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Coronavirus, Abravanel: “Non facciamo perdere agli studenti un altro anno”
(fonte IPA)

Roger Abravanel: “Non facciamo perdere agli studenti un altro anno”

Una fase 2 anche a scuola. Una riapertura nel nome del distanziamento fisico e di nuove tecniche di insegnamento che, se eseguita nel giusto modo, porterà a una rivoluzione del sistema scolastico italiano. È quanto suggerisce Roger Abravanel, saggista ed editorialista italiano, che Affaritaliani.it ha intervistato in esclusiva.

Qualche settimana fa, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera (ripreso da Affari), ha dichiarato che si sta trascurando una questione importante: la gestione del prossimo anno scolastico. È cambiato qualcosa da quando ha fatto quelle dichiarazioni?

No, non è cambiato praticamente niente. Ho solo anticipato un tema a cui prima nessuno pensava e che ora sta iniziando a essere un po' più trattato. Tutti si preoccupano della maturità, della promozione o della riapertura immediata delle scuole, ma nessuno pensa alla più grande sfida attuale del sistema scolastico: la gestione del prossimo anno. Si sta perdendo troppo tempo e c’è il rischio di arrivare a settembre impreparati e nella più totale confusione. 

Ci spieghi meglio.

Al momento si sono formate due correnti di pensiero riguardo alla riapertura delle scuole: da un lato, i docenti e gli operatori scolastici, spinti dai sindacati, sono contro la riapertura immediata per il timore del contagio; dall’altro, le famiglie e il sistema economico fanno pressione affinché la scuola riapra. La soluzione è una posizione intermedia che sia flessibile e che si adegui all’andamento della scienza e alle sperimentazioni. Continuare come ora sarebbe una ferita non rimarginabile, per citare le parole del Presidente Mattarella, ma riaprire con le stesse condizioni di prima sarebbe altrettanto rischioso perché aumenterebbe il contagio e si avrebbe un nuovo lockdown.

Aggiungo una cosa: la riapertura non potrà seguire un metodo univoco. Regioni come la Sicilia e la Sardegna corrono rischi minori, mentre in grandi città come Milano e Roma le scuole potrebbero trasformarsi in veri e propri focolai. 

Cosa consiglia, quindi?

Non ho la ricetta sottomano ma, se a settembre la curva del contagio dovesse appiattirsi e le scuole dovessero riaprire i battenti, sarà necessario avanzare per obiettivi. Uno di questi è il distanziamento sociale, molto difficile da imporre ai bambini - motivo per cui la riapertura delle scuole è un tema più delicato di quella delle aziende o altri luoghi pubblici - ma necessario. Io consiglio lo scaglionamento: dividere la classe in due gruppi e alternare la presenza in aula di uno o dell’altro gruppo, mantenendo a turni l’insegnamento da remoto. Si potrebbero così distanziare adeguatamente i banchi. Lo stanno già sperimentando in Danimarca e seguiranno a ruota anche altri Paesi nordeuropei.

Come vede l’uso delle mascherine a scuola?

Ci sono molti pareri discordanti a riguardo. Per ovviare il problema bisognerebbe fare una sperimentazione e osservare la reazione degli studenti. La questione delle mascherine non è l’unico tema da affrontare in materia di sicurezza sanitaria, ce ne sono molti altri. Non c’è alcuna evidenza che confermi l'ipotesi scientifica supportata da chi è favorevole alla riapertura immediata delle scuole, ovvero i genitori e gli imprenditori. Quella, cioè, secondo cui i bambini non sarebbero contagiosi. È necessario che si lavori sin da subito sulle misure cautelative da applicare agli ambienti scolastici. Le istituzioni non ci stanno pensando abbastanza.

Quale altro obiettivo deve porsi il sistema scolastico per affrontare la riapertura?

C’è l’urgenza assoluta che si avvii una rivoluzione del metodo di insegnamento. La scuola italiana è obsoleta, motivo per cui in questi mesi sta avendo innumerevoli problemi nel quotidiano svolgimento della didattica online. Non solo a livello tecnologico, con dotazioni insufficienti per scuole e famiglie senza pc, ma anche per le modalità con cui vengono impartite le lezioni. È giunta l’ora di adottare il cosiddetto “insegnamento capovolto”, flipped classroom per gli anglosassoni: esso prevede che gli studenti apprendano in autonomia da casa (grazie al materiale fornito dalla scuola, ndr) e applichino quanto imparato in classe. L’insegnante non si limita più a impartire la lezione dalla cattedra o dal computer: diventa un direttore d’orchestra capace di stimolare confronti e discussioni tra gli alunni, dare vita a progetti, aiutare a risolvere i problemi. Le scuole europee sono già avanti in questa direzione, mentre l’Italia è ancora indietro. Pensi che su 800mila insegnanti italiani, lo adottano appena 100mila.

In conclusione, due sono i fattori fondamentali per una giusta ripresa: distanziamento sociale e riforma del metodo di insegnamento. Non solo online, ma anche e soprattutto offline su cui, alla fine, è basato il primo.

Cosa pensa della maturità e della promozione assicurata a tutti gli studenti?

Sono temi molto dibattuti che tuttavia fanno perdere di vista la vera priorità: l’inizio di un nuovo anno scolastico senza sapere quale sarà il destino di 8 milioni di studenti a settembre. 

Però gli esami sono alle porte…

Non importa, lo è anche il prossimo anno scolastico. Lo dico da anni: la maturità non certifica il merito di un alunno. Quest’anno si terrà sicuramente conto dei risultati raggiunti dagli studenti durante l’anno e l’esame finale perderà valenza. Ci penseranno le università a fare test ancora più selettivi per valutare la preparazione dei nuovi iscritti.

E sulla possibilità di eseguire la prova orale in aula?

L’orale è la prima cosa che si potrebbe agilmente svolgere da casa, ma a quanto pare molti insegnanti non sono d’accordo. Ribadisco, non è questo il problema. Lo sono la data e la modalità di riapertura delle scuole, che interessa non solo studenti, docenti e genitori ma l’economia intera. Siamo in ritardo: ci ritroveremo ad agosto in una situazione di grave impreparazione. Non facciamo perdere ai nostri ragazzi un altro anno.

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