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Palermo, 23 feb. (Adnkronos) - Avrebbe violentato, secondo l'accusa, la propria figlia perché lesbica e poi, quando lei al processo si costituì parte civile, per vendicarsi, la investì con la macchina. Oggi il pm della Procura di Termini Imerese (Palermo) ha chiesto la condanna a otto anni di carcere per l'uomo e di due anni di reclusione per la madre della ragazza. Una brutta storia di violenze e di soprusi su una ragazza solo perché omosessuale. Come raccontato dalla stessa vittima, quando il padre la violentò le disse: "Queste cose devi guardare, non le donne". E poi avrebbe ancora detto, con la moglie: "Meglio morta che lesbica", dopo averla rinchiusa nella camera da letto.Una punizione esemplare scattata tra le mura domestiche. All'epoca dei fatti la giovane aveva appena 15 anni. Oggi ne ha quasi 25 e si è costituita parte civile davanti al gup di Termini Imerese, nel processo che si celebra con il rito abbreviato, contro i genitori accusati di maltrattamenti e atti persecutori. A rappresentare la ragazza in aula l'avvocato Giuseppe Bruno, che è sempre stato vicino alla vittima. Il padre risponde anche di violenza sessuale aggravata. Una volta diventata maggiorenne la ragazza trovò il coraggio di denunciare l'accaduto. A fare scattare la rabbia e la follia dei genitori erano stati dei messaggi trovati sul cellulare della ragazza da cui sarebbe emerso il suo orientamento sessuale. Fu la sorella della giovane a raccontare tutto ai genitori. La donna tentò anche più volte il suicidio. Poi, dopo l’ennesimo abuso sessuale, scappò di casa e li denunciò appena diventata maggiorenne."Vennero a prendermi a scuola - raccontò la vittima agli inquirenti- e mentre eravamo in macchina mi davano botte dappertutto". Poi a casa l'abuso sessuale. Dopo la denuncia presentata nel 2016 la giovane è stata subito trasferita in una comunità protetta. L'udienza è stata rinviata dal giudice per le indagini preliminari al prossimo 22 giugno per sentire le difese e la parte civile.





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