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Rocca sbrocca
Scuola, trasporti e famiglie il vero triangolo del contagio

La premessa per bloccare le trasmissione del virus  è, come sottolineato da tutti gli esperti,  l’individuazione dell’origine  focolai, e ogni giorno sempre di più,  tutto sembra essere collegato alla disorganizzazione nella gestione di Scuola e Trasporti che alimentano a loro volta i contagi nei nuclei familiari.

Per quanto riguarda la scuola, ahimè, ho sotto gli occhi la gestione del quotidiano seguendo i miei figli. Nella loro scuola, a parte una classe, sono tutti in quarantena fiduciaria e addirittura la direzione ci ha mandato una mail dove si spiega che poiché le asl non rispondono e la scuola non può sostituirsi alle asl, ogni famiglia si dovrà organizzare con il proprio medico di base.

E’ chiaro che  le asl sono state sovraccaricate del problema scuola. I banchi a rotelle, come previsto si sono rilevati inutili ed è stato sottovalutato il potenziale devastante impatto tra il triangolo: famiglie, trasporti, scuola.  Tante volte ho provato ha rilanciare proposte per la ripartenza in sicurezza dell’anno scolastico fondamentale per l’equilibrio dei ragazzi e per l’organizzazione familiare del quotidiano. Si doveva organizzare uno screening di tutti gli studenti e si poteva iniziare con le entrate differenziate. Per ora è una battaglia persa quella del Governo sulla Scuola, ma non sono solo opinioni.  Secondo alcuni dati presentati questa settimana  dal fisico ed ex presidente dell’Agenzia Spaziale italiana Roberto Battiston, il boom di contagi è stato provocato proprio dalla riapertura della scuola e dai movimenti in massa per raggiungere le destinazioni.  Secondo i dati dal 3 ottobre,  e la scuola è ripartita a pieno ritmo poco più di settimana prima della crescita esponenziale,  “i contagi degli studenti sono stati del 265% superiori alla media italiana, cioè tra gli studenti il contagio è stato 2,65 volte più alto che per il resto della popolazione,  mentre i contagi tra i docenti sono stati circa del 200% superiori alla media della popolazione italiana”. Purtroppo la scuola è un focolaio forte e la mascherina e il distanziamento non bastano. Ogni persona, poi,  porta a casa il contagio che si espande nel proprio nucleo familiare.

Per quanto riguarda i trasporti, le foto riportate dai giornali sulla quantità di persone agglomerate in metropolitana o sulle scale mobili,  parlano da sole.  Il distanziamento è molto difficile da realizzare, soprattutto senza un controllo adeguato. Ma anche negli aeroporti le regole devono valere per tutti. Da quello che mi risulta nei nostri aeroporti chiedono i tamponi veloci che non sono le soluzioni più  attendibili e  sicure, mentre basta che noi andiamo in altri Paesi. come succede a Londra, che oltre alla quarantena  bisogna  arrivare già con il tampone negativo. Insomma, il controllo del territorio è fondamentale e gli altri controllano molto più di noi.

 Ma una notizia dell’ultima ora che ci fa sperare in una migliore organizzazione sanitaria c’è: Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Artemisia Lab e finalmente nel Lazio si potranno fare i test molecolari non solo negli ultra congestionati drive in degli ospedali ma anche in forma privata. Questa era un’anomalia che avevo segnalato con forza questa mia rubrica con degli articoli che riportavano la rigidità e l’insistenza dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio che non consentiva, rispetto ad altre regioni d’Italia dove invece era già permesso, di allargare ai laboratori privati  la diagnosi dei tamponi molecolari, una vera e propria presa di posizione che si è rivelata dannosa in quanto, appena si alzata la soglia dell’emergenza ha creato grandi difficoltà. La gente, come prevedibile, appena si è alzata lo soglia dell’emergenza, si è riversata in massa a fare i tamponi dando origine a quelle file chilometriche fuori dagli ospedali che si è scoperto poter essere a sua volta luogo di focolaio oltre che di forte disagio.  

Infine, c’è un’ultima questione che vorrei  sollevare per spirito di trasparenza e su cui ancora non si è posta la giusta luce per capire veramente come e chi controlla chi. Secondo una dichiarazione di Guido Bertolaso, medico di professione ed ex numero uno della Protezione Civile, riportata dal  quotidiano “Il Tempo”, in un momento in cui gli ospedali italiani dovrebbero essere alleggeriti per gestire meglio anche tutte le altre patologie, emerge che: “attraverso la DRG, ossia il sistema di redistribuzione degli ospedali per ogni attività di cura, la Regione e, quindi lo Stato, riconosce duemila euro al giorno per ogni paziente di Covid, che significa che per ogni cento pazienti l’ospedale riceve duecentomila euro al giorno”. A questo punto, la domande sorgono spontanee: le strutture ospedaliere pubbliche hanno interesse a tenersi i malati di Covid? E chi ne risponde?

 

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