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Esteri
Congresso Nord Corea, elezioni in Kazakistan e Kirghizistan. Pillole asiatiche

CONGRESSO IN COREA DEL NORD. Kim Jong-un eletto segretario generale del Partito dei lavoratori. La sorella Kim Yo-jong, invece, è rimasta fuori dalla lista dei membri del Politburo. Sono queste le novità (rilevanti) giunte dalla sesta giornata dell'ottavo congresso del Partito. La nomina di Kim, avvenuta tramite un voto, non è una cosa di poco conto: finora la carica era stata simbolicamente attribuita al padre Kim Jong-il. Così come in molti si aspettavano un ruolo di spicco per la sorella Kim Yo-jong, dopo che la sua presenza sembrava essere diventata sempre più centrale negli ultimi mesi. Tanto che in concomitanza con la chiacchierata "sparizione" del fratello, il suo nome era stato quello più in voga come possibile erede.

Gli analisti ritengono si tratti di un duplice tentativo per rafforzare la posizione di Kim, dopo che lo stesso leader aveva dichiarato "falliti" gli obiettivi del piano quinquennale e, soprattutto, dopo una situazione economica a dir poco difficile. Assumere un ruolo dalla portata simbolica così forte, mentre la sorella in ascesa rimane fuori dai piani più alti, dovrebbe cementare la presa di Kim, almeno nei suoi programmi. Ciò non significa che, come accaduto ad altri personaggi politici di spicco in passato, la sorella di Kim possa comunque tornare ai vertici in un futuro anche prossimo. 

A Kim, come detto, serviva mandare un segnale di forza, probabilmente arrivato anche attraverso una parata militare che si sarebbe tenuta nella serata del 10 gennaio. I volumi di commercio sarebbero crollati dell’80% nel 2020 e nel mese di ottobre si sarebbe raggiunto un record negativo nel valore delle merci passate dal confine con la Cina. Secondo quanto raccontato da Nk News, anche nella capitale sono venuti a mancare beni di prima necessità come zucchero e olio, mentre i prezzi di frutta e verdura sono schizzati in alto. Il nuovo piano quinquennale si concentrerà su un termine che ormai è diventato un mantra a diverse latitudini, comprese quelle asiatiche: autosufficienza. Impresa a dir poco complicata, con un isolamento diplomatico dal quale pare complicato venire fuori. Ma Pyongyang afferma di voler dipendere meno dalle importazioni anche per la difficile situazione sanitaria “esterna”. Già, perché ufficialmente la Corea del Nord è “Covid free“, tanto che Kim ha parlato a Pyongyang di fronte a circa settemila persone senza mascherina. 

Kim ha poi promesso che il partito troverà un nuovo modo per compiere ”un balzo in avanti radicale”. Nel nuovo piano quinquennale ci sono cambiamenti anche dal punto di vista politico. Il congresso del partito si è sempre riunito in maniera irregolare, ma da ora in poi l’evento dovrebbe avvenire con regolarità ogni cinque anni. Il politburo accentrerà ancora più poteri. Se davvero la situazione interna, sotto il profilo economico, è drammatica come appare, Kim potrebbe dare un ulteriore segnale di forza attraverso le spese militari, di cui tra l’altro ha parlato diffusamente durante il congresso. Tra i desideri del nuovo piano quinquennale ci sono un nuovo missile balistico intercontinentale a propellente solido, missili balistici con raggio di 15 mila chilometri, testate ipersoniche, armi nucleari tattiche, satelliti militari da ricognizione, nuovi sistemi aerei senza pilota. Kim ha inoltre annunciato il completamento di un piano per l’acquisizione di un sottomarino nucleare. Mentre è arrivato il primo messaggio a Biden, con gli Usa definiti il “più grande e principale nemico”. “La politica ostile americana non cambia a seconda di chi è alla Casa Bianca”, ha dichiarato Kim, che ha anche definito le relazioni intercoreane tornate indietro a prima della dichiarazione congiunta di Panmunjon (2018). 

