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Economia
Mediaset-M6, poche chance in Francia. La pace con Vivendi? Non passa da Tim

"Non vogliamo ritornare in una situazione dove ogni tipo di deal può provocare un altro contenzioso". Lo ribadisce Mario Giordani, chief financial officer di Mediaset, durante una call con gli analisti relativamente alle prossime mosse del Biscione. Tantissima la carne al fuoco, che il manager ha cercato di raccontare pur con qualche scaramanzia. Ma Affaritaliani.it può rivelare alcuni retroscena aggiuntivi sulle partite più importanti, dal rapporto con Vivendi fino alle operazioni in Spagna, passando per i conti e per la gara per l’acquisto dell’emittente francese M6. 

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Partiamo proprio da quest’ultima: l’intenzione del gruppo Rtl è di cedere la quota di controllo. Giordani è stato chiaro da questo punto di vista: Mediaset parteciperà perché è un progetto interessante che persegue l’obiettivo di una internazionalizzazione del Biscione. Ma le speranze sono ben poche, dal momento che lo stesso gruppo Rtl ha auspicato una fusione con il canale francese Tf1. E si sa che i cugini transalpini sono assai più nazionalisti di noi.

Per quanto riguarda i conti, il Cfo dell’azienda ha detto di non riuscire a tracciare linee guida precise sul bilancio 2021. In effetti, lo scenario è in costante evoluzione. Ma a quanto si apprende, a Cologno Monzese hanno ritenuto particolarmente positivo il 2020 perché, in un anno terribile a causa della pandemia, la contrazione dei ricavi è stata di “soli” 300 milioni, con un utile di 139 milioni. Il tutto con l’80% della forza lavoro in smart working e senza che si dovesse ricorrere a esuberi.

Il futuro rimane un’incognita. Se il piano vaccinale proseguirà a ritmo spedito – come tutti ci auspichiamo – non sarebbe improbabile registrare un incremento a doppia cifra dei ricavi provenienti dalla pubblicità. Tornare a una sorta di normalità, infatti, spingerebbe le aziende a concentrarsi nuovamente sugli adv, creando un circolo virtuoso.

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Ma il capitolo più importante per il futuro di Mediaset è quello che riguarda i rapporti con Vivendi. Dopo la sentenza civile che ha condannato i francesi al pagamento di 1,7 milioni – e in attesa dell’esito del procedimento penale contro Vincent Bollorè e Arnaud De Puyfontaine – a Cologno Monzese hanno deciso di seppellire l’ascia di guerra. Attenzione però: non si tratta di una resa, ma piuttosto del desiderio di giocare a carte scoperte.

Ora Vivendi non ha più scuse: non può accusare il voto maggiorato (che verrà abolito con un’assemblea straordinaria convocata per il 27 maggio) di tarparle le ali; né può appellarsi alle disposizioni avverse dell’assemblea che avevano impedito di far valere le azioni detenute da Simon fiduciaria. Dovrà per forza spiegare che cosa intende fare.

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Niente più paletti, niente più ostacoli: è la prova del fuoco. Se Vivendi dovesse dimostrare di voler correre nella stessa direzione di Mediaset, non ci saranno problemi di sorta e potrà iniziare una collaborazione decisamente proficua. Se invece dovesse comportarsi in maniera più ostruzionistica, si esporrebbe al giudizio del mercato e degli azionisti. 

Quello che Affaritaliani.it può rivelare, oltretutto, è che anche nel caso di un matrimonio definitivamente roseo dopo cinque anni di incomprensioni, non si potrebbe creare alcun tipo di sinergia con Tim. Nonostante le quote di Vivendi in entrambe le società, infatti, un’eventuale fusione Tim-Mediaset sarebbe dovuta andare in scena 25 anni fa. In generale, non ci risulta che vi sia più interesse nel tandem tra tlc e media tradizionali. 

(Segue...)

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