Medicina
Humanitas, nuova terapia per infarti gravi con i farmaci di nuova generazione
Secondo una ricerca di Humanitas, aggiungendo farmaci anticoagulanti di nuova generazione (DOAC) si potrebbe aiutare a prevenire i rischi dopo infarti più gravi
Humanitas, farmaci anticoagulanti di nuova generazione per prevenire rischi di ictus, embolie o nuovo infarto
Secondo una ricerca di Humanitas, aggiungere farmaci anticoagulanti di nuova generazione (DOAC) alla terapia dopo gli infarti più gravi aiuterebbe a evitare i rischi di ictus, embolie o nuovi infarti. Tale tipologia di farmaci è oggi usata per ridurre il rischio ischemico nella fibrillazione atriale, ma potrebbe essere una nuova opportunità terapeutica anche per i pazienti che hanno subito un grave infarto. A dirlo, i dati di una ricerca di analisi realizzata da Humanitas University che apre nuovi e importanti scenari nel trattamento dell'infarto: diretta da Giulio Stefanini, pubblicata su JAMA Cardiology, ha visto 473 studi analizzati, 19 studi clinici candidati e 29.667 pazienti con infarto di varia gravità nei 6 studi selezionati.
Giulio Stefanini, cardiologo di Humanitas e ricercatore: efficacia trattamento con anticoagulanti cambia in base a gravità infarto
Sono questi i numeri che hanno portato i ricercatori di Humanitas, in collaborazione con il San Raffaele e il Duke Clinical Research Institute (USA), a evidenziare i benefici dell’associazione di terapia anticoagulante con farmaci di nuova generazione nei pazienti con infarto grave, ovvero caratterizzato dalla rottura di una placca instabile che determina trombosi coronarica e alto rischio trombotico post infarto. «Dall’arrivo sul mercato dei farmaci DOAC già usati nella Fibrillazione Atriale - spiega il prof. Giulio Stefanini, cardiologo di Humanitas e ricercatore di Humanitas University - si è cercato di valutarne l’uso anche nella prevenzione di eventi ischemici dopo infarto. Tuttavia, negli studi fino ad oggi disponibili risultavano discutibili i dati sull’efficacia di una strategia farmacologica anti-trombotica più intensa che preveda l’aggiunta di DOAC in tutti i pazienti, indiscriminatamente, dopo infarto miocardico. Infatti, il prezzo che il paziente pagava in termini di rischio emorragico a fronte dei benefici anti-ischemici era così alto che i DOAC non sono utilizzati nella pratica clinica dopo un infarto».
Ad oggi, il trattamento dell’infarto si basa sulla rivascolarizzazione (angioplastica) seguita da una terapia con due farmaci antiaggreganti per ridurre il rischio trombotico molto elevato in ogni tipo di infarto. «Partendo dall’ipotesi che proprio la somministrazione indiscriminata post infarto a tutti i pazienti fosse la causa degli scarsi risultati – prosegue Stefanini – abbiamo analizzato tutti i dati ad oggi disponibili per verificare se l’efficacia dei nuovi farmaci anticoagulanti cambiasse in base al profilo di rischio dei pazienti.
Per la prima volta, abbiamo trovato l’evidenza di un beneficio anti-trombotico molto marcato di questa classe di farmaci, ma solo nei pazienti con la tipologia di infarto più grave e, quindi, con rischio trombotico più elevato. In questi pazienti, i benefici in termini di protezione anti-trombotica superano di molto il rischio di complicanze emorragiche, mentre nei pazienti con infarto meno grave l’uso dei DOAC non è giustificato perché il rischio di emorragie va ad annullare il beneficio anti-trombotico. Questo risultato apre nuovi e importanti scenari nel trattamento dell’infarto che andranno confermati da studi disegnati ad hoc solo sui pazienti con infarto più grave.»