Grillo jr, la storia del processo: il "consenso" di Silvia. Le "domande da Medioevo" e le condanne - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 12:09

Grillo jr, la storia del processo: il "consenso" di Silvia. Le "domande da Medioevo" e le condanne

La ricostruzione dei fatti e i momenti chiave. Uno su tutti l'interrogatorio della vittima: "Come le sfilarono le mutande?"

di Marco Santoni

Grillo jr, la storia del processo durato tre anni e mezzo: la tesi dell'accusa e quella della difesa e le domande "da Medioevo"

La notte fra il 16 e il 17 luglio 2019, nella villetta a Porto Cervo della famiglia Grillo, fu consumato uno stupro di gruppo ai danni di due ragazze conosciute da un gruppo di amici (tra cui anche Ciro Grillo) in discoteca e poi invitate nella villa per proseguire la serata in cui si sono svolti i fatti oggetto del processo. Ieri è arrivata la sentenza di colpevolezza: Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria dovranno scontare una condanna a otto anni per stupro di gruppo, mentre Francesco Corsiglia a sei anni e sei mesi (assolto per il capo d'imputazione che riguardava il rapporto sessuale con gli altri tre imputati e la principale accusatrice in cui era assente). Questa la sentenza di primo grado, al termine di un procedimento lunghissimo, durato tre anni e mezzo.

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Tutto il processo si basava su una questione chiave, la ragazza 19enne italo-norvegese che ha denunciato i quattro ragazzi era consenziente o non lo era? Accusa e difesa si sono scontrate su questo aspetto e il giudice con questo verdetto ha chiaramente scelto la strada del "mancato consenso". Dopo interrogatori, perizie e rinvii, il 26 novembre 2021 i quattro imputati vengono rinviati a giudizio con l’accusa di violenza sessuale. Le udienze, a porte chiuse, vedono le deposizioni di decine di testimoni e momenti di forte tensione emotiva. Il 1° luglio scorso il procuratore Capasso chiede 9 anni di reclusione per ciascun imputato. Le difese ribadiscono che i rapporti sarebbero stati consenzienti e mettono in dubbio la credibilità della presunta vittima.

Un momento chiave del processo è stato proprio quello relativo alla deposizione di Silvia in aula. "Dopo lo stupro di gruppo - disse l'accusatrice in aula - non avevo più voglia di vivere. Una sera mi misi a correre lungo i binari e volevo lanciarmi contro un treno in corsa. Volevo farla finita...". Silvia ha anche raccontato che dopo il presunto stupro avrebbe ripetuto più volte degli atti di autolesionismo. "Mi tagliuzzavo e mi graffiavo volutamente", racconta. E dice di avere avuto anche "disturbi alimentari importanti". "Mangiavo e poi vomitavo", racconta. "Assumevo sostanze per farmi del male", dice. "Mi drogavo, non volevo ricordare quello che mi era accaduto".

Poi lo stupro collettivo: "Io volevo urlare ma non ci riuscivo. Volevo gridare ma ero come paralizzata", ha raccontato ancora tra la lacrime. "Non sentivo il mio corpo e neppure le mie braccia, non riuscivo a muovermi". La difesa ha incalzato la vittima con domande che la legale della ragazza ha definito "da Medioevo". Questi alcuni dei quesiti: "Ma se aveva le gambe piegate, come ha fatto a toglierle i pantaloni?". Oppure: "Ci può spiegare come le sono stati tolti gli slip?". E ancora: "Perché non ha reagito con i denti durante il rapporto orale?". E altre simili. Il giudice ha ascoltato tutti e poi ha emesso la sua sentenza: Ciro e amici colpevoli, lo stupro di gruppo si è consumato. Ma non è finita. Annunciato il ricorso, la battaglia legale continua.

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