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Sallusti-Giannini, la guerra è "politica": così l'editoria scompare
Sallusti-Giannini

Sallusti-Giannini, la guerra a colpi di penna è anche "politica"

Va in scena uno scontro a “colpi di penna” tra Massimo Giannini e Alessandro Sallusti. Tutto inizia dall’editorialista, che su Repubblica chiama in causa il Cavaliere e l’attuale premier Giorgia Meloni.

"Con grande sprezzo del pericolo e del ridicolo, Giorgia Meloni e i suoi Fratelli stanno mostrando agli italiani cosa sia e come funzioni la “capocrazia” che hanno in testa per questo Paese. Lo sgangherato attacco della premier a Repubblica , per interposto editore, tradisce la sua idea malsana di Stato Padrone e la sua dottrina illiberale del Potere. Rivela una gestione proprietaria del governo e dell’amministrazione... Meloni si sta rivelando la più degna erede di Berlusconi. Come il Cavaliere, anche la Sorella d’Italia non sopporta il dissenso, ed usa tutte le leve che ha per intimidire, delegittimare, silenziare. Come il Cavaliere, anche la Sorella d’Italia ritiene che, se un capitalista possiede un organo di informazione, trasforma per ciò stesso i giornalisti che ci lavorano nei suoi pierre o nei suoi utili idioti. 

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L’informazione o è addomesticata, o non è. È la “capocrazia”, e non fa prigionieri. Il manganello meloniano non risparmia nessuno dei pochi presidi informativi ancora indipendenti. Da Repubblica al Domani, da Otto e Mezzo a Report a Piazzapulita : se non li puoi controllare, dileggiali, infangali, bastonali. Queste regressioni democratiche sono purtroppo tipiche delle forze sovraniste e populiste che hanno governato e governano anche in Occidente. Esistono nell’America trumpiana come nell’Europa orbaniana. Ma alla vigilia di una campagna elettorale che si preannuncia velenosa e avventurosa, vogliamo rassicurare la Sorella d’Italia. Questo giornale ha gli anticorpi.

Per più di vent’anni abbiamo retto l’urto del Caimano, mentre i suoi chierici salmodiavano in lode delle sue “gloriose gesta” e i suoi avvocati vaneggiavano in coro sulla sua 'persecuzione giudiziaria'. Figuriamoci se oggi ci possono spaventare le intemerate dell’Underdog e i latrati della sua famelica muta di cani"

Non si è fatta attendere la risposta di Alessandro Sallusti, su “il Giornale”.

"A La Repubblica – lo abbiamo scritto anche ieri – scoprono che un giornale non lo si giudica tanto dal suo padrone. Vero, il buon metro di giudizio, certamente obiettivo è il successo che ottiene, successo che non può che essere figlio della fondatezza, novità e onestà delle sue idee. Bene, detto che la crisi dell’editoria cartacea ha colpito e sta colpendo tutti i giornali (noi compresi ovviamente) non è un caso che negli ultimi anni il maggior tracollo di vendite lo ha registrato La Repubblica sulla cui prima pagina si è passati dagli elzeviri di Eugenio Scalfari ai rutti liberi di Massimo Giannini, l’ex direttore de La Stampa dalla quale fu cacciato pochi mesi fa perché a sua volta aveva battuto il record stagionale di copie perse per eccesso di trombonaggine e stupida faziosità.

Insomma, un manipolo di perdenti cronici (nelle urne e nelle edicole) sta provando a ergersi a maestri di vita dispensando pagelle a destra (e non a manca) con argomenti da osteria e toni da crisi isterica (su di noi il giudizio è: «latrati di una famelica muta di cani»). Signori come Giannini, per anni al soldo di un tangentista come Carlo De Benedetti e ora del turbo capitalista John Elkann (famiglia Agnelli, quella usa a privatizzare gli utili, meglio se in Svizzera, e mettere le perdite sul groppone dei contribuenti) ci spiega in queste ore, tra un insulto e l’altro, come prima Berlusconi e ora Giorgia Meloni siano stati e sono il male assoluto".

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