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Esteri
Cuba, la pandemia nell’isola è l’economia non il virus

La pandemia sta minando fortemente la resistenza del popolo cubano ma, forse, il Coronavirus è l’ultimo dei problemi dell’isola caraibica. La protesta della gente, che continua nel paese, nasce soprattutto dalla situazione economica.

I due grandi macigni sono infatti di ordine economico e si chiamano : politiche fallimentari del governo e lo scontro continuo con gli Stati Uniti. Quest’ultimo ha come unico risultato il tremendo “bloqueo”.

Tutto lo sconquasso è iniziato con una decisa revisione dell'agricoltura, è proseguito con il calo della domanda di medici cubani nei paesi alleati, il taglio degli aiuti dal Venezuela in crisi pesante e le nuove restrizioni finanziarie ( bloccate persino le crociere ) e sull’immigrazione negli States.

Risultato:  la peggiore crisi economica da 30 anni.

Nel 2020 il prodotto interno lordo di Cuba è sceso dell'11%. Il secondo peggior calo mai registrato nella storia, dopo il crollo del 14% nel 1993.

Durante il primo trimestre di quest'anno, il PIL ha registrato un secondo calo del 2%. La Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi (ECLAC) è convinta che nel 2021 Cuba si riprenderà ma solo del 2,2%.

Perchè Cuba è arrivata a questa situazione?

Nel 2002 Fidel Castro cambiò la politica economica chiudendo gli zuccherifici meno produttivi per potenziare quelli più produttivi. La produzione scese così a livelli mai visti prima. L'anno scorso Cuba ha prodotto meno di 800.000 tonnellate di zucchero (la metà pagate per i debiti verso la Cina). Per il consumo interno ne sono rimaste così davvero poche tonnellate.

Un’altra fonte di danaro sono ed erano i servizi professionali venduti ai paesi alleati. In primis i servizi dei medici cubani apprezzati in tutto il mondo. Ma le nuove amministrazioni di Ecuador, Bolivia e Brasile hanno ridotto drasticamente la domanda.

Ed ancora il Venezuela ricco contribuiva a coprire il 22% del Pil cubano. Ora il Venezuela povero non riesce nemmeno a sostenere se stesso.

Durante l'amministrazione Donald Trump, gli Stati Uniti hanno inasprito le sanzioni e le restrizioni su Cuba e limitato l'invio di rimesse, una delle principali fonti di reddito per il Paese. Anche le politiche restrittive di Trump continuate da Biden non hanno certo favorito la crescita.

Altra voce drammatica quella del turismo, principale fonte di reddito. Turismo calato da 3 miliardi di dollari l'anno a meno di 1 miliardo di dollari. Al momento i pochi turisti sono obbligati a fare la quarantena in alberghi scelti dal Governo prima di poter scorrazzare per il paese.

A Cuba , come in Venezuela, non mancano i beni di lusso, mancano i beni di base come dentifrici, latte per bambini e neonati, olio e carta igienica.

Negli ultimi anni con il fratello di Castro, Raúl , il Governo ha cercato di offrire ai cittadini maggiori libertà economiche.

Per la prima volta, ad esempio, i cubani possono legalmente affittare le loro case in alternativa agli hotel e creare microimprese nel settore turistico.

Il presidente, Miguel Díaz-Canel, ha anche annunciato che sarà consentita la creazione di piccole e medie imprese tra i 35 e i 100 dipendenti. Si è poi cercato di sviluppare i mercati, ma la mano dello Stato è sempre stata più pesante e i cambiamenti così lenti da non essere avvertiti dalla popolazione.

Se non avverrà un profondo cambiamento nelle politiche economiche di Cuba, è facile prevedere un peggioramento della già drammatica situazione.

Il Governo deve capire che non è necessario entrare in un sistema di mercato capitalista ma solo seguire le migliori pratiche economiche di governi come Cina e Vietnam, che sono riusciti a decentralizzarsi con la legge di mercato “mixando” con successo proprietà privata e statale. Questo ha alzato il livello di benessere sociale della popolazione.

Ma tutto ciò non sembra essere quello che, adesso, il governo cubano vuole.

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