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Politica
Congresso e primarie, se il Pd sceglie Conte muore. Con Renzi sopravvive
Stefano Bonaccini e Elly Schlein 

Pd, inseguire il M5s è una strategia perdente

Il Partito Democratico ha un solo sbocco possibile per sopravvivere: dire una volta per tutte che il Movimento 5 Stelle non sarà mai un alleato, anche a costo di perdere altri voti nel breve periodo. Decida il Pd cosa vuole essere. Un partito brutta copia del “contismo” o un partito liberale e progressista.

Nel primo caso vedo le parole stanche e ormai patetiche dei Bersani, gli strepiti dei fattisti (quelli del Fatto Quotidiano), gli slogan degli sconosciuti - fino a pochi mesi fa - Bonelli e Fratoianni, quelli che dicono “mettiamo al centro il lavoro” senza dire nulla come favorire le imprese a crearlo, quelli che il reddito di cittadinanza va cambiato ma non abolito senza dire come, quelli della solidarietà agli ucraini ma che cincischiano sulle armi, quelli che il jobs act distrugge il lavoro quando i numeri dicono il contrario, quelli che ancora si commuovono ad ascoltare Santoro e restano colpiti dal vuoto cosmico Di Battista, quelli che il deficit non hanno capito che è un fardello sui giovani.

Il dibattito fra Bonaccini e Schlein è all’anno zero in termini di contenuti, mai una parola che vada oltre le dichiarazioni di principio, entrambi galleggiano in un partito che oggi è un po’ borghese e un po’ popolare, nessuno ha la forza e la volontà per spingere in una direzione chiara.

Ora alla sfida della segreteria si aggiunge anche Cuperlo (oltre alla comparsa De Micheli) persona dall’eloquio colto e garbato, dal peso elettorale irrilevante ma di grandi contenuti ideali. Il problema del Pd non sono gli ideali che anzi abbondano, ma la direzione attraverso cui raggiungerli. Renzi ci provò, magari sbagliando, ma l’aveva la strategia, non a caso vinse a mani basse semplicemente perché fece delle scelte. Gli attuali contendenti alla segreteria Pd invece si arrovellano in esercizi sterili per non pestarsi troppi i piedi l’un l’altro, perché in fondo nessuno ha una disegno chiaro.

La domanda però a cui rispondere è sempre la stessa: chi vuole allearsi con Conte in ascesa? Chi invece vuole creare un’area progressista (in senso modernista) con il Terzo polo? Chi invece vuole tentare la scalata come partito unico del 40/50%?  La nostra opinione per consentire al Pd di sopravvivere (Cuperlo dice chiaramente, a ragione, che a rischio c’è la sua sopravvivenza) è evidente: deve abbandonare per sempre i 5 Stelle di Conte molto peggio di quello che furono i 5 Stelle senza Conte che almeno avevano l’alibi del noviziato. Finché non si risponde a queste domande il dibattito nel Pd resterà un esercizio culturale che, forse, fa solo bene alla mente e allo spirito.

Intanto la Meloni di governo ogni giorno smentisce la Meloni che fu all’opposizione e rende le scelte del Pd urgenti e drammatiche. Se a questo aggiungiamo il caso Panzeri e Soumahoro, è bene che il Pd si riprenda presto e faccia un patto con la realtà. Altrimenti non si capisce perché un elettore dovrebbe votare il Pd quando a sinistra hai il populista Conte (che ormai è un capopopolo del Sud che brama di Reddito di cittadinanza e bollato come “miserabile” da Giachetti) mentre dall’altra parte ha il terzo polo che invece rappresenta oggi l’unica alternativa politica alla destra nazionalista.

Oggi il Pd vale il 15%, sarebbe un buon punto per ripartire senza le scorie del grillismo che invece vedo riaffiorare nella colazione pro Majorino nelle prossime elezioni regionali in Lombardia. È di queste ore un sostegno crescente all’interno del Pd per Schlein che sarebbe, a nostro avviso, la peggiore delle scelte, ovviamente andrebbe in direzione contraria a quella di una sinistra pragmatica rappresentata, ad esempio in Europa, dalla sinistra tedesca che con i verdi sono l’esempio riuscito del compromesso nobile fra idealismo e concretezza dettata dalle contingenze perché in fondo, come ha scritto l’ottimo Capone su Il Foglio di qualche giorno fa: “Siamo nei paraggi della distinzione weberiana tra etica della responsabilità ed etica della convinzione, tra ciò che distingue l’uomo politico dal mero dilettante che si agita in modo sterile”.

Il Pd quando ha governato bene, lo ha fatto spingendo sul riformismo, mentre il Pd che sembra profilarsi all’orizzonte è un Pd infarcito di slogan che insegue le sirene redistributive “contiane” (intendiamoci, redistribuzione che deve esserci ma non con bonus a pioggia e redditi di cittadinanza senza vincoli) come unico istinto di sopravvivenza. Al Pd servirebbe un Elon Musk con la forza di sfasciare tutto guardando solo al futuro, all’innovazione, mentre gli attuali aspiranti leader sembrano vittime del loro passato tremolanti dalla paura di morire (si veda il caso dei socialisti francesi).

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m5spd





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