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Economia
Coronavirus, crisi settore turismo, 4 miliardi non bastano a salvarlo

Coronavirus, crisi settore turismo. La Francia investe 18 miliardi l'Italia 4. Il turismo di massa scomparirà? L'Italia rischia il 13% del Pil 

Fa una certa impressione leggere in queste ore che la Francia ha deciso di stanziare 18 miliardi di euro per rilanciare uno dei settori sicuramente più duramente colpito dalla crisi da coronavirus il turismo deve probabilmente far fronte alla peggiore prova della storia moderna, è tra i fiori all'occhiello dell'economia francese e il suo salvataggio è dunque una priorità nazionale” Ha detto il primo ministro francese Edouard Philippe. E se è una priorità per la Francia figuriamoci se non lo dovrebbe essere per il nostro paese. Eppure, dopo tante promesse e inaccettabili ritardi con il decreto rilancio si è cercato, a seconda di molti esperti, di mettere un tampone ad una situazione che definire sull’orlo del collasso non è affatto esagerato.

Non possono essere, infatti, considerati sufficienti 4 miliardi di euro per un settore che, secondo alcuni primi calcoli, rischierebbe di perderne almeno 12. Troppe misure che non vanno al fondo del problema, ma rischiano di perdersi in un rivolo, che per cercare di accontentare un po' tutti, rischia di scontentare tutti. E poi mancano ancora certezze su quelle che saranno le linee guida da adottare per la sicurezza.

Le prime bozze da parte dell’Inail, sembrano indicare regole e imposizioni che per molti operatori del settore rischiano di essere assolutamente insostenibili. Come per esempio la mannaia della presunta responsabilità penale e civile che penderebbe sulla testa dell’imprenditore turistico, in caso di infezione avvenuta sul luogo di lavoro.

Come dire oltre al danno la beffa.

Eppure sul turismo che da solo rappresenta circa il 13% del Pil nazionale, con oltre 3 milioni di occupati, da tempo si parla di proposte e di misure atte a renderlo un settore più moderno e più attrattivo per i turisti di tutto il mondo.

Essere il paese più bello del mondo forse ha permesso di dormire sugli allori e dare per scontato che tutti prima o poi sarebbero arrivati in Italia. Ma le classifiche del 2018 dicono una cosa molto chiara, il quinto posto del nostro paese come numero di arrivi internazionali, dimostra come il bello da solo non basta per attrarre il turismo.

Ecco allora che paradossalmente questa grave crisi, che ha colpito indistintamente tutti i paesi potrebbe essere l’ennesima occasione per ripartire di slancio per poter rendere il paese, una volta che l’emergenza sarà finita, ancora più attrattivo ed ospitale.

Ma certo è che le misure presenti nel decreto non sembrano affatto andare verso questa direzione. Non si parla di programmazione e di aiuti mirati volti non solo a salvare molti operatori dal fallimento, ma anche ad aiutarli verso una transizione verso un nuovo concetto dell’hospitality, che questo virus porta inevitabilmente con sé.

Certo il momento emergenziale forse non da il tempo e i modi per agire a lungo termine. Ma nemmeno di approvare che rischiano di essere sprecate senza ottemperare allo scopo per cui sono state istituite. Certo forse molto si aspetta dagli aiuti europei, che potrebbero dare maggiori spazi di manovra in questo senso. Ma l’impressione è che come al solito al nostro paese manchi una strategia comune e incisiva, come invece ha adottato per esempio la Spagna negli ultimi venti anni, che non a caso nel 2018 è stato il primo paese al mondo per arrivi internazionali.

In Italia, invece, troppe risorse vengono sprecate per affidare la promozione e il marketing a Comuni e alle Regioni, che ancora una volta si sono dimostrate assai carenti dal punto di vista organizzativo ed attuativo, impiegando male i soldi a disposizione, in iniziative on spot senza nessuna precisa strategia mirata. La carenza cronica poi di infrastrutture, da sempre rappresenta un vero tallone di Achille per chi viene in Italia e trova difficile spostarsi.

L’esempio del restyling dell’aeroporto Fiumicino è indicativo di come una buona politica possa fungere da volano per il settore. Ma questa terribile crisi acuisce ancora di più un male antico del turismo italiano e cioè quello della stagionalità.

Occorrerà sempre più puntare su tutte quelle caratteristiche che rendono una località appetibile per tutto l’anno, basti pensare al golf, che è servito per rendere la Costa del Sol ( che di campi di golf è piena) un paradiso del turismo tutto l’anno per ricchi inglesi, tedeschi o americani. Ma per fare questo occorrono investimenti certi ma anche la volontà di tutti di fare squadra per unire le forze. L’Italia ha risorse enormi che possono soddisfare i palati del turisti più fini, eppure da anni non si riesce a mettere in moto una politica di sviluppo che possa renderlo ancora più appetibile per una platea più vasta, e non solo per chi è attirato dalle bellezze artistiche e dallo shopping nelle vie di Milano, Firenze o Roma.

La stessa scelta di accorpare il turismo al ministero dei beni culturali è stata fatta proprio in questa ottica. Ma il turismo non è certo solo arte. Ecco allora che una crisi come questa che potrebbe quasi azzerare il settore, può essere quella scossa in grado di rivoluzionare tutto quello che si pensava potesse essere sufficiente. Forse questa sarà la fine del turismo di massa, per privilegiare invece un turismo più sostenibile, più attento alle particolarità geografiche ed alle attività culturali. Insomma una riqualificazione dell’offerta verso altre forme di turismo, che sembrano proprio quelle in cui il nostro paese potrebbe giocarsi meglio le proprie carte rispetto ai competitor.

Ma per fare questo occorre farsi trovare pronti verso questi nuovi modelli di business, rilanciando anche alcune località meno conosciute e tutte ancora da scoprire. Farsi trovare ancora una volta impreparati a questa sfida potrebbe essere quello sì il colpo mortale.

.@vinciketchup

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