Esteri
La nuova strategia Usa è l'opposto delle politiche europee
In sintesi, si potrebbe dire che gli USA del 47esimo Presidente abbandonano il ruolo di "gendarmi del mondo" per dedicarsi maggiormente alla loro politica interna

Trump (Foto Lapresse)
La nuova strategia Usa è l'opposto delle politiche europee
La Strategia per la Sicurezza Nazionale 2025 è un documento di 33 pagine, firmato dal Presidente Donald Trump, vincolante per gli Stati Uniti, e di fatto, anche per tutta l'Alleanza atlantica. Se, da un lato, gli americani continuano a considerare fondamentale essere la Superpotenza egemone in Europa, Asia orientale e Medio Oriente, dall'altro le modalità divengono molto più ammorbidite. Gli USA resteranno nella NATO con la loro fondamentale presenza militare, per quanto si sia aperto un serio dibattito sull'utilità effettiva di questa istituzione, che, secondo alcuni, non avrebbe più i presupposti principali per esistere.
In Oriente, l'Amministrazione Tycoon desidera implementare il sistema di alleanze bilaterali con Giappone, Corea del Sud e Australia, nonché il partenariato strategico con l’India. In secondo luogo - come osserva Maurizio Blondet sul suo blog - la strategia riafferma la logica della “pace attraverso la forza”. Il rafforzamento della potenza militare, sia convenzionale che nucleare, rimane un pilastro della politica di sicurezza statunitense.
La deterrenza è ancora percepita come lo strumento principale per prevenire conflitti tra grandi potenze e per mantenere equilibri di potere favorevoli. In terzo luogo, la centralità dell’Indo-Pacifico e della competizione tecnologica con la Cina è ulteriormente consolidata. La supremazia in settori come l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica, le telecomunicazioni avanzate, l’energia e la biotecnologia è considerata una componente integrante della sicurezza nazionale, piuttosto che un mero obiettivo economico o industriale. Le cose che vanno sottolineate sono le novità, ovvero le evidenti rotture rispetto al passato Dem e neocon.
La strategia critica esplicitamente tre decenni di libero scambio, delocalizzazione, apertura indiscriminata dei mercati e affidamento su istituzioni internazionali percepite come veicoli per l’erosione della sovranità economica degli Stati Uniti, ai quali non piace più la globalizzazione. L’obiettivo dichiarato non è più quello di “guidare l’ordine liberale”, ma di difendere gli interessi degli Stati Uniti come priorità, anche a costo di indebolire regole e pratiche consolidate nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.
La seconda grande discontinuità è la centralità attribuita all’immigrazione. Essa non è più trattata come una questione sociale o economica, ma come una minaccia fondamentale alla coesione interna e, quindi, alla sicurezza nazionale. La protezione delle frontiere è definita come la prima linea di difesa dello Stato e la strategia proclama esplicitamente la “fine dell’era delle migrazioni di massa”.
Il 18 marzo 2025, due mesi dopo l’insediamento del presidente Trump, il Director of National Intelligence Tulsi Gabbard, nella prima “Annual Threat Assessment” della nuova Amministrazione aveva già stravolto le priorità delle minacce alla sicurezza nazionale americana. In quella Threat Assessment a sua firma ha classificato le organizzazioni criminali transnazionali e i terroristi non statali come minaccia primaria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, declassando la minaccia russa e perfino quella cinese, che viene descritta solo alla fine del documento come “minaccia strategica preminente”.
Ciò che contraddistingue la minaccia trattata per prima nel rapporto ATA 2025, della Direttrice del DNI Gabbard: “I gruppi criminali non statali sono la minaccia più immediata e diretta per gli Stati Uniti e per il benessere del popolo americano”.
“Cartelli, bande e altre organizzazioni criminali transnazionali nella nostra parte del mondo sono impegnati in una vasta gamma di attività illecite, dal traffico di stupefacenti al riciclaggio di denaro, al contrabbando di immigrati clandestini e al traffico di esseri umani, che mettono in pericolo la salute, il benessere e la sicurezza degli americani di tutti i giorni”, è diventata il focus della strategia per la sicurezza nazionale 2025. La terza rottura riguarda l’abbandono della retorica della “promozione della democrazia”.
