Politica
Meloni lavora a colloqui in Vaticano tra Putin e Zelensky. Il piano della premier (Trump d'accordo) che mette a tacere Macron e le opposizioni
Il ruolo chiave della Santa Sede che non fa parte della CPI

Giorgia Meloni - foto Lapresse
Italia e premier protagonisti sulla scena internazionale
Un ruolo di primissimo piano. Un ruolo chiave a livello mondiale. Giorgia Meloni sta lavorando in queste ore per organizzare nel più breve tempo possibile colloqui di pace a Roma, in Vaticano, tra la Russia e l'Ucraina con la mediazione degli Stati Uniti d'America, e in particolare del cattolico vice-presidente JD Vance, guidati e diretti dall'Unione europea e in particolare dal governo italiano, ovvero dalla stessa presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.
"Meloni costruttrice di ponti", aveva detto il numero due della Casa Bianca dopo il trilaterale a Palazzo Chigi di domenica con la premier e Ursula von der Leyen. Ed è proprio ciò che sta accadendo. Papa Leone XIV ha offerto la Santa Sede come luogo per il dialogo e il confronto per arrivare almeno a un cessate il fuoco e lo stesso Pontefice ha incontrato negli ultimi giorni oltre a Vance anche la leader di Fratelli d'Italia, che sta seriamente e con riservatezza lavorando a questa soluzione. Come sempre ben consigliata dalla sorella Arianna, alla guida del partito di maggioranza relativa.
Donald Trump ha dato immediatamente il suo via libera affermando che colloqui in Vaticano è un'idea "fantastica" e il Cremlino, pur senza sbilanciarsi, non ha assolutamente detto di no e, anzi, dopo il colloquio telefonico di ieri di due ore con il presidente Usa, lo zar russo si è detto pronto a far cessare il conflitto. Un trionfo innegabile per la leader di Fratelli d'Italia che ha lavorato a questa soluzione in strettissimo rapporto anche con il neo-cancelliere tedesco Friedrich Merz, cattolico e incontrato sempre a Palazzo Chigi sabato scorso.
Una mossa quella di Meloni che mette in ombra l'attivismo bellicista (e "guerrafondaio" per usare le parole di Matteo Salvini) di Emmanuel Macron, presidente francese sempre più debole in patria e isolato a livello internazionale che solo fino a pochi giorni fa parlava ancora di estendere l'ombrello nucleare di Parigi agli altri Paesi dell'Unione europea, facendo ovviamente irrigidire Mosca.
Meloni, al contrario, senza sbandierare foto inutili di volenterosi al tavolo con Zelensky (vertici finora del tutto inconcludenti voluti proprio da Macron e dal primo ministro britannico Keir Starmer, anche lui ai minimi nei sondaggi nel Regno Unito), ha lavorato nel silenzio e con pragmatismo tenendo unita l'Unione europea e gli Stati Uniti puntando sul rapporto speciale che Trump ha con il presidente russo (un viatico anche per la futura trattativa sui dazi). E i risultati stanno arrivando.
Il ruolo del Vaticano è fondamentale perché la Santa Sede non facendo parte della Corte Penale Internazionale potrebbe ospitare anche Putin senza che venga arrestato, come da mandato internazionale. Una garanzia per l'uomo forte del Cremlino e una strategia quella della premier che, se non subentrano problemi o colpi di scena, potrebbe portare Roma e l'Italia al centro del mondo con un accordo prima per il cessate il fuoco e poi per una pace, con negoziati certo non facili (nessuno si illude che sia una passeggiata), tra Mosca e Kiev con la supervisione certamente di Trump, grazie alla presidente del Consiglio, ma con un ruolo chiave e fondamentale proprio di Meloni.
Il tutto con buona pace del povero "guerrafondaio" e "rancoroso invidioso Macron" (parole di fonti di FdI) e con le opposizioni, Elly Schlein e Giuseppe Conte, messa a tacere con i loro sproloqui sempre uguali e quella litania anti-italiana sul ruolo marginale (che così non è affatto) del nostro Paese.
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