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Guerra, Italia ininfluente. Ecco perché Draghi e Di Maio non contano niente
Mario Draghi e Luigi di Maio 

Guerra, Italia ininfluente. Pesano i legami con Putin di Berlusconi, Salvini e 5 Stelle


Italia grande assente sul piano europeo e internazionale. Non c'è niente da fare, passano i giorni, la guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina non si ferma e il nostro Paese resta ai margini dei fragili tentativi diplomatici per fermare il conflitto. Già l'Unione europea non ha certo una grande influenza e le speranze di trovare almeno un'intesa sul cessate il fuoco sono riposte principalmente nella Cina di Xi Jinping, alleato di Mosca che teme soprattutto le conseguenze economiche della guerra. I principali attori sono poi il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il primo ministro di Israele Naftali Bennett.

Quando Joe Biden parla di Europa (oltre ovviamente allo storico asse con il Regno Unito guidato da Boris Johnson) cita sempre Francia e Germania o, in alternativa, i Paesi del fronte orientale della NATO come Polonia, Repubbliche Baltiche o Romania. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha chiuso la sua tournée in Europa con un bilaterale all'Eliseo, incontrando la controparte francese Jean Yves Le Drian e il presidente Emmanuel Macron.

In precedenza il capo di Stato transalpino aveva avuto una chiamata a tre senza precedenti con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente cinese Xi Jinping, nel tentativo di allontanare Pechino da Mosca. Xi aveva invitato alla moderazione, appoggiando i tentativi franco-tedeschi di raggiungere un cessate il fuoco in Ucraina e garantire ai civili l'accesso agli aiuti umanitari.

E l'Italia? Zero. Di Mario Draghi, l'autorevole presidente del Consiglio che secondo i partiti della maggioranza avrebbe dovuto prendere in mano l'Unione europea dopo l'uscita di scena di Angela Merkel, non c'è traccia sulla stampa internazionale. Stesso discorso per Luigi Di Maio, ministro degli Esteri assente dai tavoli che contano davvero per fermare la sanguinosa guerra in Ucraina.

Ma qual è il motivo di questa assoluta marginalità dell'Italia? Negli Stati Uniti sanno perfettamente che i due principali partiti della maggioranza, almeno a livello di numeri in Parlamento, M5S e Lega, hanno un passato filo-Putin. Matteo Salvini, reduce dall'"incidente" di immagine nel suo viaggio in Polonia, ha incontrato zar Vladimir due volte: la prima a ottobre 2014, quando il segretario del Carroccio aveva incontrato il presidente russo al margine del vertice Asia-Europa (Asem), tenutosi a Milano il 16-17 ottobre.

Poi il 4 luglio 2019, meno di tre anni fa, Putin è stato in visita a Roma e qui ha incontrato l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i due vicepresidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ma il problema di affidabilità per Washington non è solo la Lega, ma anche i grillini. Alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato non hanno certo dimenticato quando l'attuale sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, molto vicino al titolare della Farnesina, nel 2016 andava a Mosca al congresso del partito di Putin, Russia Unita, dichiarando che "in Ucraina c'è stato un golpe dell'Ue e della Nato" (il riferimento è alla cosiddetta rivoluzione di piazza Maidan, a Kiev, che portò all'uscita di scena del presidente ucraino filo-russo Viktor Yanukovich).

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