Economia
Il Venezuela sequestra gli impianti ma GM, Iveco e Chrysler non ne risentono
Piazza Affari/Il Venezuela sequestra gli impianti ma General Motors, Iveco e Chrysler per ora non ne risentono
Il paradosso-Venezuela non cessa di stupire: pur avendo tra le maggiori riserve petrolifere il paese è da anni in pieno caos, passando da una crisi economica all’altra fin dal 1999, anno in cui Hugo Chavez ex militare golpista, assunse i poteri dando il via a una rivoluzione “bolivarista” che nel tentativo di sanare l’esistente ingiustizia economica e sociale dette il via a una serie di nazionalizzazioni per finanziare programmi di redistribuzione economica “spinta” che hanno di fatto drenato ogni risorsa senza minimamente pensare agli investimenti.
Il successore di Chavez (morto il 5 marzo 2013), Nicolas Maduro, ex sindacalista, non ha ereditato lo stesso carisma ma ha caparbiamente insistito sulla strada di Chavez, estendendo l’opera di “nazionalizzazione” non solo al settore petrolifero ma anche ad altri complessi industriali di gruppi esteri, tanto che in questi giorni General Motors ha fatto sapere che le autorità venezuelane “hanno illegalmente sequestrato” i suoi impianti nell’area industrial di Valencia e si è detta pronta a “intraprendere tutte le azioni legali” necessarie a difendere i propri diritti.
Il sequestro degli impianti di General Motors Venezolana arriva mentre la crisi economica torna a peggiorare e c’è da dubitare che simili azioni possano contribuire a migliorare la situazione. GM ha anzi fatto sapere che il sequestro degli impianti (e dei veicoli pronti sui piazzali della fabbrica) “danneggerà irrimediabilmente la compagnia, i suoi 2,678 lavoratori, i suoi 79 rivenditori e tutti i suoi fornitori”. Il che per un settore che è già in caduta libera a causa della carenza di materie prime derivanti da impianti sottoposti al controllo dei cambi e della stagnante produzione locale, non è certo una buona notizia. Se GM piange, gli altri produttori automobilistici non sorridono: a inizio 2015 Ford Motor aveva completamente svalutato i propri investimenti in Venezuela abbattendone il valore di 800 milioni di dollari ante imposte, mentre nell’aprile 2014 Cnh Industrial aveva interrotto la produzione dello stabilimento Iveco di La Victoria anche in quel caso lamentando come la causa fosse legata alla “crisi valutaria che continua a creare difficoltà all’industria nell’importazione dei componenti e delle materie prime”.
Iveco, che aveva iniziato a produrre in Venezuela fin dal 1954 e che tuttora è presente con una rete commerciale di 32 unità, contava due anni fa su una forza lavoro di 400 dipendenti mentre la produzione si era già ridotta, nel 2013, a circa 1.770 tra camion (dal Power Daily all’Eurocargo, passando per lo Stralis, il Vertis e il Trakker) e telai per autobus (sulla base delle piattaforme Daily ed Eurocargo).
L’auspicio era di riprendere l’attività dello stabilimento “non appena la situazione del mercato sarà migliorata e stabile”, ma da allora nessun progresso è stato fatto dallo stato latino americano, così anche all’ultima presentazione alla comunità finanziaria dedicata a Iveco, lo scorso febbraio, l’America Latina era rappresentata unicamente dall’Argentina, dove Iveco è da sette anni leader di mercato con una quota del 12,1% a fine 2016 (in lieve calo rispetto al 12,4% di fine 2015).
Sempre in Venezuela opera (fin dal 1950) Chrysler de Venezuela (gruppo Fiat Chrysler Automobiles); in questo caso l’impianto di Carabobo (a Valencia) produce due modelli Jeep (Cherokee/Liberty e Grand Cherokee) e un modello Dodge (Caliber), inoltre Fca dispone di una rete di 40 concessionari per i marchi Chrysler, Jeep e Dodge oltre alla rete di Mopar, il service partner che da 80 anni segue la distribuzione di parti originali e ricambi per tutti i marchi del gruppo Chrysler, che proprio in questi giorni ha inaugurato un nuovo centro a Winchester in Virginia (Stati Uniti).
Così il gruppo guidato da Sergio Marchionne dovrà continuare a tenere d’occhio l’evolversi della crisi venezuelana, anche se per ora non mostra di risentirne in borsa dove il titolo Fca ha chiuso con un progresso dell'1,22% mentre Cnh ha chiuso a +0,32%.