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Economia
Creval, l'Agricole dimentica il mercato.Per i soci più soldi vendendo in Borsa
Giampiero Maioli, Ceo del Credit Agricole Italia

Per l’acquisto di una casa in genere il primo passo è il compromesso che tutela il compratore (l’immobile non può essere ceduto ad altri anche a prezzi più alti) e il venditore (che riceve una prima piccola somma che lo garantisce che l’acquirente ha intenzioni serie). Che c’entra questo con le banche? In borsa in genere non si firmano compromessi e questo rende un po’ più magmatico qualsiasi tipo di processo di compravendita. Prendiamo il Credito Valtellinese: Crédit Agricole si fa avanti per acquistarla per 737 milioni, ovvero 10,5 euro per azione, a premio del 21,4% rispetto al prezzo al momento del lancio. A onor del vero va anche detto che prima dell’offerta dei francesi il titolo del Creval era sceso fino a 6 euro per azione. La particolarità, inoltre, è che questi soldi sono tutti in contanti, non c’è il famigerato “carta contro carta”.

Lovaglio Creval
Il Ceo del Creval Luigi Lovaglio

L’istituto francese già possiede una quota del 9,847% dell’istituto valtellinese. Dopo l’annuncio dell’intenzione di lanciare un’opa totalitaria, la Algebris di Davide Serra (che detiene il 5,28%) annuncia entusiasta la sua adesione all’offerta.

A novembre dello scorso anno, infatti, spiegava di essere “molto soddisfatto” perché l’acquisizione da parte dei francesi avrebbe permesso al Creval di espandersi anche nel mondo della bancassurance. “Crédit Agricole – diceva Serra - è la più bella banca in Europa e questo è il tema più importante. In secondo luogo, in Italia, hanno una delle più belle divisioni, quasi 700-800 milioni di utile, tutte le fabbriche prodotto, una corporate governance perfetta”.

davide serra ape
Il fondatore e amministratore delegato di Algebris Davide Serra

Succede però che nel frattempo Luigi Lovaglio e la sua squadra raggiungono risultati inattesi: l’utile raddoppia, la banca è solida e il titolo inizia ad alzarsi. Se prima per il 100% della banca bisognava prevedere 737 milioni, ora la capitalizzazione complessiva è di 845 milioni e il valore per azione è intorno ai 12 euro.

Ballano un sacco di soldi. Algebris, ad esempio, vedrebbe crescere la sua quota da 38,7 a 44,6 milioni se decidesse di vendere oggi. Ma Davide Serra difficilmente verrà meno alla parola data ai francesi.

Diverso è il discorso per altri azionisti, che hanno mantenuto un profilo più basso e che ora potrebbero chiedere qualcosa in più. Ad esempio, alcuni fondi internazionali come Petrus Adviser (2% del capitale), Hosking Partners (4,72%) e Kairos (3%) hanno già contestato il prezzo offerto dalla Banque Verte

Intesa Sanpaolo l’ha imparato sulla sua pelle quando ha deciso di comprare Ubi, dovendo riconoscere un misto di azioni e denaro per riuscire a incamerare l’istituto di credito. Ora lo stesso copione potrebbe ripetersi con i francesi?

creval
 

Non c’è da scommettere su una rapida soluzione della vicenda. Perché in un’intervista a dicembre l’amministratore delegato di Crédit Agricole, Giampiero Maioli (nella foto in alto), ricordava come sarebbero rimasti comunque nell’azionariato del Creval anche se l’opa non fosse andata a buon fine. E che, soprattutto con il 5,28% di Algebris, sarebbero stati largamente primi azionisti. Il che sarebbe abbastanza pericoloso per il Creval, perché si ritroverebbe un 15% in mano ai francesi che potrebbero comportarsi “da padroni” frenando oltretutto qualsiasi appetito di altre banche disposte a riconoscere un valore più elevato all’istituto valtellinese. Il problema non è di poco conto: conviene di più tirare la corda, sperando di spuntare un prezzo migliore ma rischiando di trovarsi in pancia un socio ostile o rinunciare a un euro e mezzo per azione e concludere l’avventura in questo modo?

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Non che ci siano analogie con molte altre partite in corso – su tutte la stucchevole querelle tra Fincantieri e Stx – ma è certo che i francesi non amano farsi dettare le regole. Basti pensare a quello che è successo con Stellantis dove un accordo sulla carta paritario si è trasformato in un “rubamazzo” generalizzato di Psa che ha piazzato amministratore delegato, un numero più alto di consiglieri e il 60% dei top manager.

Non conviene andare allo scontro frontale, tanto che Serra ha già annunciato che aderirà “senza se e senza ma” a un’offerta che gli garantisce tra il 35 e il 40% in più rispetto all’indice bancario. Anche perché dal 2018 alla fine del 2020 il titolo è sempre calato, prima che si vedessero gli effetti della cura Lovaglio. Siamo dunque di fronte alla domanda di qualsiasi operatore di borsa (ma anche dei giocatori d’azzardo): lasciare con un malloppo tutto sommato congruo o rilanciare?

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