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Medicina
Lattoferrina, la molecola naturale umana contrasta il Covid-19. La ricerca

Secondo una recente ricerca la lattoferrina serve a contrastare il Covid-19. Si tratta di una molecola utile nel contrastare l'infezione e la ‘tempesta infiammatoria’ provocata dal virus. Riscontri interessanti arrivano da una ricerca condotta dalle Università di Tor Vergata e La Sapienza di Roma. L'intervista alla professoressa Piera Valenti, Ordinario di Microbiologia all'Università “La Sapienza” di Roma sulle caratteristiche della lattoferrina per contrastare l’infezione da Covid-19.

Che cos’è la lattoferrina?

“La lattoferrina è una molecola naturale presente in tutte le secrezioni umane compreso il latte materno ed è anche sintetizzata dai neutrofili nei siti d’infezione e d’infiammazione. La sua sintesi è sotto il controllo ormonale e, pertanto, diminuisce con l’età. È stata scoperta nel 1939 nel latte umano e bovino e la struttura tridimensionale è stata pubblicata negli anni 60. La lattoferrina estratta dal latte bovino ha un’elevata omologia di sequenza con quella umana e identiche funzioni. Viene, quindi, utilizzata in tutti gli studi in vitro ed in vivo. È importante sottolineare che la Food and Drug Administration (FDA, USA) già dal 2012 ha riconosciuto la lattoferrina bovina priva di effetti avversi (Generally Recognized as Safe-GRAS) e l’ha classificata come una sostanza nutraceutica. Il termine nutraceutica, coniato da Stephen de Felice nel 1989, deriva dalla fusione dei termini nutrizionale e farmaceutico e riguarda lo studio di alimenti o parti di essi.  Le sostanze nutraceutiche rientrano nella categoria degli integratori alimentari che a seconda della giurisdizione possono vantare di prevenire malattie o migliorare la salute umana. Ribadisco, pertanto, per chi lo ignorasse, che la lattoferrina non è un farmaco né sostituisce alcun farmaco ma è una sostanza nutraceutica priva di effetti avversi, riconosciuta da anni come un integratore utile per la salute umana”.

Ma qual è il meccanismo d’azione della lattoferrina?

“La ringrazio per avermi fatto questa domanda in quanto i detrattori della lattoferrina hanno ignorato completamente diversi punti fondamentali del suo meccanismo d’azione. Ad esempio avrebbero dovuto sapere che la lattoferrina è una proteina multifunzionale che non è solo in grado di sequestrare il ferro libero, quando è in eccesso, ma che svolge contemporaneamente anche un’azione anti-infiammatoria”.

Esistono farmaci in grado di chelare gli ioni ferrici e la lattoferrina che vantaggio offre rispetto a questi farmaci?

“Esistono medicinali, conosciuti come agenti chelanti, utilizzati per rimuovere dall’organismo l’eccesso di ferro libero, dannoso sia perché aumenta la suscettibilità dell’ospite alle infezioni e sia perché induce la produzione di superossidi (specie reattive dell’ossigeno) che danneggiano le cellule, gli organi e le loro funzioni. Tuttavia, anche se gli agenti chelanti sequestrano il ferro diminuendone l’eccesso, essi provocano effetti avversi e, soprattutto non svolgono un’azione anti-infiammatoria come la lattoferrina”.

Può spiegare meglio perché l’eccesso di ferro nell’organismo è associato all’infiammazione?

“In condizioni fisiologiche, il ferro è legato a proteine e composti organici e non è libero mentre in condizioni patologiche si osserva un eccesso di ferro libero nelle cellule e nelle secrezioni ed una sua carenza in circolo (anemia da infiammazione). Durante i processi infiammatori il metabolismo della cellula cambia anche in riferimento alla localizzazione del ferro. Infatti, il ferro resta sequestrato nelle cellule e non può essere riversato nel circolo da parte di proteine specifiche che sono inibite dall’infiammazione. Un eccesso di ferro intracellulare facilita la replicazione dei microorganismi intracellulari. La lattoferrina risolve questo disordine metabolico perché sia sequestra il ferro in eccesso e sia perché diminuisce l’infiammazione permettendo al ferro la sua fisiologica collocazione nel circolo e non nell’interno delle cellule. Già queste due funzioni potrebbero spiegare l’efficacia della lattoferrina verso le infezioni”.

Ora è chiara la correlazione tra eccesso di ferro, infiammazione e lattoferrina ma qual è il nesso tra la lattoferrina e l’infezione da SARS-CoV-2?

“Come tutti sanno, l’infezione da SARS-CoV-2 provoca “una tempesta infiammatoria”. Come ho detto prima, l’infiammazione induce disordini nel metabolismo del ferro come ha anche dimostrato Antonella Nai et al del San Raffaele di Milano (2020) in riferimento a pazienti affetti dal COVID-19. È inoltre noto che la replicazione dei virus è, in genere, favorita dall’eccesso di ferro libero intracellulare. Pertanto, la somministrazione della lattoferrina sia sottraendo direttamente il ferro sia svolgendo una significativa attività antiinfiammatoria, diminuisce l’infezione virale”.

