Jennifer come Giulia Tramontano uccisa incinta: niente omicidio per il bimbo
Il legale che seguì il caso Zacconi: “Niente omicidio per il bimbo, forse qualcuno teme si possa incrinare il diritto all'aborto"
Giulia Tramontano non è l'unica, il caso di Jennifer Zacconi
Sono giorni densi di cronaca, parole e immagini che fanno sgomento. Il caso di Giulia Tramontano, la ragazza di Senago uccisa, con ancora in grembo il suo bambino, per mano dell'uomo che diceva di amarla, non può che continuare a far rumore. Una (triste) storia che ricorda, oltre alle quotidiane vicende di violenza familiare e non solo, quella di Jennifer Zacconi: ragazza poco più di trent'annni morta ammazzata dal ragazzo, a due settimane dal parto. Il quotidiano La Ragione ha ripercorso insieme al legale Francesco Schioppa, che seguì il caso, le tappe cruciali del processo, partendo dal referto autoptico, nel quale si legge: "Strappati tutti i capelli, spaccata la spina dorsale”.
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Avvocato Schioppa sono passati 17 anni. La storia si ripete. Cosa ha pensato quando ha sentito del caso di Giulia Tramontano, immagino il ricordo sarà andato alla povera Jennifer? "Certo che sì. Prima che un avvocato sono un uomo e anche un padre. Sono casi molto coinvolgenti a livello umano. Resta sempre il rimpianto, il rammarico, di non aver potuto agire prima, che nessuno abbia percepito la pericolosità di quest’uomo. Ti chiedi sempre se magari non si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare la tragedia", risponde l'avvocato.
Nel caso di Jennifer ci furono segnali inascoltati? "Dei segnali ci furono ma mai così chiari da far pensare a un esito tanto tragico. Come sempre accade anche nei femminicidi, l’ultimo appuntamento è quello più pericoloso e sul quale, magari, le stesse vittime ripongono più aspettative e speranze. Ecco, questo ultimo appuntamento bisogna assolutamente evitarlo".
Alessandro Impagnatiello, il ragazzo che ha confessato di aver ucciso la fidanzata Giulia al settimo mese di gravidanza, è ora indagato per omicidio volontario e interruzione di gravidanza non volontaria, gli stessi capi d’accusa per cui Lucio Niero è stato condannato a 30 anni di reclusione. "La nostra battaglia all’epoca era per far riconoscere l’omicidio anche del bambino perché si trattava poi di una gravidanza sostanzialmente alla fine. Il bambino era perfettamente formato e le perizie stabilirono che sarebbe stato in grado di sopravvivere qualora fosse stato fatto nascere. Per questo abbiamo combattuto per ottenere l’omicidio anche del bambino. E’ chiaro che sarebbe stata una cosa abbastanza rivoluzionaria ma ci furono e ci sono delle resistenze di varia natura. Definiamole contrapposizioni ideologiche che con la legge non c’entrano nulla".
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