Economia
Salario minimo, l'Ugl: "Meglio il contratto di comunità"
Salario minimo, per il segretario generale Ugl Paolo Capone “il contratto di comunità garantisce meglio l’elemento partecipativo”
Il tema del salario minimo è all’ordine del giorno della discussione politica. Infatti, in Commissione Lavoro del Senato è all’esame il disegno di legge sulla sua introduzione, presentato dalla senatrice pentastellata Nunzia Catalfo.
Secondo il Segretario Generale dell’UGL, Paolo Capone, “le intenzioni sono buone e assolutamente condivisibili. Tuttavia, esso può costituire una sorta di “Cavallo di Troia” per consolidare il potere contrattuale di Cgil, Cisl e Uil (e di Confindustria); di sicuro, tuttavia, c’è qualcosa che non torna”. Secondo Capone, infatti, “fissare una soglia al di sotto della quale non è possibile pagare un’ora di lavoro rappresenta un contributo importante, e non certamente l’unico, per superare il dramma del lavoro povero che attanaglia da tempo il Paese. Inoltre, in questa proposta si fa riferimento ai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Mi sembra, però, che le due norme lette insieme finiscano per ingessare la contrattazione collettiva, alimentando quel rischio di consolidare un sistema chiuso, nel quale viene meno la possibilità per altri soggetti, sindacali e datoriali, di contrattare un accordo che garantisca il raggiungimento delle finalità indicate dall’articolo 36 della Costituzione (la retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro). Si tratterebbe, cioè, di un passo indietro con conseguenze negative sul territorio e nelle singole aziende. Ed allora – spiega Capone - fermo restando un primo livello nazionale di tutele, anche economiche, la chiave di volta potrebbe essere proprio nella libertà sindacale di contrattare cosa è meglio per un settore o per un’impresa, esaltando in questo modo l’elemento partecipativo, arrivando a pensare, perfino, un coinvolgimento degli enti locali, in una sorta di contratto di comunità: un sistema che non ha bisogno di particolari paletti percentuali per dare patenti di rappresentatività, ma che potrebbe giovarsi di incentivi fiscali e contributivi, per concedere anche un aiuto a quei 17 milioni di italiani che sono sulla soglia di povertà relativa, nonostante abbiano un’occupazione stabile”.