Politica
Via della Seta, bluff per l’Italia. Il fallimento di Conte e Di Maio
Meloni: "Non ha funzionato"
Meloni: “la via della seta non ha funzionato”. La misura voluta da Di Maio e Conte si è rivelata un bluff per l’Italia
La “Via della Seta”, cioè l’accordo privilegiato tra Italia e Cina siglato il 23 marzo 2019, è stata lasciata perché: “non ha dato i risultati attesi".
Così Giorgia Meloni ieri ad Artigiano Fiera, a Milano, presente il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Poche ore dopo è ad Asti e si ripete, convinta che: "si debbano comunque mantenere e migliorare rapporti di cooperazione commerciale ed economica con la Cina".
La Via della Seta dunque è lasciata alle manie di grandezza di Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, quando calcavano le orme polverose di Marco Polo e di Cristoforo Colombo, con Donald Trump che chiamava “Giuseppi” il premier che tentava un po’ di luce riflessa internazionale.
Conte da definito un “autogol” l’uscita dell’Italia ma le Meloni gli chiede di
“spiegare perché siamo l'unica nazione che ha aderito alla Via della Seta ma non quella che ha gli interscambi maggiori con la Cina, neanche tra le economie europee". Il solito Davide Faraone cerca di seminare zizzania nel centro – destra:
"È importante capire cosa ne pensi anche la Lega, ormai in disaccordo quasi su tutto rispetto alla premier e a FI". Tuttavia, come scritto anche ieri, la Meloni e Salvini hanno fatto capire che “non c’è trippa per gatti”:
Concetto peraltro ribadito anche ieri dopo l’incontro con Matteo Salvini a Milano per un pranzo solidale, insieme al sindaco Giuseppe Sala, prima di andare alla Scala:
"Si può far parte di famiglie politiche europee differenti e governare molto bene in Italia e, dico di più, provare a governare insieme con un'Ue diversa dopo le prossime elezioni europee".
Ma torniamo alla Cina. Antonio Tajani ha dichiarato:
"non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro. Adesso vediamo come rafforzare il rapporto con la Cina ma già stiamo lavorando tanto con loro, c'è un partenariato strategico. Pochi giorni fa è stata in Cina la ministra Bernini, prima c'era stata la mia visita. Non c'è nulla di negativo nei confronti della Cina. Procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti".
L’Italia era stato l’unico Paese del G7 ad aderire al fallimentare accordo con Pechino. Noi ci vincolavamo come Paese a rapporti capestro con il Celeste Impero mentre, come al solito, Germania e Francia facevano affari.
Il commento di Conte dimostra ancora una volta a quale pericolo sia scampata l’Italia sotto la sua guida, che peraltro aveva un alleato prezioso, il Covid:
"è una decisione che si giustifica solo per ragioni ideologiche, fatta per compiacere altri che non sono le imprese italiane. Stiamo imparando a conoscere bene questo sovranismo in versione meloniana: supino con la tecnoburocrazia di Bruxelles e pronto a inchinarsi e non a dialogare alla pari con i nostri alleati. Meloni e il Governo chiedano alle nostre imprese cosa pensano in proposito. Non possono essere certo contente di una mossa che riporta all'anno zero le relazioni commerciali tra il nostro Paese e la Cina, e che rischia di affossare il potenziale allargamento del mercato italiano e delle sue eccellenze".
Come si vede, l’ex premier fa demagogia ma non parla del fatto che Germania e Francia hanno fatto affari molto superiori a quelli dell’Italia che pur aveva aderito al trattato sòla.