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L'avvocato del cuore
Genitori che litigano (e si spintonano): quali conseguenze sui figli?

Gentile Avvocato, io e mio marito ci stiamo separando. Ultimamente litighiamo spesso e, qualche volta, è successo anche in presenza di nostro figlio Andrea di 5 anni. L’altro giorno ci siamo anche spintonati. Sono preoccupata perché le maestre mi hanno detto che Andrea è sempre con la testa tra le nuvole e non socializza più con i suoi amichetti. Sto sbagliando qualcosa?

Quando si parla di maltrattamento sui minori si pensa immediatamente alla violenza fisica, all’abuso sessuale, lasciando fuori un gran numero di comportamenti che, al pari della violenza fisica, causano danni alla salute e allo sviluppo del bambino.

Per esempio, alcune forme di violenza psicologica non sono ancora del tutto percepite come vere e proprie violenze, soprattutto quando sì tratta di comportamenti dei genitori, trasversali alla popolazione, e/o di comportamenti che sono messi in atto senza la percezione del rischio psicologico sui figli.

Una forma di violenza psicologica sulla quale si è posta l’attenzione soltanto recentemente, ma che ha delle grandi ripercussioni psicologiche sui figli, è la violenza assistita.

Il minore in questi casi non è oggetto diretto della violenza, ma ne è testimone; è costretto ad assistere a episodi di violenza fisica, o anche solo verbale, con conseguenze gravissime sia psicologiche sia emotive.

Questo scenario al quale il bambino è continuamente sottoposto rende le mura domestiche un triste teatro di violenze e, così, quello che dovrebbe essere un porto sicuro, finisce per diventare il luogo dove regnano paure e sofferenze.

I genitori pensano “tanto è piccolo, non capisce”, “non sente”.

Ma così non è. L’esposizione ripetuta del bambino alla violenza, psicologica o fisica che sia, può comportare conseguenze che non vanno sottovalutate, dai ritardi nello sviluppo fisico e cognitivo fino ai disturbi d’ansia. Senza considerare che, in molti casi, il bambino, nell’età adulta, assume gli stessi comportamenti violenti del genitore.

In tal senso, un grande passo in avanti è stato fatto con la sentenza della Corte di Cassazione penale n. 18833 del 2018, con la quale la Cassazione penale ha stabilito che il delitto di maltrattamenti si verifica anche quando i comportamenti violenti coinvolgono “solo” indirettamente i figli minori, involontari spettatori delle liti e degli scontri tra i genitori.

Un’altra forma di violenza psicologica, della quale ancora oggi si sottovalutano le conseguenze, è appunto la forte conflittualità tra i genitori in fase di separazione.

I genitori, immersi nel loro conflitto, non prestano attenzione ai bisogni effettivi e affettivi dei propri figli, i quali, invece, vengono usati come strumento per acquisire maggiore potere nel conflitto e/o per dare sfogo e soddisfazione a sentimenti di rabbia e disagio verso l’altro coniuge.

Il perdurare del conflitto per molto tempo, anche dopo la separazione, è la principale fonte di stress, non solo per la coppia, ma anche, e soprattutto, per i figli, che continuano ad essere coinvolti in dinamiche relazionali e genitoriali disfunzionali.

I bambini percepiscono la situazione conflittuale, ma non sempre hanno gli strumenti per comprenderne le ragioni reali e tendono ad attribuirsi la colpa.

Per gestire il conflitto in maniera cooperativa, i genitori devono elaborare il fallimento del proprio legame, il c.d. “divorzio psichico”, e contemporaneamente devono instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della genitorialità.

Molto spesso, però, questo non accade e la battaglia esce e si protrae anche fuori dalle porte del Tribunale.

In tutti questi casi, i bambini vivono una situazione di disagio, sentono mancanza di protezione e di accudimento, che contrasta con il bisogno di sicurezza e stabilità, proprio di una persona in fase evolutiva. In base ad alcuni studi clinici eseguiti dagli psicoanalisti e dagli psicologi relazionali, è emerso che i bambini che hanno vissuto la separazione conflittuale dei genitori hanno poi avuto, in età adulta, difficoltà a sviluppare relazioni intime e affettive.

Per fornire a questi bambini un aiuto concreto, è necessario imparare a riconoscere tempestivamente i segnali di disagio, senza trascurarli o minimizzarli. Solo grazie all’ascolto, le loro ferite potranno essere sanate.

Troppe volte si sarebbero potuti evitare danni maggiori se solo avessimo ascoltato di più, letto i segnali di sofferenza e fossimo intervenuti prima.

Solo in presenza di uno Stato attento, che sostiene politiche di sostegno e recupero, e di una scuola capace di intervenire su quel lessico violento che alcuni bambini imparano da piccoli, la violenza potrà essere stemperata, fino a scomparire, lasciando spazio ad un sistema di solidarietà e valori.

Nessuno di noi è un’isola. Siamo immersi nella società e condizionati da ciò che ci circonda.

*Studio legale Bernardini de Pace

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