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Zoombombing: l'hate speech si evolve.Ecco i disturbatori delle riunioni online

È lo Zoombombing la nuova frontiera del discorso d'odio. A sostenerlo con convinzione e' la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio, che in un lungo post su Facebook spiega come agiscono gli aggressori e come e' possibile proteggersi dagli attacchi sempre piu' diffusi in tempi di conferenze streaming.

"Si chiama Zoombombing - scrive su Facebook la Rete - il fenomeno per cui alcune persone (non invitate, singolarmente o piu' spesso organizzate in piccoli gruppi) intervengono a videoconferenze o incontri, in genere all'inizio o verso la fine, e cominciano a disturbare offendendo gli/le altr* partecipanti, impedendo loro di parlare, condividendo a video materiali sessisti, transomofobici, o inneggianti a razzismo, fascismo e nazismo, negazionismo, e all'Olocausto".È quanto accaduto, ad esempio, lo scorso 13 novembre nella giornata d'apertura del convegno online organizzato dalla Societa' Italiana delle Storiche (Sis), in collaborazione con Archivia e Casa Internazionale delle Donne, attaccato da una serie di profili che hanno condiviso immagini e scritte inneggianti al duce, svastiche e contenuti sessisti, tanto da costringere le organizzatrici a interrompere e ricominciare in modalita' protetta la conferenza.

Gli zoombomber, ricorda la Rete, "agiscono non solo su Zoom ma anche su altre piattaforme di streaming (Google Meet, Microsoft Teams, etc.)" e "scelgono gli incontri e le conferenze a cui partecipare con intenti di disturbo e aggressione verbale copiando indirizzi e 'meeting ID' dalle pubblicita' degli eventi che gli organizzatori postano nei loro profili social, ma possono anche arrivarci attraverso profili di utenti generici, per mezzo di condivisioni".Un fenomeno, nato a marzo nelle stanze virtuali di mezza Europa e sempre piu' diffuso, che, avverte la Rete, sta diventando "pratica ricorrente per interrompere o disturbare incontri dedicati a temi politici e sociali, dibattiti su questioni di genere e identita' di genere, conferenze antirazziste e antifasciste, solo per citare alcuni esempi. In alcuni casi- sottolinea- a prescindere dal tema dell'evento, e' il soggetto organizzatore a venire colpito (circoli Arci, Forum del Terzo Settore, Fondazione Nuto Revelli, associazioni Lgbti), per impedire il normale svolgimento delle sue attivita' attaccandone i membri con frasi o immagini ingiuriose, minacce, formule di incitamento all'odio".

Per questo la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio invita a prendere gli attacchi degli zoombomber "molto sul serio: sia perche' si stanno moltiplicando come strumento di propaganda razzista e fascista, transomofobica, antisemita"; "sia perche' devono e possono essere fermati per impedire ai loro autori e alle loro autrici di minacciare gli unici spazi di discussione civile attualmente a disposizione. Contro forme che appaiono sempre piu' organizzate e radicalizzate, la risposta - da parte di tutt* noi - deve essere esplicita, ferma, coordinata".

Ma come si puo' prevenire un attacco su una conferenza web? Secondo la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio, occorre: "scegliere piattaforme di streaming che permettano di sapere chi sta partecipando all'incontro o all'evento, di ammettere i partecipanti in una 'waiting room', di silenziarli o rimuoverli nel caso se ne dovesse presentare l'occasione; dotare gli incontri di password; ammettere solo partecipanti autenticat*"; utilizzare "forme ibride di trasmissione dell'evento", (ad esempio "ricorrendo a piattaforma di streaming per gli/le speaker e alla diretta Facebook per rendere l'evento accessibile a chiunque").

In caso di attacco, invece, la Rete consiglia di "silenziare anche in un secondo momento i/le partecipanti, nel caso le loro incursioni siano moleste o inopportune"; inoltre, "quasi tutte le piattaforme prevedono la rimozione dei/delle partecipanti anche ad evento in corso, e la loro uscita dall'evento per scelta dell'host". È poi fondamentale "registrare l'evento" per "documentare l'aggressione ed eventualmente fornire alle autorita' competenti materiali" per una denuncia.

La segnalazione, secondo il suggerimento della Rete, oltre alla Polizia Postale preposta all'accertamento di comportamenti illeciti sulla rete, va fatta anche "alla piattaforma o al provider del servizio". In "casi particolarmente gravi, e dal contenuto esplicito, segnalare il fatto anche a un'autorita' giudiziaria". Per denunciare il fenomeno poi il suggerimento e' di "raccontare quanto accaduto sulle proprie pagine social o tramite un breve comunicato stampa" e di segnalare il fatto alla pagina Facebook della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio. 

da Il Redattore Sociale

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