contro la risoluzione di maggioranza sono stati in 13, a cui bisogna aggiungere anche i 9 deputati che non hanno partecipato al voto. Insomma, se crisi sarà, forse stavolta a via Bellerio ci hanno visto giusto. Almeno nel non sbarrare la strada apriori a eventuali nuove maggioranze parlamentari.
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