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Karen Grassle, de "La casa nella Prateria" racconta l'indimenticabile epopea

Karen Grassle l’epica Caroline Ingalls de “La casa nella prateria”, si racconta con aneddoti e curiosità

Lei è Karen Grassle, l’iconica Sig.ra Caroline Ingalls di Walnut Grove, mamma di tre bellissime figlie e moglie di Charles, ne “La casa nella prateria”. Uno dei personaggi principali che hanno inchiodato quattro generazioni sui divani di mezzo mondo, tra lacrime, emozioni e storie memorabili di un periodo americano fedelmente aggrappato alle tradizioni dei pionieri, alla sacralità della famiglia e ai rapporti con la comunità locale. Una serie durata dieci anni (a cavallo tra i ’70 e gli ’80) ma che tutt’oggi ancora va in onda sulle emittenti televisive internazionali; Italia in primis. 


Nove stagioni per 204 episodi e sei lungometraggi, una lunga narrazione frutto del racconto autobiografico della vera Laura Ingalls Wilder (1897-1957), interpretata da Melissa Gilbert, che l’attore, regista e produttore Michael Landon - insieme a Ed Friendly per la NBC - ha voluto riprendere e trasporre sul piccolo schermo. Divenuto un cult per nostalgici e appassionati, “Little House on the Prairie” è considerato all’unanimità uno degli sceneggiati più rappresentativi e seguiti della Tv planetaria dal secondo dopoguerra ad oggi. Ma Karen Grassle, la paziente madre di Laura, Mary e Carrie, ha anche una sua rilevante storia artistica e personale alle spalle, dai primi studi universitari in California alla London Academy of Music and Dramatic Art, passando per New York e le rappresentazioni teatrali (sua intima passione) nel New Mexico con il figlio. Oggi ancora attiva sui set in Canada e negli States.  

Karen ha voluto parlare molto di sé e di quella straordinaria esperienza che fu “Little House”, tramite aneddoti e curiosità che ci riportano indietro in un tempo che sembra quasi essersi fermato, tra la polvere di quei fienili e l’epopea delle prime locomotive a vapore: "Mi sono ispirata a mia madre, perché aveva avuto anche lei un 'background' rurale. Andava a scuola a piedi nudi, su un cavallo, ed era diventata un’insegnante di una sola classe. Ogni cosa di lei rispecchiava la vita della “mia” Caroline Ingalls. Un lavoro interiore importante, il massimo a livello recitativo".

E poi la conquista: “Nel momento in cui la interpretavo ho avuto qualche conflitto interiore, perché Caroline era l’iconica moglie e madre in un ruolo confinato, molto tradizionale. Io invece ero una convinta femminista, che marciava per l’emendamento sulla parità dei diritti, e quindi, in qualche modo, ero combattuta per il modo in cui gli sceneggiatori a volte non le davano abbastanza forza, identità. Ma nel corso degli anni ho continuato a premere, premere e lottare, sempre di più, finché pian piano sono riuscita a darle la giusta autorevolezza che meritava come donna!”. 

Ma anche: i rapporti burrascosi con Michael Landon,Ci furono delle incomprensioni tra noi”, l’affetto per Karl Swenson, le difficoltà fisiche estreme durante le riprese, l’amore per l’Italia, Firenze nella fattispecie. “La prima volta con le amiche, una settimana sensazionale, poi in luna di miele!” ….e ancora tanta voglia di lavorare alla soglia delle sue magiche e intense ’80 primavere.    


Karen, lei è molto popolare in Italia (ma anche nel resto del mondo) grazie al suo personaggio Caroline Ingalls (moglie di Charles e madre di Laura Ingalls) ne “La casa nella prateria”. Quando inizia la sua carriera nel settore cinematografico?


Avevo fatto un po’ di televisione a New York, soap opera, TV educativa, spot pubblicitari e altro, ma mai una prima serata. L’opportunità avvenne quando ho incontrato Michael Landon per una nuova serie chiamata “Little House on the Prairie”. Stavano cercando qualcuno che interpretasse la mamma. Avevano i figli, avevano il signor Edwards, avevano il capo indiano, ma non avevano la madre. Lo scrivo in realtà anche sul mio libro, nel dettaglio, ove ricordo com'è stato il primo incontro con Mike. Voleva che leggessi la parte anche il giorno dopo, quindi sono tornata di nuovo e si è seduto accanto al divano, poi sul pavimento, guardandomi fissa, da vicino. Fu piuttosto intimidatorio. Abbiamo letto la scena e lui disse “bene”, e poi quella successiva, e lui - saltando su dal pavimento - come un jack-in-the-box, esclamò: “Mandatela all’armadio!”. Era pronto a lanciarmi sul posto. Ma si è poi scoperto che non bastava. Anche i dirigenti della rete avrebbero dovuto approvarmi. Abbiamo fatto dunque un’altra prova/intervista davanti alle telecamere a circuito chiuso che è stata inviato poi a New York City. Hanno approvato anche loro.

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