Ungheria, Serbia e...Francia? La guerra in Ucraina premia filorussi-sovranisti

Altro che Europa unita anti Mosca: le urne premiano due leader vicini a Putin. E Marine Le Pen sogna la rimonta ai danni di Macron

di Lorenzo Lamperti
Esteri

La guerra in Ucraina non punisce i filorussi. Anzi, Orban e Vucic trionfano alle elezioni in Ungheria e Serbia

Primo avviso ai naviganti: creare coalizioni a tavolino più simili ad accozzaglie che a vere e proprie alleanze per provare a sconfiggere l'avversario criticato per tendenze autoritarie non porta a risultati concreti. Secondo avviso ai naviganti: la guerra in Ucraina non ha portato l'Europa a diventare un blocco unico anti Russia come in molti pensavano. Anzi, alla prima prova elettorale post invasione si registra una doppia vittoria di leader con tendenze autoritarie e non certo ostili al Cremlino, compreso il capo che vi siede all'interno, Vladimir Putin.

Viktor Orban e Alksandar Vucic hanno vinto, per alcuni stravinto, le elezioni svoltesi ieri in Ungheria e in Serbia. Eppure per la prima volta, in particolare in Ungheria, si prevedeva qualche difficoltà per il piccolo zar. Anzi, la grande grandissima coalizione di opposizione che andava dalla sinistra all'estrema destra sognava la vittoria. Così, non è stato. ''Congratulazioni a Viktor Orbán per la straordinaria vittoria. Per batterlo non è bastata nemmeno un'accozzaglia elettorale che ha tenuto insieme tutta la sinistra e l'estrema destra (per l'occasione stranamente considerata presentabile)". Questa la sentenza di Giorgia Meloni, che poi si spinge però a immaginarsi una Budapest filoeuropea. "È interesse dell'Europa riappassionare gli ungheresi alla causa comune e chiudere spazi alle ingerenze di Russia e Cina, ma per farlo Bruxelles deve innanzitutto rispettare la loro volontà".

La realtà però dice che Orban ha vinto le elezioni dicendo di aver sconfitto tutti. E tra gli sconfitti inserisce anche la stessa Europa e Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino col quale i rapporti (per usare un eufemismo) non sono certo idilliaci. Orban ha citato anche "imponenti centri di potere internazionali", tra cui "le élites burocratiche" dell'Unione europea, il finanziere George Soros, i media di mezzo mondo che come il presidente ucraino l'hanno accusato di essere "l'ultimo in Europa a sostenere ancora Vladimir Putin".

Elezioni Ungheria, Orban vince proponendo neutralità sulla guerra in Ucraina

Lui non rinnega la tradizionale intesa con Mosca e porta a casa una vittoria netta ottenuta grazie al 53,1% dei voti per il suo partito, Fidesz. L'alleanza delle opposizioni guidate da Peter Maki-Zay si sono fermate al 35% con l'estrema destra ferma al 6,3%. I sondaggi della vigilia ipotizzavano una contesa ben più incerta, ma il partito nazional-conservatore di Orban ha ottenuto comodamente i due terzi del parlamento. L'opposizione, come da tradizione, resta forte solo a Budapest. Al di fuori della capitale, Orban riesce a parlare meglio di chiunque altro agli ungheresi.

La maggioranza parlamentare di Orban sarà immensa per il suo quinto mandato con 135 dei 199 seggi disponibili. Per questo si prevede un'ulteriore rafforzamento del suo sistema di potere già cementato durante quattro mandati fatti di diverse strette su diritti e centri di opposizione (anche nei media) e tante polemiche, soprattutto dall'esterno. Chi pensava che l'amicizia con Putin potesse punire Orban ha preso una grossa cantonata. Anzi, Orban ha conquistato l'elettorato promettendo "neutralità", con il no alla fornitura di rmi per l'Ucraina e un prolungato silenzio su Putin.

Orban ha di fatto convinto gli ungheresi che l'opposizione avrebbe trascinato il paese verso il conflitto, alzando il rischio esterno per la sua ostilità nei confronti della Russia. Ma gli ungheresi sono convinti come Orban che quella in corso non sia la guerra dell'Ungheria, che peraltro riceve l'85% dell'approvvigionamento di gas interamente da Mosca.

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Elezioni Serbia, così ha vinto il filorusso Vucic

Lo stesso modello è risultato vincente anche in Serbia, dove il presidente della Repubblica, Aleksandar Vucic, ha ottenuto nelle elezioni presidenziali il 58,8 per cento dei voti. Una vittoria a dir poco schiacciante. Basti pensare che il secondo classificato, il generale in pensione Zdravko Ponos candidato col centrosinistra, ha ottenuto il 18,1 per cento dei voti. Oltre il 40 per cento in meno di Vucic. Un abisso. Anche alle elezioni parlamentari è stato un trionfo per Vucic, con il suo partito del progresso serbo che ha totalizzato il 43,45% dei voti e 122 seggi in parlamento sul totale di 250. Al secondo posto ma lontanissimo il cartello di opposizione Uniti per la vittoria della Serbia con il 13,07% e 36 seggi, seguito dal Partito socialista serbo (Sps) del capo del parlamento ed ex ministro degli esteri Ivica Dacic che ottiene l'11,68% e 32 seggi.

Anche qui l'opposizione riteneva di poter insidiare Vucic, viste le proteste di massa che avevano caratterizzato gli scorsi mesi. Proteste anti Vucic che evidentemente non si sono incanalate nella preferenza per una forza politica precisa e che soprattutto non hanno intaccato i favori di cui il presidente e il suo partito godono. Anche Vucic è una figura considerata vicina alla Russia e alla Cina, ma anche qui la sua vicinanza al Cremlino non lo ha danneggiato. 

Anche l'alta affluenza, molto più alta rispetto alla scorsa tornata, faceva immaginare una contesa più equilibrata. Così non è stato. Come accaduto in Ungheria, Vucic ha fatto valere la sua "neutralità", dietro la quale si nasconde un sostegno sostanziale alla Russia. 

Elezioni Francia, Marine Le Pen in rimonta su Macron

Attenzione anche a quanto accade in Francia. La sovranista Marine Le Pen è in forte rimonta. Tutti la davano già per spacciata, anche per il suo rapporto privilegiato con Putin e Russia Unita. E invece ora si ritrova molto vicina a Emmanuel Macron. Secondo l'ultima rilevazione di BVA per Orange e RTL il capo dello Stato raccoglie il 27% delle intenzioni di voto (-1 punto in una settimana), mentre la candidata di Rn (Rassemblement National) il 21% (+2 punti), ancora avanti rispetto a Jean-Luc Melenchon (15,5%, +1 punto).

Al secondo turno Emmanuel Macron vincerebbe con il 54,5% delle intenzioni di voto (45,5% per Le Pen), in calo di 1,5 punti in una settimana. Cifre che iniziano a preoccupare l'entourage del presidente. Le Pen continua intanto a giocarsi una terza via sulla guerra. Da una parte parla di "crimini di guerra" su Bucha, dall'altra sostiene che si debba evitare a ogni costo lo stop dell'approvvigionamento di gas russo.

Macron resta favorito, ma come spesso accade le urne raccontano una storia diversa da quella di cui ci si autovconvince.

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