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Economia
Covid-19 e Green, il traffico aereo in crisi fino al 2022

Il settore aeronautico è quello che, molto probabilmente, ha sofferto più di tutti nella pandemia e sarà quello che vedrà la ripresa con molto ritardo. Da diverse compagnie americane, in alcuni casi con procedure di licenziamento, a AeroMéxico per finire con la nostra Alitalia (ora ITA), tutte hanno lasciato dietro sé una scia di debiti in parte riappianati attraverso grandi salvataggi pubblici.

Gli osservatori economici e le società di consulenza come Bain & Company sono concordi nel ritenere che il trend del traffico aereo continuerà a scendere anche nel 2021. E su questa previsione pesa la diffusione, soprattutto in Asia, dei contagi provocati dalla variante Delta.

A livello globale i ricavi delle compagnie saranno inferiori del 38% pari ai 255000 milioni di dollari rispetto all’anno precedente il Covid-19.

Qualche studio però fornisce risultati leggermente meno pessimisti. Uno di questi, quello della IATA indica che il fatturato di passeggeri per chilometro dell'intero settore a luglio era ancora inferiore del 53% ad un normale mese di vacanza. Nonostante ciò l’ Organizzazione del traffico aereo prevede una chiusura dell'anno del 29% al di sotto dei livelli precedenti.

Il traffico internazionale migliora comunque in tutti i continenti rispetto al 2020, ma la debolezza del mercato cinese, le restrizioni in Australia e le riprese disequilibrate lasciano spazio a molte preoccupazioni.

Una notizia positiva viene dalla Russia, che ha continuato a recuperare il traffico interno. Ma in Australia sono tornate le restrizioni e in Cina i volumi di passeggeri restano al di sotto dei livelli pre-pandemia.

Barclays dal canto suo presenta proiezioni in chiaroscuro per il settore aereo: l'industria nel 2021 rimarrà del 46% al di sotto dei livelli del 2019. La piena ripresa, se arriverà, non sarà fino al 2023.

E ‘ comunque difficile fare previsioni dopo una crisi così profonda. Secondo molti esperti del comparto aereo le compagnie diventeranno più piccole e molto indebitate e questo favorirà operazioni societarie.

Prima del Coronavirus il settore si stava dirigendo rapidamente verso un buon consolidamento. Negli Stati Uniti c'erano già poche aziende rimaste e il processo si sarebbe spostato in Asia ed Europa.

Ma ora tutto è cambiato perchè molte aziende si sono deprezzate e sono appetibili.

I prezzi sono a terra e quindi saranno favoriti gli acquisti.

Nei prossimi due anni la domanda continuerà ad essere molto volatile, con cambiamenti e restrizioni. Prima della crisi alcune compagnie aeree tradizionali erano già in difficoltà e quindi se non si trasformano adesso non ne usciranno mai più.

Nel 2020 il calo della domanda di carburante ha portato il conto del settore da 186 miliardi di dollari a soli 78 miliardi di dollari. Migliaia di tonnellate di carburante acquistato in anticipo (con i contratti forward) si sono accumulate nei serbatoi e questo ha causato un calo dei prezzi dei contratti futuri, che a maggio 2020 sono diventati negativi. Le regole dei contratti prevedevano l’acquisto di carburante pur sapendo che non sarebbe stato utilizzato. In ogni caso questa situazione si sta riflettendo anche sui prezzi dei biglietti che, a parte qualche low cost, sono mediamente alti.

Ultimo aspetto di preoccupazione per il settore aereo è l’intenzione dei governi di ridurre le emissioni di gas serra. Per questo potrebbero arrivare a vietare, come sta facendo la Francia, i voli  brevi, quelli a corto raggio, sostituibili con poche ore di treno.

Il ritorno alla normalità sulla lunga distanza è comunque ancora abbastanza lontano. Credit Suisse è convinta che al momento nessuno dei maggiori player europei del settore aereo europeo avrà bisogno di liquidità dopo le forti iniezioni di miliardi di dollari, ma le riserve di liquidità forniscono una flessibilità sufficiente per gestire l'inverno di fronte a un'estate 2022, in cui la pressione negativa dovrebbe diminuire.

In questo momento di incubo generale le aziende che sembrano più agili sono le low cost europee, perché hanno strutture di costo più flessibili che non dipendono dalla lunga distanza o dal segmento dei viaggiatori d'affari. Ryanair e Wizz Air hanno già raggiunto l'82% di occupazione dei loro aerei ad agosto, la percentuale più alta da marzo 2020. Almeno per loro la crisi da pandemia forse è davvero finita.

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