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Costume
Bullismo? No. Picchiare un professore è pre-mafia. Perché Serra ha ragione

Di Salvatore Passaro

L’intelligenza è il nemico pubblico numero uno in questo paese, la verità la sua vittima preferita. E se è ancora vero dire che siamo un grande paese dobbiamo aggiungere una precisazione. Siamo un grande paese ii mediocri. E di ipocriti Siamo alla prese con la ribalta del bullismo trattato come se fosse un prodotto dei tempi e non per quello che è, la naturale legge dei rapporti umani sin dalla preistoria.

Quello che vediamo però nelle cronache non è bullismo. E’ più violenza spontanea da una parte e dall’altra alveo di una vita criminale. Non è bullismo picchiare un professore. E’ pre-mafia, pre-camorra, pre-gangtism o chiamatela come volete E non servono analisi sociologiche (finto)marxiste, socializzare il problema qui vuol dire subirlo. La violenza come disegno e sbocco di una vita o come progetto di vita è una categoria delle classi più povere, delle periferie mostruose delle città, di una vita periferica in cui il denaro e tutto ciò che lo significa lo si conquista con la violenza . Chiunque ha avuto a che fare con queste realtà sa di cosa parlo. Le scuole che accolgono gran parte di questi episodi non sono licei ma gli istituti tecnici e commerciali , scuole che non servono più a nulla nell’attuale crisi del lavoro e sono viste come parcheggi fino a 16 anni più che chance per un futuro. Ammortizzatori sociali e urbani: danno lavoro a schiere di professori e tolgono dalla strada le adolescenze di periferia pagando lo scotto di trasformarsi nella ‘strada’.

Michele Serra ha ragione, da vendere. Il suo peccato è di essere intelligente in un paese di mediocri. E di aver visto il vero in un fenomeno che ha un nome sbagliato. Non solo, l’ha fatto richiamando a se stesso la responsabilità di essere di sinistra e cioè di capire i problemi della gente e non di strumentalizzarla per farsi bella l’anima.

Le analisi addotte come contrarie sono superficiali e in mala fede. L’italia di oggi non è quella degli anni 70 e 80, dove ancora istituti tecnici e commerciali davano chance di lavoro e quindi funzionavano nel chiedere disciplina e selezione. Le mura, le aule, i bagni che le contengono sono espressione di degrado e decadenza. Come le nostre periferie. Facciamocene una ragione. E soprattutto affidiamo alle intelligenze vere e non alle insopportabili e desuete proposte dei politici o alla squallida banalità dei culi caldi del giornalismo nostrano il mandato di emendare la colpa di non aver distribuito a sufficienza soldi e progetti per trasformare le città e le periferie partendo dalle scuole. Perchè tutto parte da lì.

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