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Economia
Coronavirus/ Sgravi, aiuti e nazionalizzazioni: paracadute per le aviolinee

Donald Trump assicura:  "Non vogliamo vedere fallire le compagnie aeree". Il suo segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, sottolinea che gli effetti della pandemia provocata dal coronavirus sul settore sono "peggiori dell'11 settembre".

Le previsioni, nerissime, della Iata, che parla di perdite fino a un massimo di 113 miliardi di dollari e del rischio di fallimento per il 70% delle compagnie mondiali quest’anno a causa della pandemia da coronavirus Covid-19, e l’impatto che avranno sul comparto aereo le misure adottate da singoli governi (con chiusura dei voli internazionali) e dalla Commissione Ue (stop ai voli nella Ue per 30 giorni), stanno portando le compagnie a ridurre la propria operatività cercando ognuna un aiuto dal rispettivo governo.

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Così mentre per Alitalia si va ormai verso una ri-nazionalizzazione con conferimento degli asset di Alitalia Sai e  Alitalia Cityliner ad una newco a controllo pubblico nella quale saranno iniettati 500-600 milioni di euro almeno per arrivare fino a fine anno, International Airlines Group, cui fanno capo British Airways, Iberia e Vueling, ha già annunciato il taglio di almeno il 75% della sua offerta in aprile-maggio rispetto allo scorso anno, precisando di poter disporre di una “solida liquidità” ma di non poter fare previsioni sul risultato d’esercizio. 

Per ora il premier Boris Johnson prova a fare buon viso a cattivo gioco e non promette aiuti, limitandosi a prevedere “un duro colpo per l’economia” ma che “se agiamo nel modo giusto, se otteniamo la risposta giusta e se lavoriamo insieme, allora possiamo essere sicuri che sia un problema a breve termine”.

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Una risposta che non ha convinto gli aeroporti di Heathrow, Gatwick e Manchester che in una lettera congiunta chiedendo aiuti immediati. Un’altra lettera che secondo la stampa britannica potrebbe arrivare a breve al numero 10 di Downing Street è quella di Peter Norris, presidente del Cda di Virgin Atlantic, nella quale sarà chiesto ufficialmente un piano di salvataggio per il settore tra i 5 e i 7,5 miliardi di sterline (5,5-8,23 miliardi di euro).

Riduzioni tra il 70% e il 90% dei voli anche per Air France-Klm che lascerà a terra l’intera flotta di A380 (Air France) e B747 (Klm), i due giganti dell’aria che è troppo costoso far volare sostanzialmente vuoti. Il presidente francese Emmanuel Macron, che ieri in un seguitissimo discorso alla televisione ha più volte ribadito il concetto che la Francia ormai è “in guerra” contro il coronavirus, per ora chiude le frontiere e sospende tutti i collegamenti col resto d’Europa senza annunciare misure specifiche per il settore aereo. 

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Ma il suo ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, presentando un piano d’intervento da 45 miliardi di euro si è detto pronto a sostenere le aziende strategiche che fossero messe in difficoltà dalla pandemia, arrivando nel caso anche a ricapitalizzarle e nazionalizzarle se fosse necessario e, come segnala il Financial Times,  avrebbe già incontrato tre giorni fa Ben Smith, il Ceo di Air France-Klm (il cui titolo, intanto, è tra i 92 per cui è scattato il divieto di vendite allo scoperto in borsa), per discutere del da farsi.

Non sta messa meglio Lufthansa: mentre la compagnia di bandiera tedesca (a cui fanno capo anche Swiss International, Austrian Airlines e Brussels Airlines, oltre alla low cost ex Germanwings) taglia il 70% dei voli e lascia a terra aerei per limitare i costi, i suoi vertici secondo la stampa tedesca starebbero valutando di procedere ad una richiesta di aiuti che potrebbe essere presentata già venerdì alla cancelliera Angela Merkel (che ha annunciato di voler mettere a disposizione delle imprese tedesche crediti per 550 miliardi di euro tramite la banca pubblica KfW, equivalente dell’italiana Cassa depositi e prestiti e della francese BpiFrance) nel corso di un incontro con i massimi rappresentanti dell’industria tedesca tra cui il Ceo di Lufthansa, Carsten Spohr. 

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Nel frattempo “Lufthansa farà di tutto per garantire dal cielo la catena di approvvigionamento per la popolazione tedesca” ha affermato lo stesso Spohr aggiungendo: “Stiamo lavorando intensamente alla realizzazione di un ponte aereo per l’intera Germania”. Una frase che ha riportato alla memoria il ponte aereo organizzato per rifornire Berlino Ovest in piena Guerra Fredda. Come sempre succede se l’Europa “entra in guerra”, gli Stati Uniti non possono pensare di starne fuori a lungo e infatti dopo aver tagliato collegamenti col vecchio continente quanto più rapidamente possibile le compagnia aeree a stelle e strisce si preparano a battere a loro volta cassa a Donald Trump.

Secondo le ricostruzioni del Wall Street Journal la richiesta sarebbe di 50 miliardi di dollari, più del triplo di quanto promesso (5 miliardi di dollari di aiuti alle compagnie e fino a 10 miliardi di possibili prestiti, di cui 1,56 miliardi effettivamente attivati) dopo gli attacchi suicidi alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. La cifra e la composizione esatta del pacchetto d’aiuti sarebbero tuttora oggetto di trattative con l’amministrazione Trump e i leader del Congresso. 

Tra le proposte: l’emissione di prestiti garantiti dal governo, sovvenzioni dirette in contanti alle singole compagnie come United Continental Holdings, Delta Air Lines e American Airlines Group, sgravi da tasse e commissioni. Alle trattative parteciperebbero anche i rappresentanti di Boeing, che sperano di ottenere un’assistenza finanziaria per il proprio gruppo ma anche per i propri fornitori nell’ambito di un pacchetto di aiuti per l’intera industria aeronautica. Nel frattempo la produzione del B 737 Max, coinvolto lo scorso anno in due incidenti mortali, resta bloccata e continua a pesare sul bilancio del produttore di Everett.

Luca Spoldi

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