Ma Lei ha anche dichiarato che la lattoferrina inibisce o diminuisce l’entrata di SARS-CoV-2 nelle cellule. 

“Si, certamente, lo confermo e qui entra in gioco la natura multifunzionale della lattoferrina. Infatti, la lattoferrina oltre a sequestrare il ferro e a svolgere una potente attività anti-infiammatoria, grazie alla sua carica fortemente positiva, è in grado di legarsi ai componenti superficiali negativi delle cellule e dei virus, svolgendo così un’attività antivirale. In altre parole, la lattoferrina interagendo con le cellule ed il virus protegge l’ospite impedendo l’entrata del virus nelle cellule”.

L’attività antivirale della lattoferrina era già nota prima dei vostri studi su SARS-CoV-2? 

“Si, certamente! In sintesi, è noto da tempo come la lattoferrina bovina sia efficace nell’inibire le infezioni da virus a DNA o RNA con un meccanismo d’azione identico a quello che abbiamo osservato con SARS-CoV-2 e cioè si lega al virus e alle cellule”.

Questo è ciò che si conosce su questa molecola, ma come si è svolto il vostro studio? Può sintetizzarci i risultati?

“Sono molto contenta di questa domanda perché mi permette di chiarire un punto molto importante che per gli integratori non viene mai preso in considerazione: l’analisi di qualità dell’integratore. Il nostro Gruppo, prima di iniziare la sperimentazione in laboratorio e nei pazienti, ha approfonditamente analizzato la lattoferrina che avremmo utilizzato nello studio, al fine di verificarne la purezza e la funzionalità. Queste analisi, anche se non richieste dalla normativa degli integratori, sono, tuttavia, fondamentali per noi, perché garantiscono l’attendibilità, ripetitività ed affidabilità dei risultati ottenuti. Stabilita la purezza e l’integrità della proteina, abbiamo proceduto ai test di laboratorio per stabilire l’attività antivirale utilizzando due linee cellulari. Abbiamo così osservato che la lattoferrina può inibire le fasi precoci dell’infezione da SARS-CoV-2 grazie al suo legame con le cellule e con spike come confermato in silico dal Prof. Falconi dell’Università di Tor Vergata. In sintesi la lattoferrina legandosi ai virus e alle cellule svolge un’azione di contrasto all’ infezione virale e di protezione cellulare dall’ingiuria del virus. Dopo questi dati, il Gruppo della prof.ssa Campione e del prof Bianchi ha disegnato uno studio pilota in pazienti positivi a SARS-CoV-2 trattati con lattoferrina liposomiale per via intranasale ed orale, non trattati o trattati con la terapia classica senza lattoferrina (Campione et al BioRxiv Agosto 2020 e Campione et al BioRxiv Dicembre 2020, rispettivamente). In tutti i pazienti trattati con lattoferrina abbiamo osservato una diminuzione dei fenomeni infiammatori e tempi di negativizzazione dei tamponi molecolari più brevi rispetto a quelli osservati in pazienti non trattati o trattati con la classica terapia senza lattoferrina”.

La vostra ricerca ha tuttavia originato critiche nella comunità scientifica come, ad esempio, che non ci sono evidenze cliniche sull’efficacia contro SARS-CoV-2. Che cosa risponde a queste obiezioni?

“Le prove di laboratorio ottenute utilizzando la lattoferrina pura, e non sue associazioni con vitamine o altri integratori, hanno creato un valido presupposto per proseguire la ricerca disegnando lo studio pilota su pazienti affetti da COVID-19 trattati con lattoferrina pura e non con una miscela d’integratori. Pertanto, tutti gli effetti osservati in vitro ed in vivo sono riferibili esclusivamente a quantità note di lattoferrina pura, controllata per l’assenza di frammenti di degradazione e, pertanto, completamente funzionale.  Si sottolinea ancora che lo studio pilota in questione non aveva lo scopo di evidenziare l’efficacia di un farmaco, ma solo di verificare, preliminarmente, l’attività protettiva di questo integratore alimentare puro nei confronti dell’ingiuria virale. Tengo anche a precisare che lo studio su integratori alimentari viene normalmente condotto per dimostrare gli effetti sulla salute o sulla riduzione di un fattore di rischio di malattia ai sensi del Regolamento (CE) 1924/2006; o per confermare la validità dell’indicazione d’uso come ad esempio nel caso di alimenti a fini medici speciali di cui alla direttiva 99/21/CE, attuata dal DPR 57/2002. 

Anche se il numero dei pazienti, pur se aumentati, è ancora esiguo, l’arruolamento sta proseguendo. Inoltre, in aggiunta al nostro studio sono anche in corso altri trial clinici in Italia, Spagna, Perù ed Egitto. Siamo, quindi, in attesa di questi nuovi risultati che saranno utili ad aumentare il numero dei pazienti trattati e daranno un ulteriore contributo allo studio dell’azione della lattoferrina nei confronti di SARS-CoV-2”.

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