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Politica agricola comune, Greenpeace: "La riforma? Non è una svolta verde"

Accuse di Greenwashing contro gli ultimi accordi sulla Politica Agricola Comune (PAC) da parte degli attivisti di Greenpeace: questa mattina due climber hanno raggiunto la piattaforma sopra la porta principale del Parlamento europeo, appendendo uno striscione dal titolo: "Stop Greenwashing European Farming".

In queste ore si sta infatti svolgendo il “trilogo” sulla PAC, nel corso del quale rappresentanti dei governi dei Paesi Ue, del Parlamento europeo e della Commissione europea concluderanno i negoziati sulla politica agricola che l’Unione europea adotterà per i prossimi sette anni. Nonostante le critiche all’attuale PAC arrivate da oltre 3600 scienziati da una da una ricerca dello stesso Parlamento Ue e dalla Corte dei Conti europea, gli impatti negativi della PAC sull'ambiente, sul clima e sulla salute pubblica rimarranno invariati se sarà confermato l’attuale testo e se ogni Stato non adotterà Piani Strategici Nazionali (PSN) molto più ambiziosi dal punto di vista ambientale e sociale.

“La maggior parte delle forze politiche, in Europa come in Italia, sta cercando di presentare questa riforma come una svolta green, ma è solo una pennellata di verde su una politica che nasce già vecchia”, dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia. “Questa PAC, come la precedente, continua a finanziare con fondi pubblici un sistema basato su agricoltura industriale e allevamenti intensivi, che divora il Pianeta e che costituisce un’ulteriore minaccia per il clima e per la nostra salute. A farne le spese sono anche le piccole aziende, dato che la maggior parte dei sussidi vanno a foraggiare le aziende più grandi e intensive.”

Il mondo scientifico sta suonando da tempo il campanello d’allarme, avvertendo che la sovrapproduzione di carne e latticini è una delle principali cause della distruzione delle foreste e della perdita di biodiversità. Si abbattono le foreste per fare spazio a nuove colture per produrre mangimi, e ciò aumenta il rischio di entrare in contatto con nuovi virus che dagli animali potrebbero passare agli esseri umani.

“Per prevenire future epidemie e gli immensi costi economici, umani e sociali, ad esse connessi, è necessario che la politica apra gli occhi sulla necessità di cambiare radicalmente il nostro sistema di produzione di cibo, a cominciare da una drastica riduzione di produzione e consumo dei prodotti di origine animale”, continua Ferrario. “Il governo italiano è chiamato a una doppia prova: esprimersi in questo senso nell’ambito del Consiglio europeo e stilare un Piano Strategico Nazionale sulla PAC che punti su meno quantità e maggiore qualità, anche nell’interesse di tutte quelle piccole aziende agricole che rischiano di chiudere. Il resto è solo greenwashing”.

Anche i parlamentari europei possono ancora fare la loro parte: dopo l’estate il Parlamento europeo sarà infatti chiamato a votare il testo finale della PAC, e se questo venisse respinto potrebbe esserci  spazio per una PAC che sia davvero “nuova” e “verde”. Nei prossimi mesi, inoltre, i governi dell’Unione dovranno presentare alla Commissione europea i rispettivi piani strategici nazionali per ottenere l'approvazione. Vista la debolezza dell’attuale cornice della PAC, sarà ancora più importante che questi piani nazionali abbiano obiettivi ambiziosi.  

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