ELEZIONI KAZAKISTAN: VINCE IL PARTITO DI NAZARBAYEV. SENZA OPPOSIZIONE

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E' andata come doveva andare. Domenica 10 gennaio si è votato in Kazakistan per le elezioni legislative, le prime sotto la guida di Kassym-Jomart Tokayev. Diventato presidente, a sorpresa, nel 2019 al posto del decano Nursultan Nazarbayev, Tokayev aveva promesso l'avvio di graduali riforme politiche e di apertura del sistema autoritario. Cosa che secondo molti non è avvenuta. Nazarbayev (il cui nome, Nur-Sultan, è diventato anche il nome della capitale), continua a mantenere il controllo politico del paese. Il suo partito, il Nur Otan (che già controllava la camera alta) ha vinto le elezioni di domenica con il 71% dei voti. Vale a dire la stragrande maggioranza dei seggi del Mazhilis, la camera bassa del parlamento kazako. Tra i candidati c'era anche la figlia maggiore, Dariga Nazarbayeva, che era stata licenziata (senza spiegazioni ufficiali) da Tokayev dal suo ruolo di speaker del Senato. 

I restanti seggi sono finiti ad altri due partiti fedeli al governo che sono riusciti a superare lo sbarramento del 7%. Si tratta del Partito democratico Ak Zhol con l'11% e del Partito del popolo del Kazakistan con il nove%. L'unico vero partito di opposizione, il Partito Socialdemocratico Nazionale (OSDP), ha boicottato le urne, criticando le mancate riforme e aperture promesse da Tokayev. Nei giorni precedenti al voto, decine di manifestanti sono stati arrestati, e poi rilasciati, ad Almaty e a Nur-Sultan. Manette scattate per centinaia di persone dopo il voto, quando sono partite le proteste in diverse città del paese. Gli osservatori dell'Osce hanno criticato il voto e sostengono che sia stato oscurato da restrizioni sistemiche della libertà di espressione. Tokayev ha definito il voto "un altro passo verso lo sviluppo democratico del Paese" e ha annunciato per i prossimi giorni la presentazione di un nuovo piano di riforme.

 

ELEZIONI KIRGHIZISTAN: JAPAROV PRESIDENTE. "SARA' UNA DITTATURA DELLA LEGGE"

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Sempre domenica 10 gennaio si sono svolte le elezioni presidenziali in Kirghizistan. Un voto molto atteso dopo quanto accaduto negli scorsi mesi. Il voto legislativo dello scorso ottobre, con il successo (secondo le accuse "truccato") dei partiti sodali del presidente Sooronbai Jeenbekov, avevano scatenato le proteste in un paese frammentato e sempre sull'orlo dello scontro tra fazioni rivali. Jeenbekov (come già accaduto a suoi predecessori) è stato costretto a dimettersi, mentre Sadyr Japarov è stato liberato dal carcere dai manifestanti ed è diventato il leader ad interim, rinunciando poi alla posizione per potersi candidare alla presidenza. L'ex presidente Atambayev, invece, è tornato in carcere dopo che anch'egli era stato in un primo momento liberato durante le proteste.

Oltre a Japarov c'erano anche altri 16 candidati, ma la vittoria è stata a dir poco agevole, con oltre il 79% delle preferenze. Non solo. I kirghisi si sono espressi anche per un referendum costituzionale, decidendo con oltre l'80% dei voti di rafforzare i poteri presidenziali. Un risultato che qualche mese fa sembrava insperato per Japarov, che dopo quattro anni di esilio era stato arrestato con l'accusa di aver organizzato il rapimento di un governatore provinciale. Japarov si è sempre difeso sostenendo che la sentenza fosse dettata da motivi politici. Dopo essere stato liberato durante le proteste scaturire dalle elezioni dello scorso ottobre, ha preso di fatto in mano la politica di un paese diviso. E ora è diventato presidente, anche se Adakhan Madumarov, uno dei suoi 16 rivali, si è rifiutato di riconoscerne la vittoria.

Nel suo primo discorso ha promesso "una dittatura del diritto e della giustizia", come riporta AskaNews. "Non ripeteremo gli errori del governo precedente. Negli ultimi 30 anni la corruzione ha preso piede nel nostro paese in quasi ogni aspetto della nostra vita, da oggi non tollereremo questa vergogna". Japarov ha poi annunciato che nominerà il nuovo primo ministro nei prossimi giorni, garantendo inoltre di rispettare l'equilibrio dei poteri. Mentre per superare la crisi economica causata dal Covid (e non solo), Japarov sostiene che ci vorranno due o tre anni. Prevista anche l'istituzione di un consiglio politico militare, mentre per le modifiche costituzionali ci sarà un altro referendum nei prossimi mesi. 

Il voto è stato osservato con attenzione da Vladimir Putin, preoccupato negli scorsi mesi dalle turbolenze kirghise, che si erano sommate alle proteste in Bielorussia e alla crisi del Nagorno Karabakh. Il presidente russo si è subito congratulato per la vittoria con Japarov, che da parte sua ha garantito che la Russia rimarrà il "principale partner strategico".

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