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Politica
Calenda: "Batterò Salvini, prenderò il 7%". Ma gli Usa gli ridono in faccia

Calenda, il piacione dei Parioli che ondeggia tra destra e sinistra

Carlo Calenda l’ha sparata grossa l’altro giorno quando ha fatto visita all’Ambasciata Usa in Italia, a via Veneto. “Alle Europee prendo il 7% e a gennaio 2025 entro nel governo Meloni al posto di Matteo Salvini”. Affermazioni che svelano la vera natura di Carlo Calenda e cioè il Potere per il Potere. Per dimostrarlo basta guardare le sue continue oscillazioni tra destra, centro e sinistra. Un giorno si sveglia marxista, il giorno dopo gira con la maglietta di Giorgio Almirante e quello dopo ancora lo vediamo in versione democristiana che dice che l’unica cosa importante in politica è il centro.

Che credibilità politica quindi si può avere quando si cambia in continuazione a seconda del vento che soffia? Ex uomo di Montezemolo in Confindustria, alcuni malvagiamente lo definirono “portaborse”, nipote del regista Luigi Comencini, figlio della regista Cristina tutta gente ricca di sinistra, aveva però la bisnonna principessa napoletana. Insomma l’ambiente è quello che si sintetizza in un termine: radical-chic.

Ed infatti la zona di azione di Calenda sono i Parioli, il quartiere–bene di Roma. E forse sarà per la vicinanza con l’ambasciata Usa che l’ex ministro era così eccitato: aria di casa. Via Veneto è a un tiro di schioppo infatti da Villa Borghese.

Quando era alla guida del dicastero dello Sviluppo economico il bipolarismo destra-sinistra gli si era accentuato. Le trattative con i lavoratori lo eccitavano e si mostrava nella sua versione preferita, quella di “Bertinotti dei Parioli”. Indossava la maglietta con il ritratto di Che Guevara, stellone rosso a fargli compagnia, alzava il pugno chiuso e… non faceva niente se non parlare, parlare, parlare.

Se lo ricordano bene i lavoratori e le lavoratrici di Agile ex-Eutelia ed ex- Olivetti che nel 2017 lo andarono a incontrare. Tante belle parole, parlantina fluidissima e poi abbandonati a sé stessi. Ma molti si ricordavano anche di quando invece era un turbo-capitalista che promosse Carlo Stagnaro, dell’Istituto Bruno Leoni- al ruolo di capo segreteria. Allora parlava di Ayn Rand, di assoluto liberalismo, di abolizione funzionale dello Stato.

Dopo la vittoria del centro-destra invece si rifece i conti – allora era insieme a Renzi - e, come Martin Luther King, fece un sogno: quello di sostituire qualcuno del centro-destra al governo Meloni. Insomma voleva aprire una sorta di piccolo panificio o terzo forno pronto a sfornare pagnotte bipartisan da smerciare una volta a destra e l’altra a sinistra, a seconda della convenienza, altro che “Grande Centro”. Ma torniamo alla cronaca.

Quando Calenda ha sparato il suo piano di azione i funzionari dell’ambasciata Usa hanno avuto un naturale e pienamente comprensibile moto di umana ilarità. Occhiate compiacenti tra loro, sorrisini di incredulità, ammiccamenti. Ma lui era un fiume in piena, irrefrenabile. “La mia agenda è perfettamente compatibile con quella della Meloni su molti punti. Sulla Giustizia la pensiamo come Nordio. Sull’Ucraina e il Medio Oriente, Meloni merita applausi. Sull’autonomia differenziata Meloni e Tajani sono contrari come noi”. Insomma Calenda sarebbe ora una copia di Meloni.

Ma intanto oggi si vota in Abruzzo e Calenda, anzi Kalenda si presenta in versione Che: "Un voto importante non per mandare un messaggio a Giorgia Meloni, di cui non ci frega nulla, ma per l'Abruzzo". E poi ancora: “agli elettori di centro destra dico di votare D’Amico e Azione”. Un grande. Neppure Alberto Sordi in qualche suo personaggio tipico dell’italiano furbo e opportunista era arrivato a tanto.

Il giorno prima si propone alla Meloni per sostituire nella sua mente Salvini, il giorno dopo dice che “della Meloni non ce ne frega nulla” e le vuole fregare i voti. Agli americani scappa da ridere. Ma il piano di conquista di Palazzo Chigi di Calenda è inesorabile, puntuto e ben programmato. L’obiettivo è quello del 7% “senza la zavorra di Matteo Renzi” alle Europee di giugno, per legittimarsi e poi farà il colpo di Stato, pardon di governo.

Gli americani però sono furbi e si fanno un po’ di conti della serva e giungono alla conclusione: Calenda i numeri per sostituire la Lega non ce li ha manco lontanamente. Altri sorrisini imbarazzati e poi Calenda si accorge con terrore che un funzionario gli fa il gesto con la mano ad indicare la porta. “Che devo uscì?”, fa all’Alberto Sordi. Il funzionario annuisce. Carlo si va a mangiare un supplì di consolazione ai Parioli. Avanti un altro.






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