La NSS del 2025 non cerca più di trasformare altri sistemi politici dall’esterno invocando i diritti umani e le norme democratiche. Al contrario, afferma la legittimità della cooperazione con regimi autoritari e monarchici, quando questo può essere utile agli interessi degli Stati Uniti. La nuova "Dottrina Monroe" tratta l’emisfero come un perimetro di sicurezza esteso, in cui l’instabilità genera costi diretti per gli Stati Uniti e l’Unione Europea come una minaccia agli interessi degli americani.
Poiché le migrazioni incontrollate e l’emancipazione dei cartelli hanno origine principalmente da disfunzioni regionali, la strategia si impegna a stabilizzare le nazioni partner allineate alla politica MAGA, escludendo al contempo l’influenza avversaria. Questo duplice approccio – coinvolgimento positivo con i governi allineati e negazione coercitiva contro gli esterni – tra i quali emerge l’UE – ridefinisce le relazioni emisferiche e le partnership globali.
La quarta rottura risiede nella trasformazione delle alleanze in relazioni contrattuali condizionate. Le alleanze diventano meccanismi attraverso i quali Washington esige una maggiore definizione, non per forza basati su principi condivisi. Il globalismo e il cosiddetto “libero scambio” hanno danneggiato l’industria e la prosperità nazionali. Il transnazionalismo ha minato confini e identità. Il meccanismo ha coinvolto un consenso d’élite che ha disaccoppiato la politica dalle priorità degli elettori. La sopravvalutazione della capacità fiscale ha sostenuto contemporaneamente l’espansione del welfare e gli impegni militari globali. L’implicazione richiede una contrazione deliberata. Gli Stati Uniti consolidano il potere al loro interno e a livello regionale, abbandonando le aspirazioni a guidare un ordine universale.
In sintesi, si potrebbe dire che gli USA del 47esimo Presidente abbandonano il ruolo di "gendarmi del mondo" per dedicarsi maggiormente alla loro politica interna ed aprono ad un mondo multipolare, ove saranno protagonisti, inizialmente sul piano culturale e religioso, successivamente con trattati commerciali ben definiti. E' vero che allo stato attuale gli USA mantengono la centralità della più grande Superpotenza globale, ma in una graduale accettazione dell'emergere di nuovi contesti, nuovi mercati, altri Paesi importanti, di cui non desiderano una concorrenza all'ultimo sangue, ma una forma di collaborazione che garantisca i migliori equilibri possibili, fondati sugli accordi.
Se non resterà sulla carta, ma avrà concreto sviluppo, nei prossimi anni si potranno osservare non continui conflitti ma contratti di cooperazione globale, come Russia e Cina, in particolare, chiedono da tempo. Le élite politiche estere europee, secondo il documento strategico, “hanno mal calcolato la volontà dell’America di accollarsi per sempre oneri globali per le quali il popolo americano non vedeva alcun collegamento con l’interesse nazionale”.
Hanno “fatto scommesse enormemente sbagliate e distruttive” che hanno eroso la base industriale statunitense. Gli alleati hanno sfruttato la protezione americana. Le istituzioni hanno limitato la sovranità. Questa catena causale ha prodotto il declino. La correzione di Trump riporta l’attenzione sui guadagni tangibili per gli americani.
In questo contesto, il perno attorno al quale girava tutto il Patto Atlantico, cambia atteggiamento in senso sovranista, in gran parte identitario e dichiaratamente anti-globalista. Per la prima volta nella storia, questa UE è vista come avversaria perché persegue, invece, politiche mondialiste, socialdemocratiche e turbo-liberali, nonostante il vento nazionalista stia soffiando forte in ogni Paese del Vecchio Continente, seguito da buona parte dell'America Latina.
Anche la guerra in Ucraina, considerata persa dagli americani e da chi conosce la situazione reale sarà affare prettamente europeo, che inizia male con 90 mld di stanziamento fondi a Kiev per 23 su 28 Paesi membri, perché non esistono garanzie di restituzione del debito e la paventata copertura intimata alla Russia vincitrice appare una provocazione più che una prospettiva realizzabile. La UE alla fine sarà costretta ad adeguarsi alla strategia USA o continuerà per la sua strada che la porterebbe ad un pericoloso isolamento rispetto al resto del mondo?
