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L'avvocato del cuore
Genitori separati con fedi diverse: chi decide la religione dei figli?

“Gentile Avvocato, sono una mamma separata da circa due anni. Quando ho scoperto che mio marito mi tradiva (e da anni) sono rimasta, a dir poco, sconvolta; affrontare quel difficilissimo periodo per me è stato possibile solo grazie a mio figlio e, soprattutto, alla fede nella religione cattolica, che ho trovato a 38 anni. Prima di allora, infatti, sia io sia mio marito eravamo atei. Oggi vorrei che anche mio figlio diventasse cattolico, ma il padre, rimasto ateo, si oppone. Posso farmi autorizzare da un giudice a battezzare mio figlio e fargli frequentare religione a scuola, oltre che il catechismo? Preciso che mio figlio sarebbe contento all’idea. Grazie dell’aiuto che potrà darmi. Sabrina”

Gentile lettrice, esattamente come Lei e Suo marito, non poche coppie, nelle quali ciascuno è di credenze diverse, quando si separano, si ritrovano a discutere su che religione “impartire” o non impartire ai propri figli. Fare, infatti, una scelta condivisa sull’educazione religiosa da dare ai figli è tutt’altro che semplice e, anzi, spesso il conflitto è inasprito dal fatto che ogni genitore pretende di trasmettere il proprio bagaglio di valori e credenze, religiose o meno.          
E allora, se il conflitto non si risolve in autonomia, che si fa? Come Lei, correttamente, auspica, ci si rivolge al Giudice. Giudice il quale, però, non si limiterà a dare una mera “autorizzazione” formale, ma, prima di decidere, dovrà valutare una serie di circostanze. Ciò in quanto si tratta di una scelta che influisce in modo determinante sulla crescita e la formazione del minore.            
Ecco perché un qualsiasi Giudice, nel prendere provvedimenti sul tema, dovrà considerare, da una parte, i principi sulla religione e sulla famiglia, dall’altra parte, e soprattutto, il principio che rappresenta (o dovrebbe rappresentare) il “faro guida” dei Tribunali: la tutela del superiore interesse del minore.
All’interno di questa “cornice” di principi, la Corte di Cassazione è intervenuta in più occasioni (l’ultima con pronuncia del 30 agosto 2019) sul tema della determinazione dell’educazione religiosa da dare ai figli nei casi di genitori separati.     
Prima di chiarire i suoi dubbi, però, è importante sapere quanto afferma la Costituzione.            
La libertà religiosa è un diritto fondamentale, riconosciuto all’articolo 19, e in virtù del quale, come specifica affermazione del principio di eguaglianza, “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” (art. 8). Accanto a questi principi, vi sono quelli sulla famiglia, preordinata sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e che, soprattutto, costituisce la prima delle “formazioni sociali” nelle quali devono essere riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo.   
A ciascuno di questi diritti del singolo, si lega a “doppio taglio” il diritto-dovere del genitore di istruire ed educare i figli (art. 30, comma 1, Cost.). A “doppio taglio” in quanto, se da un lato i principi sulla libertà religiosa e sull’uguaglianza possono rafforzare il diritto-dovere di istruire ed educare i figli, dall’altro possono limitarlo: l’uguale diritto dell’altro genitore con un credo diverso, infatti, laddove crea un contrasto sulla scelta dell’educazione religiosa da dare ai figli, sfocia a sua volta in un’impasse decisionale. Una paralisi, però, superabile grazie a quanto sancisce ulteriormente la nostra Costituzione: “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” (art. 30, comma 2, Cost.) e, comunque sia, l’adempimento dei compiti relativi alle famiglie va agevolato, anche proteggendo l’infanzia. (art. 31, Cost.).
In attuazione di queste norme costituzionali “programmatiche”, subentrano gli articoli 316, comma 2 e 337-ter del Codice civile, i quali affidano al Giudice - inequivocabilmente - il potere di adottare provvedimenti che diano soluzione al contrasto insorto tra i genitori su questioni di particolare importanza (qual è quella, appunto, dell’educazione religiosa dei figli minori). Nell’esercizio di questo potere, il Giudice deve agire “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” dei figli.               
Quindi, gentile Sabrina, se Lei e Suo marito continuate a litigare sull’educazione - che Lei vuole di religione cattolica mentre Suo marito “di stampo” ateo - da dare a Vostro figlio, è necessario senz’altro l’intervento del Giudice.       
Le dico subito che il giudice, dovendo agire con l’obiettivo di salvaguardare l’interesse superiore di Vostro figlio (e cioè, il diritto di crescere in modo sano ed equilibrato), molto probabilmente disporrà l’ascolto del minore. Un adempimento ormai considerato come “strutturale” del procedimento nel quale verranno prese decisioni che coinvolgono i minori.            
Lei, peraltro, afferma che Suo figlio sarebbe contento di avviare il percorso di fede cattolica, ma sappia che dovrà essere il Giudice, sentendo le opinioni di Suo figlio (raccolte personalmente, tramite un consulente o addirittura i servizi sociali che potrebbero essere incaricati di monitorarVi ove il conflitto tra Voi fosse serio), a valutare se in concreto ciò rientri nel superiore interesse del minore. In altre parole, grazie all’ascolto, il Giudice potrà meglio stabilire se il minore stia subendo o subirebbe un pregiudizio (compromettendosi la propria salute psico-fisica e il proprio sviluppo) dall’essere indirizzato ed educato a un determinato credo.  
Qualora tale accertamento fosse positivo, il Giudice potrebbe prendere persino dei provvedimenti, relativi all’educazione religiosa, “restrittivi” dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori e di esercizio del ruolo educativo. Naturalmente, però, se Suo marito volesse convincere i giudici che abbracciare la fede cattolica rappresenterebbe per Vostro figlio un pregiudizio, dovrebbe dimostrarlo con prove e non basterebbe, per esempio, dire che il bambino ha sempre vissuto con una tradizione atea e adesso sarebbe disorientato o appesantito dal cambiamento.        
In ogni caso, comunque vada, stia tranquilla e certa del fatto che la scelta per i figli, anche in tema di educazione religiosa, non può non tenere conto delle loro inclinazioni e del loro bene. Ed è questo ciò che conta!

*Studio legale Bernardini de Pace

 

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