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Economia
Nomine, il governo si interroga: da Enel a Leonardo, chi va e chi resta

Nomine, chi resta e chi parte: l’ultimo borsino

Scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo “Il Gattopardo” che tutto cambia perché nulla cambi. E un discorso analogo si può fare anche per quanto riguarda le nomine delle aziende partecipate dallo Stato. Il 26 marzo bisogna presentare le liste per il rinnovo dei cda. Al momento l’attenzione di Giorgia Meloni e del suo “cerchio magico” è tutta concentrata sulle elezioni regionali, per capire quali saranno i rapporti di forza che usciranno dalle urne. Ma se dovesse confermarsi il trend, con un’ulteriore crescita di Fratelli d’Italia, a quel punto a dare le carte sarebbe la premier, con buona pace di Matteo Salvini e Silvo Berlusconi che pure hanno chiesto di avere voce in capitolo.

Il problema però si sta per porre in maniera molto cogente. Interpellata da Affaritaliani.it per sapere quali fossero i manager maggiormente in predicato di venire sostituiti, una fonte ad altissimi livelli si è limitata a rispondere “pochi”, di fatto dando adito a chi è convinto che alla fine non ci sarà lo tsunami previsto. In effetti, se qualche mese fa si era sparsa la voce che il governo avrebbe fatto piazza pulita di tutti, la gestione dell’affaire Rivera alla direzione generale del Mef (rimpiazzato con un dirigente non particolarmente in vista) e, ancora di più, quella delle Agenzie Fiscali (dove a saltare è stato solo l’attuale assessore all’ambiente in Calabria Marcello Minenna) hanno mostrato una sorta di retromarcia.

Perché? Perché come ha mirabilmente spiegato Flavia Perina, una delle poche intellettuali di destra che ben conosce l’ambiente da cui è partita l’ascesa di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia è ancora figlia di quella convinzione di accerchiamento che pure non dovrebbe più competere. Perché dopo la svolta di Fiuggi con la nascita di Alleanza Nazionale (quando la premier era una teenager), la destra post-missina è stata sdoganata e non più invitata a sguazzare nelle fogne come durante gli anni ’70.  La sindrome dell’accerchiamento impone dunque di circondarsi di fedelissimi.

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