Milano, 22 feb. (Adnkronos) - Se diminuiscono le controversie in materia di licenziamento, a seguito del cosiddetto 'blocco' intervenuto con l'emergenza Covid, la sezione Lavoro della corte d'Appello di Milano si ritrova a fare i conti con un "enorme aumento" delle dispute legate all'impugnazione delle clausole della contrattazione collettiva che stabiliscono valori minimi del salario. Chi si rivolge alla giustizia ritiene inadeguata la retribuzione. "Si tratta - si legge nella relazione sull'amministrazione della giustizia nel Distretto della corte d'Apello di Milano, diffuso in occasione dell'anno giudiziario - di una variazione sul tema dell'indigenza, declinato dal punto di vista di chi è occupato regolarmente e stabilmente, ma valuta che la retribuzione percepita, pur se corrispondente ai minimi tabellari di alcuni contratti collettivi - in particolare nel settore dei servizi fiduciari - sia inferiore ai livelli di sufficienza del reddito, quali risultano dalle indicazioni dell'Istat sulla soglia di povertà". Al giudice si chiede di determinare la "giusta" retribuzione riconosciuta in Costituzione, ossia 'proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa'.
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