Politica

Corteo pro Palestina. Reportage esclusivo. "Israele fascista". Il video

di Claudio Bernieri

Alla manifestazione di Milano anche qualche seguace di Forza Nuova, No Tav ed ex Br

"Israele fascista e terrorista". E' il popolo di Schlein

 

Palestina libera, palestina rossa. Israele terrorista. Slogan intonati dal popolo pro Palestina ma anche da qualche seguace di Forza Nuova, mischiato a No Tav anarchici e all’ex BR Giordano alla testa di un lunghissimo corteo: una marea di giovani palestinesi. Palestina terra mia, quasi un mantra salmodiato dal popolo della Schlein (una buona metà del corteo) che finalmente si meticciava con il popolo dei gommoni e dagli immigrati islamici di prima e di seconda generazione, dai giovanissimi neoitaliani fino alle donne col velo integrale, accompagnate da prole numerosa e mariti in Italia da 40 anni.

Viaggio nel corteo pro Palestina

Eccoli gli invisibili, i “maranza”, i giovanissimi, i figli delle famiglie islamiche delle banlieu lombarde. Un esperimento sociale: militanti di sinistra insieme a migliaia di immigrati di seconda generazione, tunisini, marocchini, egiziani, giordani, siriani, libanesi, tutti con la kefiah sul capo o attorno al collo... E tra loro centinaia di fans: ragazzine velate con l’hijab nero; lo stile chiffon, il ramadan style, il burqa elegante. “Salaamu Alaykum, lo adoro! Si adatta perfettamente e il tessuto è traspirante e non mi sento affatto a disagio in questo caldo estivo, in realtà ho una sensazione di freschezza rilassata”, ci dice entusiasta una studentessina di Treviglio, avvolta nel suo sudario nero. 
 


Davanti a tutti, secondo una regia ben studiata, ecco un gruppo di gilet gialli come servizio d’ordine per un corteo friendly, senza violenza. Ma con l’immagine stampata della cupola d’oro di Gerusalemme sul retro del gilet. Altra citazione dai cortei occidentali: un camion apriva il corteo e sul pianale ecco spuntare un potente amplificatore (come avviene comunemente nelle sfilate del centro sociale Lambretta) dal quale un gruppo di ragazzine velate con chiffon hijbab che arringava la folla e i passanti. Debutto delle militanti fazzolettate dalla svelta parlantina, chi con il velo classico egiziano, altre ricoperte full black come a Kabul, alcune tatuate, molte con percing come le studentessine bene milanesi del liceo Manzoni, con un jibab che fa moda, che strizza l’occhio alle femministe milanesi.

Insomma, il velo farà tendenza? Forse presto lo vedremo alle sfilate della Milano Fashion Week, o nelle collezioni Aspesi e Benetton? Partecipiamo dunque a un corteo filo Hamas ma Islamically correct. Ragazzine bon ton ma con un rigoroso jibab che gridano "Israele terrorista" (leggendo le frasi da un telefonino): e sotto il camion, sbarbine islamiche, alcune tatuate, fumatrici con pesanti rossetti e un percing al naso insieme al velo. Nel multietnico muggente corteo pacifico che segue spuntano le delegazioni e presenze delle comunità islamiche cittadine, da Asfa Mahmoud, presidente del Consiglio Direttivo della Casa Musulmana di via Padova, ad Amina Al Zeer presidente del progetto Aisha, a Davide Piccardo, direttore del periodico islamico La Luce, fino ad Ali Abu Swhaima, imam della prima moschea di Milano, quella di via Fratelli Cervi, al confine con Segrate, l’unica, per adesso, che ha un minareto in città. Dopo le comunità straniere, ecco il corteo dei laici: un nutrito spezzone di reduci della sinistra - sinistra e delle associazioni pacifiste, le bandiere di Rifondazione si mischiavano con quelle dei Cobas di altre sigle della galassia vetero comunista, dai Carc all’area dell’anarchia a uno strano collettivo, la Banda degli idraulici, ovvero i complottisti No Tav.

Un inedito campo largo. La parola, mentre si sfila dal suk della Stazione Centrale al quartiere islamico di via Padova, a un complottista del sedicente gruppo "La banda degli idraulici", in coda al corteo: “Sicuramente nel blitz contro i kibbutz c’erano degli elementi Isis con armi ricevute cioè vendute dalla mafia ucraina... Per esempio, pare che l’arma che ha neutralizzato il carro armato Merkava sia un panzerfaust svedese, in dotazione solo alla Svezia e regalato all’Ucraina. Insomma, il governo israeliano non poteva non sapere. E poi che ci faceva un Merkava isolato in pieno deserto, come un’esca per attirare Hamas…”.

Gironzoliamo nella coda del corteo: insieme ai Cobas, il popolo della Schlein tutti in coro contro Israele come negli anni '70, in una cover diretta alla perfezione dalle influencer velate sul pianale del camion. S’è visto curiosare dietro al camion anche il Barone Nero, al secolo Jonghi Lavarini.

Ma chi guida in realtà il corteo? Forse il gruppo dei Fratelli Musulmani. Sembra una prova generale per le prossime elezioni del dopo Sala. Lo si capisce dagli slogan del corteo: Hamas è poco nominata, nessuno ha fatto cenno esplicito alle stragi del 7 ottobre nel deserto e nei Kibbutz. In compenso fin dall’inizio del corteo, le Fazzolettate influencer sul camion hanno ripetuto: “Tutti i morti sono uguali, di qualunque religione siano, tutti i bambini innocenti devono essere risparmiati dall’assassinio”.

“Vogliamo vivere, vivere…” incita con un grammo di disperazione nella voce la belle Alina, una ragazzina bergamasca di famiglia palestinese che per tre ore ha innaffiato di slogan i “maranza” del corteo. Dopo Amina ecco Agia, in mimetica. Le testimonial dell’incontro alchemico tra sinistra-sinistra e Islam. Entrambi salgono sul palco davanti al Trotter, mentre i “maranza” sventolano un enorme bandierone palestinese e urlano che Allah è akbar_: siamo al finale. Amina dal fronte del palco con la voce commossa implora… ”Vogliamo vivere… “, quasi una citazione da una canzone di Vasco Rossi, un urlo di disperazione.

Ma hanno il sopravvento i soliti slogan, “Israele fascista, Stato terrorista”, a pugno chiuso: poi tutti a intonare i canti della battaglia contro l’esercito israeliano, alternando le strofe a quelle di ‘Bella Ciao’ e al grido “Ora e sempre". Infine, il colpo di scena: una studentessa del liceo Manzoni annuncia che un missile israeliano ha appena centrato un ospedale a Gaza: ci sarebbero 700 bambini morti. Viene proclamato un minuto di silenzio. Gli slogan interrompono il pio raccoglimento dopo pochi secondi. Intifada, intifada, gridano Amina e Agia.

Incontreremo incuriositi Alina nel dopo comizio: una dolce e bella 21enne bergamasca, occhi chiari, carnagione celta, corpo da gazzella coperto da una pelandrana azzurra. Sembra uscita dai Cantici di re Salomone. Viene da Bergamo, parla degli ebrei che vennero accolti in Palestina, in fuga dai nazisti. Fu dopo il '48 che tutto cambiò, racconta con calma. Lontana dal suo telefonino dove sono riassunti gli slogan, sembra una studentessa moderata, assennata e integrata. “Oddio, è una intervista? Mi vergogno”. Non è consapevole di essere stata filmata dai media di tutta Italia sul camion. Copre con una kefja il sorriso, indossa occhiali neri. Sarà famosa? La vedremo presto in trasmissione su La 7?