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Cronache
Coronavirus, Gismondo: "No al vaccino obbligatorio. 2a ondata? Siamo pronti"
(fonte IPA)

Nel governo è scontro sull’obbligatorietà del vaccino anti Covid-19. Il dibattito è nato dopo l'intervista del direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino, al premier Giuseppe Conte durante la kermesse "La Piazza" a Ceglie Messapica, provincia di Brindisi. Il presidente del consiglio ha dichiarato che il vaccino potrebbe non essere obbligatorio, mentre il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha chiesto il contrario. 

Il premier Conte a La Piazza di Affaritaliani.it. Il video integrale

Affaritaliani ha intervistato sull'argomento Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di micro biologia clinica, virologia e diagnostica delle bio emergenze dell’ospedale Sacco di Milano.

Maria Rita Gismondo, qual è la sua posizione sull'obbligatorietà o meno del vaccino?

Non sono daccordo sull'obbligatorietà, soprattutto in questa fase. L'emergenza coronavirus che ha coinvolto tutto il mondo, di certo è una pandemia importante, ma non stiamo parlando della peste nera, può essere gestita anche con altri elementi.  Il vaccino può essere consigliato, peraltro anche l'Unione europea fino a qualche anno fa, ha ribadito l'impossibilità di rendere un vaccino obbligatorio. Trovo più utile incrementare l'informazione preventiva e lasciare le persone libere di scegliere in autonomia il modo in cui procedere dal punto di vista terapeutico. Bisogna ricordare che quando si parla di vaccini non si parla solo della salute personale, è anche una responsabilità sociale, e se non si crea un effetto gregge è difficile proteggere tutti dall'infezione.  È molto pesante per me, da un punto di vista deontologico, dire che una qualsiasi terapia debba essere obbligatoria. 

Ieri la Russia ha annunciato di avere sviluppato un vaccino. E anche gli Stati Uniti sembrano vicini. Ritiene che sia troppo presto? C'è il rischio che si siano saltati dei passaggi fondamentali?

In generale non sono d'accordo con l'accelerazione degli studi di sperimentazione. Un vaccino è qualcosa di molto serio che deve garantire un'efficacia, ma anche un'innocuità. Sono contraria, per esempio, all'accelerazione voluta dall'Oms, che ha cancellato parti importanti della fase di sperimentazione, per avere a disposione un vaccino il prima possibile. Un risultato che tutti auspichiamo, ma che deve garantire determinati standard di sicurezza. Sono poi assolutamente contraria al modo in cui gli Usa stanno lavorando al vaccino. È la prima volta che si vuole utilizzare una manipolazione genetica trasformando l'uomo in un Ogm. Sui vaccini tradizionali aspetto invece i risultati di efficacia e l'assenza di effetti collaterali.

Negli scorsi giorni i contagi in Italia sono tornati ad aumentare. Quanto dovremmo essere preoccupati?

Ad oggi, quando leggiamo 'nuovi casi' non si distingue più tra malati, contagiati con tampone positivo o test sierologico positivo. C'è molta confusione a riguardo, bisognerebbe fare più attenzione. Piuttosto, ciò che dovremmo osservare per il controllo della diffusione del virus è il numero dei tamponi positivi, non come numero assoluto di un giorno, ma come percentuale nell'ambito dei tamponi esaminati. I dati  sierologici, invece, non sono da prendere come caso di contagio se positivi. Ci vorrebbe maggiore attenzione per coloro che sono malati.

Seconda ondata in autunno, ci sarà? Siamo preparati?

E' un azzardo pronunciarsi a riguardo, non possiamo sapere se ci sarà una seconda ondata, in quanto si tratta di un evento difficilememente prevedibile. Credo comunque che l'Italia abbia imparato una lezione importante e che non si trovi nello stato di impreparazione di febbraio/marzo nel contrastare l'epidemia, sia in termini di delimitazione di eventuali focolai, ma anche nella gestione dei malati. Adesso non abbiamo un'unica terapia mirata, ma abbiamo conoscenze intorno a una serie di molecole e di misure da prendere immediatamente che ci rassicurano su un risultato sicuramente ottimale. Pensare che i contagi possano crescere in futuro è assolutamente possibile, ma credere e pensare che si possa ripresentare la stessa situazione del primo periodo dell'emergenza coronavirus sembra improbabile per quello che il Covid ci ha insegnato: sappiamo lavorare meglio.

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